Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

16/02/12

CINQUE BAMBINI DEL “PRIJUT” DI NOVOZYBKOV SONO TORNATI NELLE LORO FAMIGLIE


Per redimersi ai genitori sono stati dati tre mesi. Durante questo periodo i figli di madri e padri negligenti si sono trovati nel centro di accoglienza temporanea (“prijut”). Nel “prijut” i bambini possono rimanere per non più di un anno, dopodiché, se non li riprendono i loro genitori, finiscono all’orfanotrofio. Cinque di loro sono stati fortunati, i loro genitori si sono ripresi, e i bambini sono tornati nelle loro famiglie. Al momento nel “prijut” di Novozybkov vivono 17 bambini e adolescenti dai 3 ai 18 anni. Vi capitano bambini di diversa tipologia, molti dei quali hanno i genitori. 

Gli operatori sociali e i collaboratori del “prijut” fanno regolarmente delle visite di controllo alle famiglie con condizioni non idonee. Il risultato è evidente – la maggior parte dei bambini fanno ritorno nelle proprie famiglie biologiche. E tuttavia ci si deve scontrare con l’assoluta indifferenza di alcuni genitori per i propri figli. La commissione pone sotto controllo tutte le famiglie socialmente pericolose. Di queste a Novozybkov ce ne sono 70, per un totale di 129 bambini. […] 

Data: 01.02.2012
Fonte: www.novozybkov.bnews32.ru
Traduzione: S.F.

HIV – I MEDICI DI NOVOZYBKOV LO DIAGNOSTICANO SEMPRE PIÙ SPESSO


Nel 2011 otto cittadini di Novozybkov e provincia hanno scoperto di avere questo virus. 

Il numero complessivo degli infetti di HIV a Novozybkov e provincia nel 2011 è stato di 45, cinque dei quali sono morti. Il 2012 è appena iniziato e nell’ospedale di Novozybkov ci sono già quattro nuovi casi di HIV. C’è da pensare. 

Il quadro reale potrebbe risultare ancora più grave poiché i cittadini non fanno tutti quanti l’esame dell’AIDS. Nella maggior parte dei casi il virus d’immunodeficienza viene scoperto durante i controlli effettuati ai pazienti prima di un’operazione, in caso di gravidanza o di cura di malattie ginecologiche e al reparto di tossicodipendenza. […] 

Data: 11.02.2012
Fonte: www.novozybkov.bnews32.ru
Traduzione: S.F.

15/02/12

DELEGAZIONE D'INVERNO

Dal 19 al 26 febbraio una delegazione de Le Russie di Cernobyl si recherà in Russia nelle province contaminate. Il viaggio - un po' come sempre - ha lo scopo di verificare i progetti in corso, incontrare i partner locali e approfondire la conoscenza della realtà locale, per poi magari trovare idee per nuovi progetti e collaborazioni. Durante la permanenza in Russia, verranno effettuate queste visite:
  • Assessorato Istruzione di Novozybkov
  • Scuola di Vereschaki (Novozybkov)
  • Assessorato Istruzione di Krasnaja Gora
  • Villaggio in provincia di Krasnaja Gora
  • Organizzazione Radimici di Novozybkov
  • Scuola d'arte per bambini di Novozybkov
  • Assessorato all'istruzione di Zlynka
  • Scuola di Vyshkov (Zlynka) - spettacolo di musica popolare
  • Scuola di Dobrodeevka (Zlynka)
  • Ginnasio n. 1 di Klincy (Eko-club Sozvezdie)
  • Festa del volontariato di Klincy
  • Orfanotrofio di Klincy
  • Amministrazione di Klincy
Al viaggio, oltre al coordinatore-interprete, parteciperanno 5 membri del circolo Legambiente "Il brutto Anatroccolo" di Stresa-Baveno e 1 membro del circolo Legambiente di Castronno.

AI BIMBI DI CERNOBYL (ДЗЕЦЯМ ЧАРНОБЫЛЯ)

Canzone bielorussa «Ai bimbi di Cernobyl» («Дзецям Чарнобыля») eseguita dai bambini del Viburno rosso alla palazzina Liberty di Stresa il 23 settembre 2011.


Testo, traduzione e altre versioni della canzone si trovano sul sito

13/02/12

IL NUCLEARE DOPO FUKUSHIMA

Il nucleare dopo Fukushima

Da: www.ilfattoquotidiano.it
Data: 13.02.2012

10/02/12

KOIROHI (ASSENZIO) - JACOB KIERKEGAARD

Audio applicazione (2012) dedicata a Cernobyl dell'artista danese Jacob Kierkegaard, esposta al KUMU Art Museum di Tallinn.
Link alla presentazione dell'opera sul sito dell'autore:

4 ROOMS - JAKOB KIERKEGAARD

Audio applicazione del 2006 dell'artista danese Jacob Kierkegaard dedicata ai suoni di Cernobyl.


Link alla presentazione dell'opera sul sito dell'autore:


L’ARTISTA JACOB KIERKGAARD PRESENTA IL SUO MONDO DI SUONI

A Kiti (Estonia) è stata inaugurata la mostra d’arte contemporanea danese «Spatium» che, com’è detto anche dal nome, dedica particolare attenzione allo spazio di per se stesso. Il celebre maestro di audio installazioni Jacob Kierkegaard ha esposto nel museo due suoi lavori dedicati all’energia nucleare: «Assenzio» e «Quattro stanze».

Entro a Kiti e percepisco che con lo spazio c’è qualcosa di strano.

Jacob, come si chiama quest’opera ululante?

«Koirohi» («Assenzio»). Ho dato al mio lavoro un nome estone, perché esso è legato, da una parte, all’Estonia, e dall’altra al secondo lavoro che espongo a Kiti e che è dedicato al tema di Cernobyl. In esso tutta la terra è ricoperta d’assenzio, poiché a quel luogo venne dato quel nome.

Alcuni anni fa un mio amico è stato a Cernobyl, e ci è andato con le mie scarpe. A volte le indosso ancora.

Il tuo amico ti ha riportato indietro le scarpe? Un pessimo amico. Le radiazioni più intense sono proprio quelle sulla superficie del terreno, per questo consigliano di buttare via le scarpe una volta tornati a casa. (ride)

Cernobyl per gli estoni, diciamo così, a livello di immaginario collettivo occupa evidentemente un posto piuttosto importante. È per questo che lei ha scelto di esporre a Kiti proprio un’opera legata a Cernobyl?

“Immaginario collettivo” in questo caso è una parola che ben si adatta, e questo tema mi interessa molto. Quando mi occupo di design del suono nello spazio, osservo come all’inizio uno non noti alcun suono. Tutto dipende da quanto tu sia attento al mondo dei suoni.

Solitamente, andando a una mostra d’arte o in un museo, tu già in anticipo ti difendi dall’arte, guardi un quadro, e in te già si forma qualche preconcetto, già senti se esso ti piacerà o meno. Secondo me è una cosa piuttosto noiosa.

Con le mie opere e in concreto con «Assenzio» io tento di uscire dai confini dell’uomo, se così si può dire. Mi piace l’idea che un’opera d’arte debba essere vissuta dall’uomo, tuttavia non sempre si fa attenzione a questo oppure ci si accorge di questo solamente a livello subconscio.

Il suono per «Assenzio» l’ho registrato alla centrale nucleare finlandese di Olkiluoto, che si trova non lontano dall’Estonia.

Il suono che perviene da là è quello del rombo delle turbine e dei tubi che funzionano e creano l’irraggiamento – è il suono della disintegrazione dell’atomo. Così che in un certo senso è qualcosa che s’infiltra nel nostro subconscio. L’idea di «Assenzio» mi è venuta in mente l’anno scorso quando in Giappone successero diversi incidenti alle centrali nucleari. Allora prese forma il progetto di svilupparlo insieme al lavoro su Cernobyl.

I suoi lavori stanno da qualche parte al confine tra arte e scienza.

Si può anche dire così, però io non cerco risposte. Pure la scienza cerca misteri, sebbene cerchi di spiegare qualcosa o d’inventarlo. Io non cerco di spiegare alcunché.

Qual è allora il suo scopo?

Da un lato, certamente, la percezione del mondo con l’aiuto dei suoni, e dall’altro i differenti livelli o gradazioni di suoni. Prendiamo ad esempio Kati (indica la curatrice della mostra). Ora noi vediamo soltanto Kati, ma in realtà, se diamo un’occhiata dentro, è qualcosa di assai più complesso. Tutto dipende da come percepiamo il mondo.

Prendiamo la stessa energia nucleare. La maggior parte della gente non sa che roba sia. In un certo senso la registrazione di simili processi e la loro esposizione aiutano a capire molti fenomeni attuali importanti per noi.

Lei registra gli spazi, li rende udibili. A volte questo viene messo in relazione con determinati impulsi dell’occultismo, con l’attribuzione di visibilità di realtà invisibili. In questo modo si può arrivare ai fantasmi…

No, i fantasmi non mi interessano. Quando nel 2006 ero stato a Cernobyl, mi avevano raccontato degli spettri. Mi avevano chiesto se fossi andato a caccia di fantasmi. No, non c’ero andato.

La mostra «Spatium», a Kiti in Estonia, è aperta fino al 13 maggio 2012.

Data: 24.01.2012
Fonte: www.rus.postimees.ee
Autore: Janar Ala
Traduzione: S.F.

09/02/12

«IL VIBURNO ROSSO», CONCERTO A STRESA, 23.09.2011

Video del concerto di canzoni popolari russe dell'ensamble "Il viburno rosso" tenutosi alla Palazzina Liberty di Stresa il 23 settembre 2011 nell'ambito dell'omonimo progetto di scambio culturale-musicale con le scuole delle province di Novozybkov e Zlynka.

Alla fisarmonica Elena Evdoshenko, insegnante di musica della scuola di Dobrodeevka.

I bambini che cantano, dei villaggi russi di Vereschaki, Snovskoe e Dobrodeevka, si chiamano Dinara, Julija, Sasha, Roman, Masha, Katja, Katja e Aleksej; le altre due educatrici Marija e Elena.

Le parole delle canzoni sono sottotitolate in italiano.

La serata è stata organizzata dal circolo Legambiente il Brutto anatroccolo (Vb) con il patrocinio del Comune di Stresa.


08/02/12

SEMIPALATINSK: UNA TRAGEDIA SOVIETICA

Nella zona russa di Semipalatinsk (Semey in Kazakistan) per quarant'anni si moriva per esperimento, si moriva come cavia, senza saperlo, perchè Stalin voleva sapere cosa succedeva agli uomini esposti alle radiazioni nucleari.

Link all'articolo:


Da: www.peacelink.it
Data: 29.02.2004

ALLE VITTIME DEI TEST ATOMICI VIENE NEGATA LA “PENSIONE DI CERNOBYL”

A causa degli esperimenti su di loro morivano i loro figli 

Secondo i dati degli esperti americani, dal 1949 al 1989 al poligono di Semipalatinsk furono fatte esplodere non meno di 616 cariche nucleari e termonucleari 

Oltre ai partecipanti alla liquidazione della catastrofe di Cernobyl, a Odessa ci sono persone che hanno subito i test delle bombe atomiche sovietiche. Vladimir Jablonskijch e Naum Turjanskij prestarono per tre anni servizio, negli anni Cinquanta, presso il celebre poligono atomico di Semipalatinsk. Tra le “cavie” c’erano anche una trentina di odessiti, di cui soltanto 18 sono oggi ancora vivi. Gli altri sono morti a causa di malattie di diverso tipo. Tutti loro sono iscritti nelle liste del Ministero delle Emergenze come “cernobyliani”, status testimoniato dagli attestati loro rilasciati. Ma lo stato per il momento non è intenzionato a pagare la maggiorazione della pensione che spetta loro per la legge sui “liquidatori”. 

Crateri dei test atomici, ancor oggi emanano radiazioni (foto: x-torrent.org)
«Prendo una normale pensione d’anzianità e invalidità di 1.680 grivne (168 €)» – con amarezza stringe le spalle il veterano di Semipalatinsk Vladimir Jablonskich. «All’Assicurazione sociale mi hanno rifiutato la pensione di Cernobyl (che arriva a circa 3.000 grivne). Dicono che le maggiorazioni per i liquidatori spettano solo a quelli che hanno liquidato le conseguenze dell’esplosione alla Centrale di Cernobyl o per lo meno nella zona colpita dall’incidente. Il fatto che io abbia preso parte ai test atomici invece non interessa a nessuno». […] 

BOMBA ATOMICA 

Il 73enne Naum Turjanskij e del 74enne Vladimir Jablonskich testimoniano di come loro dal 1956 al 1960 avessero osservato “dal vivo” come venivano fatte esplodere centinaia di bombe atomiche! «Recluta di 19 anni, capitai nell’unità militare presso la cittadella Moskva-400 al poligono di Semipalatinsk. Le cariche atomiche venivano fatte esplodere quasi ogni giorno, se le condizioni atmosferiche lo permettevano. L’epicentro si trovava a 20 km dalla nostra unità» – ricorda Naum Anatol’evič. 

A sentir lui, non venivano prese alcune misure di protezione per i soldati. «Durante le esplosioni i comandanti ci facevano uscire dalle baracche nel cortile dell’unità. Nel momento della vampa, dovevamo cadere a terra bocconi» – confessa il veterano. «Non ci spettavano né maschere antigas né tute speciali di protezione dalle radiazioni – i superiori dicevano che non c’era alcun pericolo. Ma già allora noi sospettavamo che su di noi stessero testando le bombe». 

Terminato il servizio, le conseguenze delle esplosioni atomiche si sono fatte amaramente sentire sulla salute dei soldati “cavie” – l’elenco delle malattie da cui sono stati colpiti occupa alcune pagine. Ne rimasero coinvolti anche i loro figli. Ad esempio, a Naum Turjanskij il primo figlio subito dopo la nascita s’ammalò di cancro e morì all’età di 9 anni.

I VETERANI: «DALL’OSPEDALE MILITARE NON FACEVA
PIÙ RITORNO NESSSUNO» 

Vladimir Jablonskij ebbe la malasorte non solo di assistere alle deflagrazioni atomiche ma anche di misurare il livello delle radiazioni negli epicentri delle esplosioni immediatamente dopo i test! Racconta che i soldati dei reparti chimici, nei quali lui prestò servizio dal 1956 al 1959, venivano mandati nei crateri delle “Hiroshima” sovietiche dopo soltanto mezz’ora dallo scoppio! Nell’epicentro dell’esplosione i militari del reparto chimico entravano con indosso le normali divise di cotone, le bustine e gli stivali sintetici. E per “proteggersi” dalla contaminazione radioattiva i soldati indossavano comuni maschere antigas. 

«Tra i miei compiti rientravano anche quelli di raccogliere campioni di polvere e terreno radioattivi e di rilevare le radiazioni con il dosimetro. L’apparecchio andava di continuo fuori scala. Ricordo che nei luoghi degli scoppi era buio come la notte – la polvere non ricadeva a terra per interi giorni. Si faceva fatica a respirare, figurarsi a lavorare…» – ricorda Vladimir Ivanovič. 

Interessante il fatto che per stimare le conseguenze delle esplosioni atomiche al poligono di Semipalatinsk fossero stati costruiti modelli di palazzi residenziali di città in grandezza naturale, introdotti mezzi di trasporto militari e civili. E che per fare gli esperimenti medici fossero state portate alcune migliaia di capi di bestiame domestico. 

Per quanto ricordi Vladimir Jablonskich le pecore e le mucche morivano nel corso di alcune ore dopo le esplosioni. Le carogne degli animali finivano poi nei laboratori dei biologi e dei medici. Dei soldati semplici che si trovavano a stretto contatto agli animali contaminati non se ne ricordava nessuno. Alcuni chimici militari dopo due o tre mesi di servizio al poligono cominciavano ad ammalarsi. 

«Quelli che si ammalavano venivano mandati all’unità medico-sanitaria. Di regola da lì non tornava mai indietro nessuno. Che cosa ne sia stato di loro, nessuno lo sa» – racconta Naum Turjanskij. 

Suscita interesse il fatto che le informazioni sul numero delle “cavie umane” al poligono di Semipalatinsk durante le cariche atomiche sia a tutt’oggi tenuto sotto segreto. Secondo i dati degli esperti americani, dal 1949 al 1989 al poligono furono fatte esplodere non meno di 616 cariche nucleari e termonucleari. Mentre la potenza complessiva delle bombe fatte esplodere a Semipalatinsk supererebbe di 2.500 volte quella della prima bomba atomica americana che rase al suolo Hiroshima. E la maggior parte delle cariche atomiche al poligono vennero testate proprio verso la fine degli anni Cinquanta, quando prestavano servizio i nostri conterranei di Odessa. 

«VIVEVAMO COME IN UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO» 

A sentire i racconti degli odessiti, le informazioni sul luogo dove prestavano servizio erano rigorosamente segrete. «L’unità militare era circondata da filo spinato e da torrette di guardia. Il compito principale delle sentinelle era di impedire che chiunque scappasse dall’unità. Vivevamo come in un campo di concentramento, ci nutrivamo come dei detenuti. Le lettere venivano controllate. A casa si poteva soltanto scrivere che stavamo tutti bene» – ricorda Vladimir Jablonskich. 

Fare domande ai capi su quello che accadeva al poligono era vietato. «Per curiosità sui test o sul livello delle radiazioni che ricevevamo un soldato semplice o un sergente poteva essere deferito direttamente al tribunale e mandato in un battaglione disciplinare per due-tre anni. Dopodiché doveva tornare e concludere il servizio militare nella stessa unità “atomica”» – ci ha confidato Naum Anatol’evič. 

A proposito, tutti i soldati che prestavano servizio al poligono di Semipalatinsk erano obbligati a tenere sotto silenzio tutto quello che avessero visto. L’impegno di non divulgazione veniva sottoscritto per 25 anni. 

Data: 20.12.2011 
Fonte: www.segodnya.ua 
Autore: Aleksandr Sibircev 
Traduzione: S.F.


07/02/12

IL CICLISTA DI CERNOBYL: LA STORIA DI VASILIJ NESTERENKO E DI UNA CITTÀ NIENTIFICATA

Recensione del libro Il ciclista di Cernobyl di Javier Sebastián

Il ciclista di Cernobyl: la storia di Vasilij Nesterenko e di una città nientificata

Da: blog.panorama.it
Data: 03.02.2012

IL CICLISTA DI CERNOBYL



Javier Sebastián

Il ciclista di Cernobyl
El ciclista de Chernóbil


Guanda

2011

240 pagine









Dalla presentazione della casa editrice


Un uomo anziano viene abbandonato in un self-service sugli Champs Élysées, con accanto due borse piene di vestiti. «Non lasciare che mi uccidano» sono le prime parole pronunciate dal vecchio dopo giorni di silenzio. Di quell’uomo, che sembra non poter o non voler ricordare, emergono faticosamente brandelli di un passato drammatico. Il suo nome è Vasilij Nesterenko, e non è un uomo qualunque. È un fisico nucleare che lavorava per l’esercito sovietico, e nel 1986, quando si è verificato l’incidente alla centrale di Cernobyl, ha fatto parte dell’équipe di scienziati chiamati all’impresa disperata di estinguere l’incendio del reattore numero 4. Nesterenko ha visto e sa. Troppo. Per questo le autorità lo hanno minacciato, per questo è fuggito.

Eppure il suo primo pensiero è quello di tornare a Pripjat’, la città fantasma, a tre chilometri dalla centrale, in cui sopravvivono i suoi ultimi e più vividi ricordi. Ramingo in quel paesaggio da fine del mondo abitato da saccheggiatori, disertori della guerra in Cecenia e cani randagi, Nesterenko si è rifugiato nell’autoscontro di un luna park e ha fraternizzato con i «coloni della vita radioattiva», coloro che a Pripjat’ sono rimasti perché hanno superato la paura dell’atomo, o perché «non li hanno voluti in nessun altro posto». Liberamente ispirato alla lotta dello scienziato che cercò di far conoscere al mondo la verità su Cernobyl, questo romanzo intreccia documenti e testimonianze con la poesia di una scrittura asciutta e precisa, che racconta la devastazione e, al tempo stesso, rende omaggio alla volontà di resistere, alla solidarietà che supera la paura della morte.



06/02/12

REPORTAGE CHERNOBYL

L'ATOMO E LA VANGA. LA SCIENZA E LA TERRA.

Spettacolo teatrale tratto dal libro Preghiera per Chernobyl di Svetlana Aleksievič (Edizioni e/o)

Regia: Simona Gonella
Con: Roberta Biagiarelli
Anno: 2005
Produzione: Babelia, Legambiente Solidarietà

Reportage Chernobyl from Babelia&C - Roberta Biagiarelli on Vimeo.


Dalla pagina di presentazione su www.babelia.org

Chernobyl è una storia dimenticata. Del destino delle persone che hanno vissuto e subito le conseguenze dell’incidente si sa molto poco. Eppure Chernobyl è una perfetta metafora del mondo che ci circonda, del rapporto spesso perverso che abbiamo con la tecnologia, della disinformazione di cui siamo vittime rispetto ai grandi disastri ambientali, del rapporto bulimico che stringe le società occidentali con l’energia. Ne consumiamo sempre di più, per il soddisfacimento di quelli che riteniamo essere i nostri bisogni inalienabili, trascurando spesso l’impatto che questi hanno sullo stato di salute del pianeta.

Ma Chernobyl è soprattutto la lucida realtà del rapporto antico tra l’uomo e la scienza o, per dirla con le parole di uno dei testimoni della tragedia: tra l’atomo e la vanga.

Delle testimonianze raccolte dalla Aleksievic in Preghiera per Chernobyl abbiamo scelto, in particolare, due voci di donne: Ljudmila, moglie di uno dei pompieri accorsi alla Centrale per domare l’incendio, deceduto dopo due settimane, e Valentina, moglie di uno degli 800.000 uomini chiamati in seguito a “liquidare le conseguenze dell’incidente”.

Queste voci custodiscono la legge antica del dolore, quello delle donne che restano a difendere il principio della vita e della sua continuità con la natura. Ci ricordano che la specie umana ha bisogno della casa/pianeta terra e che le donne sono le eccellenti custodi dello spazio di questo “focolare”.

La scelta di non raccontare solo le loro storie, ma di interpretare i due personaggi, è legata all’esigenza di avvicinarsi ad una forma più teatrale del racconto, lontana dalla formula della “narrazione civile” pura e semplice.

Insieme abbiamo costruito un percorso di immagini che scorrono parallele al testo e abbiamo girato l’Italia per intervistare le persone che ci hanno aiutato a meglio inquadrare la storia di Chernobyl nei suoi aspetti più generali e nelle sue connessioni concrete o metaforiche con la nostra realtà.

Sempre in video è presente uno dei più grandi attori italiani: Roberto Herlitzka, che dà voce e corpo alle parole di un testimone. È un padre la cui figlia muore a causa dell’elevata esposizione alle radiazioni e che ci racconta, con la lucidità delle persone profondamente offese, la sua esperienza.

AGLI ABITANTI DI KIEV VOLEVANO VENDERE PESCE RADIOATTIVO DI CERNOBYL


A Cernobyl hanno preso dei bracconieri che pescavano pesce per gli abitanti di Kiev. I pescatori in una sola ora sono riusciti a pescare dal fiume Pripjat’ circa 200 kg di pesce. 

Continuate ad andare al mercato senza dosimetro? Allora avete molte chance di mangiare, voi e la vostra famiglia, pesce contaminato, radioattivo. Nei giorni scorsi gli agenti di polizia che pattugliano la zona contaminata hanno fermato nella zona chiusa di Cernobyl tre abitanti di Bojarka i quali, come se niente fosse, stavano pescando su una delle isole del fiume Pripjat’ nei pressi del villaggio evacuato Ladyžiči (che si trova a un paio di chilometri dal quarto reattore della centrale). 

«Nel territorio proibito questi individui si sono intrufolati sulla barca a motore “Progress”», – raccontano alla polizia. «Si sono avvicinati alla riva e in tutta tranquillità si sono messi a gettare le reti in acqua. In una sola ora i bracconieri sono riusciti a tirare a bordo 165 kg di pesce. I nostri agenti hanno contato 270 pesci di tutti i generi.» 

Secondo gli agenti degli organi di polizia, tutto il pescato i bracconieri avevano intenzione di smerciarlo ai cittadini nei mercati della capitale. […] 

Data: 12.01.2012
Fonte: www.kp.ua
Traduzione: S.F.

02/02/12

MAJAK (SITO RADIOATTIVO IN RUSSIA)


da Wikipedia

Majak (in russo Маяк, "torcia, faro") è una città [1] dell'ex Unione Sovietica che ospita un impianto per la produzione di materiale nucleare (soprattutto plutonio) destinato alla fabbricazione di bombe atomiche attraverso il riprocessamento del combustibile proveniente da reattori nucleari.

Majak è situato nell'Oblast' di Čeljabinsk a circa 150 km a nord-ovest della città di Čeljabinsk, negli Urali meridionali tra le cittadine di Kasli e Kyštym. L'impianto si trova nel comprensorio amministrato dalla città di Ozërsk, meglio conosciuto come Čeljabinsk-40 e successivamente come Čeljabinsk-65.

Il territorio di Majak è uno dei siti esistenti maggiormente contaminati radioattivamente[1][2] a seguito del rilascio nell'ambiente di radionuclidi in 3 separate circostanze dal 1949 al 1967:
  • Attività di scarico di materiali radioattivi nel fiume Techa nel periodo dal 1949 al 1956 (rilascio totale di radioattività: 100PBq);
  • Esplosione (non nucleare) del 29 settembre 1957 di un deposito di materiali radioattivi con successivo rilascio di radionuclidi in atmosfera (incidente nucleare fra i più gravi della storia, al livello 6 su 7 della scala INES, rilascio totale 74 PBq);
  • Recesso delle acque del lago Karachy, precedentemente usato per lo scarico di scorie radioattive, e risospensione in atmosfera dei sedimenti radioattivi del letto del lago a causa dell'azione del vento nel 1967 (rilascio totale 0,022 PBq).

ABITUATI. REPORTAGE DAL FIUME RADIOATTIVO TEČA NELLA REGIONE DI ČELJABINSK

Il “Majak” non è famoso come Cernobyl, sebbene qui un incidente radioattivo sia avvenuto piuttosto prima – nel 1957. Il corrispondente di “Gazeta.Ru si è recato nella regione di Čeljabinsk per scoprire se ci si possa abituare a vivere accanto al fiume radioattivo Teča.


Nei corridoi della scuola media del villaggio di Brodokalmak, nella regione di Čeljabinsk, è tutto vuoto e fa freddo, e i passi del suo direttore Aleksej Patašenko, alto due metri, che sta facendo il giro dei suoi possedimenti insieme ai volontari della Croce verde, risuonano decisi. «Ecco qui la mensola che ci ha comprato la Croce verde, mentre là – indica Patašenko – presto ci sarà la sala caldaie, ma difficilmente ce la faremo entro l’inverno, per questo in palestra al momento fa un freddo cane». Ci racconta inoltre che ormai da alcuni mesi nella mensa scolastica vengono dati anche piatti caldi, quindi tutto bene nel complesso, peccato solo che hanno di nuovo squalificato la squadra di judo della scuola perché non bastavano i soldi per le divise. Ascoltando come lui enumera con difficoltà un set di piccoli oggetti ottenuto per la scuola, si potrebbe pensare che a Brodokalmak al massimo una settimana prima sia successa una qualche catastrofe naturale e che il villaggio si stia rimettendo in sesto dalle sue conseguenze. Ma l’ultimo incidente clamoroso, che ha predeterminato la sorte dei villaggi locali, è avvenuto più di mezzo secolo fa.

Un posto ideale

Il consorzio di produzione “Majak” negli anni Quaranta era stato inizialmente pensato come un laboratorio di modeste dimensioni, ma col passar del tempo la piccola impresa, tenuta segreta, si è trasformata nel principale argomento delle autorità sovietiche nella “guerra fredda”. Qui – racconta il fisico Vladimir Novoselov, che in passato lavorò al “Majak” – per la prima volta fu messa insieme la carica nucleare militare. «Un posto ideale: ecco lì i boschi, ecco là accanto Čeljabinsk e Sverdlovsk, ed ecco infine il fiume, nel quale si possono gettare le scorie», – dice Novoselov. Gli abitanti locali per molto tempo non sospettarono che lì vicino a loro si trovasse una gigantesca impresa nociva. Nessuno ci capiva niente, persino quando i funzionari che avevano misurato il livello della radioattività cominciarono taciturni a trasferire la gente.

Si era pianificato di trasferire gli abitanti di tutti i villaggi lungo la Teča. Ma a metà del programma di trasferimento fu deciso che nei villaggi che si trovavano nel basso corso del fiume la situazione non era poi così malvagia; a seguire arrivò la catastrofe del 1957 al “Majak” e quei villaggi furono definitivamente dimenticati.

La gente rimase così a vivere là e soltanto con la perestrojka vennero a sapere che nel fiume dove facevano il bagno e abbeveravano il bestiame fin dal 1947 ci avevano gettato le scorie nucleari.

Prima che queste scorie si decompongano completamente ci vorrà ancora qualche centinaia di anni. I paesi che si trovano lungo la Teča difficilmente oggi vivrebbero meglio e più riccamente di altri ubicati in altre regioni, e tuttavia le tecnologie d’avanguardia li hanno scaraventati indietro nel Medioevo, moltiplicando di tre volte tutti i problemi. Tanto che la catastrofe ecologica è diventata catastrofe sociale.

Come spaventare gli investitori

Per andare dalla città industriale di Čeljabinsk a Brodokalmak, un posto dove la gente a tutt’oggi vive ancora senza acquedotto e riscaldamento, ci vuole soltanto un’ora di viaggio. L’uscita dalla città è costellata da cartelli con il governatore della regione Michail Jurevič che invita la popolazione “a una vita dignitosa”; la strada asfaltata dopo 40 minuti diventa uno sterrato di buche. Brodokalmak. In passato qui, come dappertutto, c’era un sovchoz (azienda collettiva statale), ma adesso in questo villaggio non c’è più neanche l’ombra di un’impresa, perciò il budget del villaggio, formato su base tributaria, è praticamente nullo e la gente se ne sta a casa senza lavoro e mezzi per la sussistenza. Negli ultimi tempi Brodokalmak e i villaggi vicini hanno cominciato a popolarsi di famiglie socialmente problematiche, ingannate da improbabili agenti immobiliari abusivi.

Per questo – racconta il capo villaggio di Brodokalmak Michail Degtjarev – i problemi sociali qui con il passare degli anni diventano irrisolvibili.

Ci troviamo nel suo ufficio nell’edificio dell’amministrazione. In esso tutto è come in qualunque altro ufficio di un funzionario russo di medio livello: i calendari con i simboli di “Russia Unita” (il partito al potere), un computer e i lunghi armadi pieni di grosse cartelle. L’unica differenza è che nell’ufficio di Degtjarev non c’è il riscaldamento, dal soffitto si stacca l’intonaco e il lungo tavolo per le conversazioni è messo insieme da sei logori banchi scolastici. Alcuni mesi fa Degtjarev ricevette qui un uomo d’affari israeliano. Quello aveva l’idea d’impiantare nel villaggio un allevamento di pollame, e Degtjarev gli aveva promesso di creargli tutte le condizioni favorevoli di lavoro. «Ci mancherebbe altro, – dice quello – si tratta ben di riscossione fiscale e alcune centinaia di posti di lavoro. Se tutto riuscisse bene, non so quanta gente impiegherei a lavorare, e con i soldi delle tasse si potrebbe almeno qui allacciare il riscaldamento centrale». L’affare però è andato in fumo. Dopo aver studiato la storia dell’impresa “Majak”, l’investitore rimase scioccato e all’amministrazione rurale non si è fatto più vivo. In seguito al telefono disse a Degtjarev: «Io capisco che non utilizzeremmo l’acqua del fiume per l’allevamento di pollame, che voi lì avete anche dei pozzi, ma i concorrenti mi divorerebbero, diranno: “Commercia polli radioattivi!”». Quello fu l’ultimo tentativo del funzionario rurale di parlare con gli investitori.

L’immagine negativa dei villaggi lungo la Teča – ritiene il viceministro per la sicurezza radioattiva della regione di Čeljabinsk Tat’jana Meškova – è la loro principale maledizione.

Secondo le parole della funzionaria, lei è ormai stanca di ripetere di anno in anno che, sebbene, certo, il fiume non lo si possa utilizzare, le scorie non sono però andate a finire nelle acque sotterranee e non hanno inquinato la terra. Fanno eccezione le golene dove straripa la Teča, ma si sta pianificando entro il 2015 di ricoprirle di sabbia e di piantare arbusti davanti agli accessi al fiume. I tentativi precedenti di recintare il fiume con il filo spinato per due volte hanno dimostrato la loro inconsistenza: sia nel 1977 che nel 2005 le recinzioni sono state sottratte per riconvertirle nell’industria metallifera. «Dappertutto non si fa altro che parlare di quanto sia inquinata la regione di Čeljabinsk, ma la terra in questi villaggi è pulita, come anche l’acqua, la gente però lo stesso li associa quasi a Cernobyl. Noi abbiamo aperto anche un centro informazioni regionale, ma per ora tutto invano», – dice sdegnata Meškova.

«Comprare una mucca…»

Gli abitanti locali invece è ormai da tanto tempo che non contano su alcun investitore. Per questo intorno a ogni casa c’è un piccolo orto con le patate, che di rado si riescono poi a vendere, e in ogni caso i soldi non bastano neanche per le cose più elementari.

Tat’jana Dorofeeva è arrivata a Brodokalmak dal Kazachstan circa dieci anni fa. Ha 24 anni, ma ne dimostra 35. Nel villaggio le sono nati due figli. A uno di loro presto è stata riscontrata una paralisi cerebrale. Tat’jana sta seduta assieme a lui nella sala dell’asilo “Ručeek” (il ruscellino), dove i volontari della Croce verde portano regolarmente vestiti e aiutano a ristrutturare, e guarda il suo secondo figlio imparare le lettere con la maestra. Tutti i bambini hanno indosso la giacca: attraverso i telai delle finestre penetra già il freddo ottobrino. «Noi andremmo anche a Čeljabinsk per capire se questo sia stato causato dalle radiazioni o meno e che cosa si possa fare, ma non abbiamo i mezzi per andare fin là. L’autobus costa 100 rubli (2,5 €), e io devo risparmiare per la legna. Ci vogliono 6.000 rubli (150 €), e non so proprio dove lì prenderò. Li metto via anche dal sussidio d’invalidità di mio figlio. E per mettere il gas più a buon mercato ce ne vogliono 4.000, e dove li vado a prendere?» – dice lei.

Alcuni, come la famiglia Savickij del villaggio di Nižnepetropavlovsk, che si trova a un’ora di macchina da Brodokalmak, cercano di tirare avanti con i lavori stagionali.

Sergej, il marito di Larisa Savickaja, ancora di recente guadagnava qualcosa dai fattori delle provincie vicine, ma sei mesi fa si è gravemente ammalato. I medici gli hanno trovato delle alterazioni patologiche al fegato, fenomeno che hanno collegato al fatto che mangiava il pesce che pescava nella Teča. In seguito a una serie di operazioni non riesce più a camminare normalmente, per questo ora l’intera famiglia con tre bambini cerca di mantenerla la moglie. Sergej Savickij ci accoglie sulla soglia di casa, da sotto il maglione sporge una pancia gonfiata. «Fa rabbia: io che non ho mai bevuto in vita mia, mi si è gonfiato il fegato a questo modo. Quei pesci radioattivi erano enormi. Come si fa a non pescarli, quando non c’è nient’altro da mangiare?» – dice Sergej con aria colpevole. Nella casa di due locali dei Savickij c’è un odore terribile di corpi sporchi e della brodaglia colma di maionese che stanno mangiando dai piatti due dei figli tornati da scuola. Sul divano, con una felpa gialla e il pannolino, gattona il loro fratellino di un anno, Sergej. A causa dell’irraggiamento del padre, il bambino è nato con una lesione dell’encefalo. Quando coi volontari chiediamo a Larisa Savickaja quale di tutti questi problemi sia per lei il più urgente da risolvere, a lungo ci guarda senza capire e poi risponde: «Ma in generale a noi va tutto bene, tranne che bisognerebbe comprare una mucca». Alla possibilità di trasferirsi da qualche altra parte, ci dice Larisa, lei non ci ha mai nemmeno pensato.

La medicina delle catastrofi

Gli unici per i quali nei villaggi lungo la Teča il lavoro non manca mai sono i medici. Secondo la valutazione dei dottori in scienze mediche Leonid Dul’kin e Vadim Zemlakov, i quali sono diversi anni che vengono in questi luoghi per un check-up della popolazione nell’ambito del programma “Socmed” organizzato dalla Croce verde, tutti qui necessitano di assistenza medica a prescindere dall’età. Quando i medici vennero in questi villaggi nel 2005 erano convinti che la popolazione li avrebbe fatti a pezzettini: «Praticamente tutti si rivolsero a noi per dei problemi di salute, dicendoci inoltre che dal Ministero della salute era venuta una volta una brigata di medici, dopodiché non si era mai più visto nessuno». «Quelli che sono stati irradiati presentano una moltitudine di patologie. Ci sono bambini che di nascosto dai genitori fanno il bagno nel fiume, molti di loro sono malati a causa dell’alcolismo dei genitori, del lavoro pesante negli orti a partire dai sette anni di età, e quasi tutti hanno mal di stomaco a causa della terribile alimentazione e delle improbabili condizioni igieniche» – piega le dita Zemljakov.

La seconda volta i medici tornarono nei villaggi con del materiale didattico: si era infatti accertato che i bambini del luogo non sapessero nemmeno come lavarsi correttamente i denti. Oggi con questi materiali informativi nelle scuole rurali si tengono delle lezioni.

Le visite dei medici volontari e i loro tentativi di ottenere per i malati più gravi dei posti letto negli ospedali di Čeljabinsk sgravano almeno in parte quelli rurali. In questi ultimi praticamente non vi è rimasto personale: chi ha potuto si è trasferito nel capoluogo, e i giovani neolaureati non sono più attratti dal romanticismo del lavoro del medico di campagna. La direttrice dell’ospedale di Brodokalmak Tat’jana Lymar’, che lo dirige dal 2008, aveva sperato, venendo qua, di migliorare la propria situazione materiale. Ma da allora il suo stipendio di 4.000 rubli (100 €) è aumentato di soli 400 rubli, mentre la quantità delle mansioni non fa che crescere. Attualmente lei da sola compie il lavoro per quattro turni, compreso il suo. Questa donna magrolina con voce da bambina cuce le ferite in traumatologia, va sulla croce rossa come infermiera e scrive i rapporti al Ministero regionale della Sanità. Di nuovi medici ha provato a cercarne tramite l’ufficio di collocamento, attraverso conoscenti, a Čeljabinsk per lei si è dato anche da fare il capo villaggio Degtjarev, ma di far venire nuovo personale all’ospedale di Brodokalmak per ora non si è riusciti. Come per una presa in giro, nell’ambito del programma nazionale “Salute” all’ospedale di recente sono arrivati due elettro-aspiratori chirurgici. Ora i nuovi apparecchi stanno lì a prendere inutilmente la polvere nelle sale mediche, non essendoci nessuno che sia in grado di utilizzarli. «Andarmene non posso, altrimenti l’ospedale morirebbe del tutto, così che io sono una sorta di ostaggio della situazione. E non è certo questo che mi hanno insegnato all’università», – dice la primaria. Tuttavia i suoi colleghi dell’ospedale del villaggio di Russkaja Teča sono stati meno fortunati. Qui di tutto il personale sono rimasti solo il primario, un infermiere diplomato e un’infermiera semplice. Avendo saputo che sarebbero arrivate “delle persone da Mosca”, tutti loro sin dalla soglia ci si sono gettati addosso per raccontarci che hanno bisogno delle bilance per i neonati, che stanno finendo le siringhe e che non basta neanche la tintura. Quando dici loro che sei un giornalista e il massimo che puoi fare per aiutarli è raccontare dei loro problemi, si fanno indietro delusi, e tu ti senti un completo idiota.

Aiuto fuorilegge

Non si può neanche affermare che lo Stato abbia completamente abbandonato tutta questa gente. Un po’ di risorse vengono destinate dal budget federale, a rimettere in sesto i villaggi lungo la Teča ci prova “Rosatom”, successore nella proprietà del “Majak” del Ministero dell’industria metalmeccanica dell’URSS. L’ente di Sergej Kirienko – racconta Meškova – stanzia dei fondi per l’installazione del gas nei villaggi e per il monitoraggio dell’acqua potabile. Ci sono poi alcuni programmi della Croce verde, che ha destinato dei soldi per l’organizzazione di un pasto caldo per i bambini, i quali prima dell’arrivo dei volontari non s’immaginavano neanche che il pranzo possa essere composto di diversi piatti. Nelle famiglie con bambini malati i volontari portano i medici, raccolgono soldi per i più bisognosi per comprare la legna ecc.

Ma a impedire che gli aiuti recati siano veramente efficaci spesso sono le leggi e l’assenza di comprensione dello stato reale delle cose da parte degli alti funzionari.

Ad esempio, di recente il Ministero della sicurezza radioattiva di Čeljabinsk è stato costretto a rimandare di un anno l’installazione del gas in alcuni villaggi. All’ente spiegano che destinare loro i soldi semplicemente così per legge non si può, poiché ogni capo di provincia in cui si trova il villaggio doveva certificare come e per cosa essi vengono spesi. I preventivi bisognava consegnarli entro un termine preciso, affinché il Ministero rendesse conto del proprio operato più in alto, ma ora a causa della lentezza di uno dei capi di provincia si potrà di nuovo provare a installare il gas soltanto nel 2013. Questo vuol dire che gli abitanti dei villaggi passeranno altri due inverni al freddo e ingegnandosi di trovare i soldi per la legna. 

Non di meno complica la consegna degli aiuti la legge “sull’autogestione locale” – dice il coordinatore della Croce verde di Čeljabinsk Marina Sobol’.

Tale legge presenta richieste identiche a tutti i capi villaggio, indipendentemente dal livello di vita della popolazione e dal numero degli abitanti. Tanto che il capo di Brodokalmak Degtjarev è costretto a spendere di continuo il già misero budget del villaggio per pagare le multe della procura. Di recente l’organo di controllo l’ha multato per l’ennesima volta per inosservanza della legge federale. In conformità al documento, in ogni centro abitato con i soldi del budget locale dev’essere impiantato un posto di polizia riscaldato, attrezzato e con telefono fisso. Ma come fare a mettere in pratica tali disposizioni a Brodokalmak, dove le condutture dell’acqua ci sono solamente nella scuola e il collegamento telefonico manca del tutto, in procura non si sono messi a precisarlo.

La settimana scorsa sotto minaccia è finito il progetto della Croce verde che prevede la distribuzione di pasti caldi ai bambini in età prescolare. L’organizzazione, racconta Sobol’, ha fatto un bonifico sul conto dell’ente scolastico, che spende i soldi per l’acquisto di carne e frutta, ora però il Ministero regionale all’istruzione minaccia il direttore Patašenko di sanzioni. I burocrati si sono indignati perché a scuola potrebbero “trovarsi degli estranei” per i quali si spendono soldi “di beneficenza” destinati agli scolari. Adesso il direttore sta pensando con quali espressioni spiegare alla dirigenza superiore il concetto di aiuto umanitario.

Abituati

L’imperfezione delle leggi, la miseria e le rappresentazioni della realtà degli alti burocrati s’intrecciano insieme in un unico intricato groviglio. Questa però è solo una parte del problema. A Brodokalmak, Russkaja Teča o in qualunque altro villaggio simile si possono spendere milioni e milioni in aiuti, ma la gente ancora non capisce che qualcosa dipende anche da loro, le cose non si muovono da sole da un punto morto, – dice Marina Sobol’ della Croce verde. Di famiglie problematiche di questo genere nei villaggi lungo la Teča ce ne sono alcune decine, racconta il presidente dell’organizzazione no profit di Čeljabinsk: l’aiuto dei volontari loro lo considerano come qualcosa di scontato e di dovuto, e dunque non si danno tanto la pena di mettersi a cercare un lavoro. Inoltre le autorità regionali hanno avviato un programma di sviluppo che prevede un contributo una tantum di 57.000 rubli (1.400 €) come incentivo per il micro-businnes privato. Dal richiedente si esige che presenti un breve business plan, ma la gente di qui o non ha idea di come scriverlo oppure ha ciecamente paura di fallire «e di finire poi dentro perché rivorranno indietro i soldi», e continuano a tirare avanti con i minuscoli contributi sociali.

«Dire questo non è affatto bello, ma a volte penso che sarebbe meglio se noi dessimo i soldi a qualche altra famiglia. Lo capisci bene che oltre agli aiuti materiali hanno bisogno d’essere educati, che in loro vanno sviluppate attitudini sociali, inculcati dei valori, ma a volte ti cadono proprio le braccia» – sospira Sobol’.

Arriviamo nella casa di Anna Lezina. In due locali lei vive con la madre alcolizzata, il marito pregiudicato Evgenij Čiskidov, il cui nonno fu un liquidatore del “Majak”, il figlio di un anno Danila e la figlia di tre anni Kristina. Alla bambina da due anni capitano attacchi d’epilessia, l’ultimo dei quali tre giorni prima della nostra visita. Evgenij ci racconta che l’estate scorsa l’ha fatta finita col bere e perciò ha passato tutto il tempo con la figlia, a fare il bagno nel fiume. «Le radiazioni mica le vedi, e noi forse ci siamo ormai abituati» – spiega lui. Con i soldi che la Croce verde gli ha dato per la sussistenza, Čiskidov ha deciso di ampliare la casa, ma i materiali da costruzione da lui acquistati giacciono come prima lì ammassati in cortile. Lavoro non l’ha cercato e non si appresta a farlo, ora però vuole «prendere in prestito i soldi da qualche parte» e comprare una mucca. La quale, naturalmente, lui farà pascolare sulla riva della Teča, sebbene abbeverarla sia possibile anche dal pozzo locale. Per ora pensa di vivere anche in futuro con il sussidio di 400 rubli che viene loro pagato per i bambini. Quando ci congediamo, lui guarda scontento Marina Sobol’: i suoi accenni al fatto che non sarebbe stato male dargli altri 20.000 rubli sono infatti stati da lei del tutto ignorati.

Di certezze che i figli di questa gente con il tempo vivranno meglio non ce ne sono.

«Loro non vedono niente di buono, e per questo molti, quando cresceranno, si metteranno a vivere allo stesso modo dei genitori. Molti finiranno la scuola e non si sa dove andranno. Noi cerchiamo di fare delle riunioni nelle scuole con i genitori, di spiegare loro in qualche modo quanto siano importanti i valori della famiglia, ma per fare loro assimilare queste cose ci vorrà più di una generazione», – dice Sobol’. Secondo le stime dell’organizzazione nei villaggi lungo la Teča nel 73% dei bambini si osservano disfunzioni nervose, emozionali e psichiche. Le diagnosi – racconta il medico-pediatra Ol’ga Levašova, la quale ha visitato i bambini nell’ambito del programma “Socmed”– sono delle più disparate: dalla sindrome di deficit dell’attenzione alla depressione. La cosa che l’ha colpita di più è che quasi un bambino su due di sette-otto anni le abbia detto chiaramente: «Noi non abbiamo futuro».

Sulla riva della Teča all’uscita dal villaggio vediamo un gruppo di oche domestiche. Un qualche abitante benestante le ha fatte uscire a pascolare, mentre lui o se ne sta a casa o lavora nell’orto. Le oche trotterellano allegramente verso la riva del fiume e, schizzando, s’immergono nell’acqua, nella quale sguazzeranno ancora per alcune ore.

Le radiazioni non si vedono.


Data: 24.10.2011
Fonte: www.gazeta.ru 
Autore: Grigorij Tumanov
Traduzione: S.F.

Link all'originale dell'articolo:

Link al foto reportage:

01/02/12

EKO-CLUB «SOZVEZDIE» DI KLINCY A VERESCHAKI (28.04.2011)

Spettacolo didattico dei ragazzi dell'eko-club di Klincy dedicato al 25° anniversario di Cernobyl e alla memoria dei liquidatori. Oltre che a Klincy, i ragazzi hanno portato lo spettacolo in alcune scuole di villaggi delle altre province. In questo video si vedono alcune parti dello spettacolo (intero dura più di un'ora) del 28.04.2011 alla scuola di Vereschaki (in provincia di Novozybkov) per un'iniziativa congiunta anche con la nostra delegazione.


I «CERNOBYLIANI» D’UCRAINA AVRANNO LE PENSIONI RADDOPPIATE

Dal 1° gennaio 2012 è entrata in vigore l’ordinanza del governo ucraino sull’aumento delle pensioni e degli altri benefici sociali per i cittadini colpiti dalle “conseguenze della catastrofe di Cernobyl”. 


L’entità media delle pensioni dei liquidatori di Cernobyl aumenterà di più del doppio e sarà di 5439,53 grivne per gli invalidi del primo gruppo, 5128,73 grivne per gli invalidi del secondo gruppo, 3941,53 grivne per gli invalidi del terzo gruppo. 

L’aumento delle pensioni è stato preceduto da iniziative di protesta di massa. A partire dall’autunno 2011 nella maggior parte delle grandi città ucraine hanno avuto luogo meeting di protesta dei “cernobyliani”, provocati dal progetto di legge presentato alla Rada Suprema che revocava le entità dei benefici già fissati per coloro che hanno lottato con le conseguenze dell’incidente alla centrale nucleare. Il maggior numero di insoddisfatti è sceso nelle piazze di Kiev e di Doneck. 


Data: 25.01.2012
Fonte: www.gp.by
Traduzione: S.F.