Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

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"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

26/05/10

UNA MISSIONE D’APRILE DI 24 ANNI FA
















Il pompiere Ivan Gerc fu l’unico tra i 200 invalidi di Cernobyl della regione del Zakarpet’e (Ucraina) ad essere stato colpito da sindrome da irradiazione acuta


Con quest’uomo alto, robusto, abbiamo conversato, purtroppo, in una corsia d’ospedale – per l’ennesima volta infatti si trovava in riabilitazione. È invalido del II° gruppo, in seguito a una doppia permanenza non soltanto nella zona di Cernobyl, ma nel fulcro dell’inferno di quella tragedia planetaria. Dei quasi duecento invalidi di Cernobyl del Zakarpat’e soltanto a lui è stata diagnosticata una sindrome da irradiazione acuta.


Nonostante i tormenti disumani sopportati, le sofferenze fisiche e morali, infine l’invalidità, Ivan Gerc non ha perso la sua gentilezza, affabilità, voglia di vivere. È inoltre attivo nel lavoro sociale, ha ottenuto un diploma superiore, si è messo su una casa, tutte le sue forze le dedica alla famiglia, rispetta gli amici e ha grande stima dei colleghi.


Tratti biografici. Ivan Ivanovič Gerc è nato il 21 giugno 1957 nel villaggio di Lochovo in provincia di Mukačevo (oggi Ucraina). Terminati otto anni di scuola nel villaggio natio, frequentò l’istituto tecnico di Mukačevo, ottenendo la professione di falegname ebanista per la fabbricazione di mobili artistici. Tra il 1975 e il 1977 fece il servizio militare. Dopo una missione d’urgenza, prestò servizio alla Sezione professionale dei pompieri n. 4 di Mukačevo. Dapprima fu addetto alla respirazione, più avanti ispettore subalterno, e infine autista. Dopodiché ricevette l’attestato e passò alla Sezione militare dei pompieri n. 4 di Mukačevo (era avvenuto un processo di militarizzazione delle unità dei pompieri). Ivan, un ragazzo sveglio e abile con la tecnica, cominciò a lavorare come autista di tutti i mezzi speciali dei pompieri: autopompa, di collegamento e comunicazione, tecnici, schiumanti, spargipolvere, con scala automatica... Il sergente Gerc era stimato come persona e apprezzato come bravo specialista. Tanto più che Ivan cercava di essere un esecutore diligente e un pompiere modello, in quanto in quella stessa unità prestavano servizio suo padre e il suo futuro suocero.


Quella spedizione d’aprile alla vigilia delle festività di maggio, che si festeggiavano allora con allegria e con tanta gente, la sua famiglia non l’avrebbe mai dimenticata.


– Il 28 aprile arrivò l’ordine militare: partire immediatamente per Kiev per dei corsi d’emergenza, – ricorda Ivan Gerc. – Il biglietto ce l’avevano già prenotato… La mattina del 29 aprile il generale Desjatnikov, allora a capo del servizio antincendio della Repubblica Sovietica Ucraina, schierò sulla piazza militare di Kiev 350 pompieri che erano stati inviati da tutta la repubblica.


«A Cernobyl c’è stato un piccolo incendio. Bisogna dare il cambio ai colleghi» – brevemente, distintamente, ma con un certo dispiacere nella voce disse il generale. Tutti erano stati trasportati da Kiev con dei pullman. A Pripjat’ vennero divisi in gruppi e squadre. Ivan Gerc ricevette la “scala” e fu assegnato alla squadra moscovita che lavorava alla decontaminazione della città.


– Il mio compito era semplice: trasportavo la scala, stendevo le manichette antincendio, e gli altri pompieri disinfestavano i palazzi, – racconta Ivan Ivanovič. – Per il Giorno della Vittoria (il 9 maggio) Pripjat’ doveva essere ripulita dalla contaminazione radioattiva – tale era il compito che ci avevano assegnato… Come comunista e ventinovenne padre di due bambini assieme agli altri volontari trasportavamo nel cimitero mezzi e attrezzature altamente radioattivi. Venivano trasportati in un’enorme fossa agganciando saldamente due-tre veicoli insieme, venivano “spostati” da pesanti carri armati con cingoli larghissimi e immediatamente venivano ricoperti di calcestruzzo alla periferia dei villaggi di Burjakovka e Čistigalivka. Ci mettevano in guardia… Ognuno aveva i cosiddetti “accumulatori”. E ogni volta a fine giornata noi davamo gli indicatori. Alcuni nel complesso arrivavano a 50-60 roentgen. Io fui l’unico tra quelli della regione del Zakarpat’e ad essere stato colpito da sindrome da irradiazione acuta – “Mi presi” ben 112 roentgen!... La dose mortale è di 100. Quella fu la mia prima “tempra” di Cernobyl, che durò dal 29 aprile all’8 maggio 1986.


Dopo quella missione nella zona, Gerc venne mandato a Kiev, all’Istituto di ematologia dell’Accademia delle scienze mediche dell’Ucraina. Il giovedì e il venerdì fece le flebo. Per il week-end se ne andavano tutti. Se ne andò anche Ivan, dal fratello che viveva nella capitale. Tornato indietro il lunedì, il suo letto era già occupato. Andò un po’ in giro, si diede da fare, s’interessò – ma nessuno gli prestava attenzione. Salì su un treno e tornò a casa. Fisicamente era sano, candidato a istruttore di ciclismo, campione regionale nel 1973-74.


– Che cosa sentivo allora? Avevo un forte raschio alla gola, periodicamente perdevo conoscenza, una forte debolezza, – ricorda oggi Ivan Gerc. – Ma in qualche modo lo sopportai, pareva che tutto fosse finito… E forse me la sarei anche cavata. L’organismo giovane, il cibo casalingo, l’atmosfera familiare, la natura magnifica – tutto favoriva la guarigione.


Ma all’unità dei pompieri dove prestava servizio Ivan Gerc verso la metà di luglio del 1988 giunse una richiesta precisa: per la liquidazione delle conseguenze dell’incidente di Cernobyl inviare un determinato numero di uomini d’età adeguata. Tacitamente vanno bene i volontari. Se non ce ne sono – in maniera coatta. Il nostro collettivo decise di affrontare la cosa “informalmente”: estrarre dei cartoncini tra cui alcuni con l’annotazione “se tiri fuori questo – vai”. Ivan Gerc lo tirò fuori… E così dal 20 luglio al 21 agosto del 1988 prestò servizio proprio alla centrale nucleare di Cernobyl.


– Al quarto blocco ci lavorai 320 ore, – dice Ivan. – Mi chiesero in aggiunta di costruire davanti all’unità antincendi una piattaforma chiusa affinché da lì si potesse innaffiare il piazzale e lavare i mezzi tecnici con la manichetta idrante. Allora mi conferirono la medaglia “Partecipante alla liquidazione dell’incidente alla centrale di Cernobyl”. Mi avevano anche candidato per l’ordine, ma per qualche motivo non me lo diedero… Dopodiché tornai a casa. Mi concessero un mese di ferie. E quando sembrava che le cose stessero lì lì per migliorare, all’improvviso ebbi un infarto. Fu terribile. Per nove mesi fui costretto a rimanere in malattia: al lavoro non mi permettevano di andare, e io mi dividevo tra gli amici e la guarigione. «No» – diventavano sempre più implacabili i medici. Mi curavo un po’ a Mukačevo, un po’ a Užgorod, mi mandarono al sanatorio “Karpaty”…


Lo stato di salute di Gerc non migliorava, piuttosto il contrario… Lo mandano per delle consultazioni a Kiev, all’Istituto di patologia delle radiazioni, dove giunsero a una conclusione poco consolante: sindrome acuta da irradiazione. Da lì lo inviano al policlinico del Ministero degli Interni.


La salute stava abbandonando il giovane liquidatore. Dolori insopportabili lo tormentavano quasi ogni istante. I medici stabilirono un’invalidità del secondo gruppo collegata alla liquidazione delle conseguenze dell’incidente alla centrale di Cernobyl. E allora, proprio agli inizi degli anni Novanta, lui s’impegnò a cercare i documenti che attestassero la sua permanenza in quella zona nefasta. Da nessuna parte niente! Il verdetto fu duro e irrevocabile: «A causa dell’elevata radioattività tutti i documenti di quel periodo, tra cui anche i Suoi, sono stati annientati». Che fare? E nonostante tutto la pensione gli venne assegnata – 144 rubli, il minimo per quei tempi. Il diploma d’onore del ministro e il distintivo di liquidatore, ancor oggi considerati segno distintivo di coraggio, valore e dedizione per un pompiere, nonché la conferma del comandante dell’unità, avevano fatto il loro effetto: si riuscì a ristabilire la verità. Ma questo non migliorava a salute...


– Nel 1991 ebbi una paralisi della parte sinistra, – ricorda Gerc. – Subii due ictus e un infarto… Su di una sedia a rotelle mi trasportarono in Germania. Eravamo una decina di invalidi ucraini di Cernobyl, ci portarono con dei pullman a Monaco di Baviera. La diagnosi fu confermata: patologia da irradiazione dell’encefalo. Da là ci spedirono a Kiev, all’Istituto di neurochirurgia. Là fui sottoposto a 14 cicli di cure: ogni tre-quattro mesi tutto ricominciava da capo. Dopo il terzo ciclo di cure andai di nuovo a Monaco di Baviera. Per la seconda volta. Servivano 57 mila marchi tedeschi per l’operazione. Quei soldi non riuscimmo a trovarli né io né il nostro governo. Fui costretto a rinunciare. Venne un professore da Berlino e allargò sempicemente le braccia. Uno screening supplementare – e mi ritrovo di nuovo a Kiev. Nella capitale, mi curai dal celebre professor Vinnickij e dalla direttrice della clinica n. 10 Irina Stepanenko. Grazie a queste due persone vivo ancora su questa terra…


Nel 1992 nascosi la mia invalidità – volevo lavorare. Mio padre e mio suocero al lavoro, un bel collettivo, e a me toccava andare in pensione… Ma in ogni modo dopo un po’ di tempo venni rimosso dal lavoro.


– Come va ora? A partire dal 1993 per circa tre anni le mie condizioni furono molto gravi. Ero costretto ad andare due-tre volte all’anno a curarmi a Kiev. La protezione sociale dei pompieri mi pagava i soggiorni in sanatorio… Non potevo camminare. Nel 1996 migliorai: cominciai a camminare, si rimise il fianco sinistro… Anche a livello morale questo mi rincuorava, mi ridava forze. Nel 1997 venni eletto presidente della sezione provinciale di Mukačevo di “Sujuz Cernobyl” dell’Ucraina. Lavoro con questa carica fino ad oggi, tuttavia periodicamente sono costretto a recarmi nella capitale dalla dottoressa Stepanenko all’Istituto di microneurochirurgia.


Ivan Ivanovič è una persona perseverante. Ha terminato per corrispondenza l’Istituto tecnico forestale di L’vov. Ha due figli adulti i quali, come il padre, hanno ricevuto un’istruzione superiore. Vive Gerc nel villaggio di Russkoe, in provincia di Mukačevo, nella propria casetta, coltiva un giardino e l’uva – per farla breve, si sforza di vivere in maniera completa, attiva e ricca di idee.


Data: 26.04.2010

Fonte: eco.rian.ru
Autore dell'articolo: Vasilij Nit'
Traduzione: S.F.


Link al pdf dell'articolo: Una missione d'aprile di 24 anni fa

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