Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

13/08/18

RUSSIAN NUCLEAR POWER 2018

Russian Nuclear Power 2018

Reportage dell'organizzazione Bellona sulla situazione del nucleare in Russia nel 2018.

Al link:


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C'È UN PROBLEMA, IN FRANCIA NON SANNO PIÙ DOVE METTERE I RIFIUTI RADIOATTIVI

C'è un problema, in Francia non sanno più dove mettere i rifiuti radioattivi

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La Francia ha già accumulato più di 1,54 milioni di metri cubi di rifiuti radioattivi e la loro quantità aumenta ogni anno in modo esponenziale, rendendo impellente la costruzione di nuovi siti di stoccaggio. A lanciare l'allarme e' l'Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi (ANDRA) nel suo rapporto triennale, che conferma uno scenario sempre più preoccupante e la necessità di soluzioni logistiche, ma soprattutto politiche, alla sfida del nucleare. In un tentativo di dare l'idea anche visivamente, l'agenzia ha spiegato che ogni anno un cittadino francese produce l'equivalente di "mezzo litro di latte in Tetrapak" di rifiuti radioattivi.


In 2 anni prodotti 85 mila metri cubi di rifiuti

 

Nei fatti, però, tra il 2015 e il 2016 sono stati prodotti altri 85 mila metri cubi di rifiuti. Il 60% proviene dal parco nucleare, il 27% da attività di ricerca, il 9% dal settore difesa e il rimanente da altre industrie e dal settore sanitario. Il 3% dei rifiuti è ad alta attività o lunga vita - centinaia di migliaia di anni per il loro smaltimento - e concentra il 99,8% della radioattività totale. Il 90% dei rifiuti ha invece un livello medio, basso o molto basso di attività. Rimane il fatto che gli attuali impianti di stoccaggio sono quasi arrivati a saturazione e ne servono altri sia di breve che media e lunga durata.


Data: 15.07.2018
Fonte: www.agi.it

LA SVEZIA RAGGIUNGE GLI OBIETTIVI RINNOVABILI DEL 2030 CON 12 ANNI DI ANTICIPO

La Svezia raggiunge gli obiettivi rinnovabili del 2030 con 12 anni di anticipo

Svezia 100% rinnovabili 2040

La Svezia, tenendo conto del numero di turbine eoliche già costruite e gli investimenti previsti per il resto dell’anno, raggiungerà nel 2018 gli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili previsti per il 2030 con 12 anni di anticipo sulle previsioni.

Nel 2012 Svezia e Norvegia hanno siglato un accordo per aumentare la loro produzione di energia eolica di 28,4 terawattora (TWh) entro il 2020, ma non contenta Stoccolma, che da sempre ha sfruttato le rinnovabili soprattutto grazie all’idroelettrico e alle biomasse, ha deciso di pianificare altri 18 TWh di sviluppo eolico entro il 2030.

Gli obiettivi energetici della Svezia

 

La Svezia ha obiettivi molto ambiziosi per l’energia e il clima. Ha fissato al 50 per cento sul consumo finale di energia i target di efficienza energetica al 2030 e al 100 per cento gli obiettivi di produzione rinnovabile entro il 2040. Inoltre ha anche il target di emissioni zero entro il 2045 e già nel 2015 aveva annunciato di voler abbandonare i combustibili fossili, uno dei primi paesi al mondo a farlo.

L’impegno della Svezia è molto maggiore rispetto ai target previsti dall’Ue che al 2020 chiede il 20 per cento di rinnovabili e di efficienza energetica sul consumo finale di energia, con l’obiettivo di rispettare l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.


Data: 06.08.2018
Fonte: www.lifegate.it


 

NUCLEARE EUROPEO IN CRISI, L’AIUTO ARRIVA DALLA CINA: CENTRALI IN ROMANIA E BULGARIA, MA C’È L’INCOGNITA SICUREZZA

Nucleare europeo in crisi, l’aiuto arrivadalla Cina: centrali in Romania e Bulgaria, ma c’è l’incognita sicurezza

Areva, Westinghouse e la russa Rosatom/Atomstroyexport versano in gravi difficoltà finanziarie e così i 3 colossi cinesi hanno gioco facile grazie a bassi costi di realizzazione, un alto livello di ordini nel mercato interno ed economie di scala senza paragoni. Gli aiuti delle banche di stato, poi, rendono il piatto una vera leccornia. La mancanza di esperienza internazionale e l’assenza di un qualsiasi centrale fabbricata e gestita da aziende cinesi all’estero, però, pone seri dubbi riguardanti la sicurezza degli impianti.

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L’intervento della Cina renderà possibile la costruzione dell’impianto di Belene, nel nord della Bulgaria, una delle centrali nucleari più grandi di tutta l’Europa orientale. Dalla tecnologia sovietica e in un luogo considerato sensibile a eventi sismici, il progetto mira a rendere il paese più indipendente a livello energetico dalla Russia. Anche la Romania ha nel 2013 siglato un accordo con l’industria cinese e si appresta nel breve a varare due nuovi reattori nucleari. Una doppia strategia, quella attuata da Pechino, interessata alle tecnologie nel campo del nucleare per scopo civile e a un mercato i cui colossi vivono anni di crisi. Nonostante l’eccezionale opportunità offerta dal supporto cinese, le perplessità permangono. La mancanza totale di esperienza internazionale e l’assenza di un qualsiasi centrale fabbricata e gestita da aziende cinesi all’estero pone seri dubbi riguardanti la sicurezza degli impianti stessi, anche se a essere costruiti sono modelli progettati in Occidente. Infine, nel medio periodo, la Cina punta a esportare nel nostro continente tecnologie completamente “Made in China”. Per rendere possibile tutto questo il Regno di Mezzo ha però la necessità di certificare la qualità dei propri reattori, sottoponendoli al controllo non di un’autorità centrale a livello europeo ma di quelle dei singoli stati e clienti europei.

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Data: 06.08.2018
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it

L’IMPRONTA DEL DISASTRO NUCLEARE DI L’IMPRONTA DEL DISASTRO NUCLEARE DI FUKUSHIMA NEL VINO CALIFORNIANO

L’impronta del disastro nucleare di L’impronta del disastro nucleare diFukushima nel vino californiano
 

Un’eredità a lento rilascio. Ma c’è un problema: è radioattiva. È quello che è successo, secondo gli scienziati, quando nel 2011 un enorme terremoto al largo delle coste del Giappone ha causato lo schianto di uno tsunami sulla centrale nucleare di Fukushima, scatenando una delle peggiori crisi nucleari del mondo. E da dove l’inferno è venuto – l’oceano – è poi tornato ma con l’aggiunta della radioattività liberata dall’impianto. Con un duplice effetto. Conseguenze ridotte sulla popolazione a fronte di un’elevata contaminazione del pesce, a tal punto da indurre il governo a limitarne fortemente la vendita. 
  
Mentre il terremoto e lo tsunami del 2011 hanno ucciso circa 16.000 persone in Giappone e più di 160.000 sono fuggite dall'area interessata dall’incidente, nessuno sembra sia deceduto a causa delle radiazioni. Il motivo è semplice: la maggior parte della radioattività è stata risucchiata dal mare. E proprio per questo motivo un gruppo di fisici nucleari francesi ha ora trovato l’impronta di Fukushima nel vino della California settentrionale. In un nuovo studio, i ricercatori hanno testato tre tiplogie - rosé, cabernet e sauvignon - dal 2009 in poi riscontrando un aumento dei livelli di particelle radioattive dopo il disastro in Giappone. 
  
L’isotopo in questione - cesio 137 - può causare un rischio elevato di cancro, ma il livello di materiale radioattivo di Fukushima assorbito da alimenti e bevande in altri paesi è abbastanza basso per costituire un problema concreto per la salute, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità. E anche nel caso del vino californiano non si profilano rilevanti rischi per la salute. Durante l’attraversamento dell’Oceano Pacifico la nube ha perso buona parte del suo carico radioattivo mentre si dirigeva verso la California. 


Data: 29.07.2018
Fonte: www.lastampa.it