Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

19/08/19

L’INCIDENTE A SEVERODVINSK E I TIMORI DI UN RIARMO NUCLEARE


L’incidente a Severodvinsk e i timori di un riarmo nucleare

 


Ogni volta che troviamo un nuovo indizio sull’incidente nucleare avvenuto l’8 agosto a Severodvinsk in Russia, questo ci porta a nuove domande, al momento prive di una risposta certa. Pian piano si delinea però un quadro che va ben oltre il fenomeno in sé, riportandoci a climi da riarmo nucleare che pensavamo ormai relegati al passato. 



Si comincia così a parlare di un mini-reattore per armi nucleari, come il 9M730 Burevestnik, di cui il fisico nucleare Enrico D’Urso anticipava a Open qualche dettaglio, parlando dell’ipotesi più probabile a riguardo. Esiste anche un equivalente americano il cui motore venne testato a terra negli anni ’60, nell’ambito del progetto Pluto.
 
«La fragilità del sistema americano era dovuta al fatto – continua D’Urso tornando all’incidente in Russia – che tutti i sistemi di sicurezza erano idraulici e ad alta pressione e sottoposti a notevole stress termico. Se qualcosa si fosse rotto, non ci sarebbe stato modo di spegnere il reattore prima della fine del combustibile. Cioè (tipicamente) dopo alcuni mesi. Sempre che fosse stato in volo, altrimenti si sarebbe fuso sul banco di prova».

Il pericolo è – come sempre in questi casi – che possano esserci contaminazioni fuori dai confini russi. In Norvegia nella base di rilevamento di Svanhovd sono stati registrati tra il 9 e il 12 agosto lievi aumenti di radioattività, ma gli esperti escludono che vi sia pericolo, inoltre non è stato ancora accertato se il fenomeno possa legarsi all’incidente avvenuto in Russia.


Data: 17.08.2019
Fonte: www.open.online

Nessun commento:

Posta un commento