Chiudiamo la stagione 2016 a Novokemp (il campo-sanatorio in Russia dove mandiamo a fare volontariato gli studenti di russo dell'università) con il bel racconto di Alice
ALICE IN NOVOKEMP
Il
viaggio, la ricerca, la scoperta... il mondo. Giri l’angolo e tutto è
improvvisamente diverso da come prima appariva. Esperienza, cambiamento,
crescita... queste poche parole chiave che saltano subito in mente non appena
un ricordo, per caso, riaffiora nella memoria. Anche uno qualsiasi, tra quelli
che porto dentro dell’agosto 2016.
Entusiasta
fin da subito dell’iniziativa presentataci a febbraio in università, nonostante
al tempo fosse ancora un’idea troppo lontana... Passano i mesi e la fatidica
sessione estiva quasi giunge al termine, che fare di questa estate ancora senza
programmi? Presa dalla routine, sono sincera, non ci avevo più pensato e forse
ero anche preoccupata per le scadenze dei miei esami. Mi ritrovo quindi a
inizio luglio, pensierosa... dentro un impetuoso istinto, o meglio, desiderio,
diverso dal solito... voglia di mare, spiagge, feste... sì, ma, non prendetemi
per pazza, avevo davvero voglia di spendere il mio tempo in altro modo. Non so
se vi è mai capitato di percepire che qualcosa in voi sta cambiando, così da
voler trasformare anche i vostri progetti.
Dunque
ci provo, mi informo ed incredibilmente mi viene comunicata la presenza
dell’ultimo posto libero per il mese di agosto a Novokemp. È fatta, sento già
l’adrenalina in corpo e quel posto è già mio, manca SOLO tutta la parte
burocratica, ma facendomi odiare dai centri visti di mezza Italia, so di poter
recuperare tutti i documenti necessari nei limiti previsti. Così, senza nemmeno
il tempo di realizzare a tutti gli effetti in cosa mi stavo imbarcando, sono su
quell’aereo. Milano-Praga-Mosca, 2.8.16, è già gioia. Non esagero, solo il pensiero
di volare a Mosca è un’emozione unica. Gli amanti del viaggio mi capiranno.
Non
vedrò nulla della magica città, ma che importa? Mi sento come Armstrong in
queste situazioni, come dovessi posizionare la mia bandierina su questo suolo a
me ancora sconosciuto. La metropolitana moscovita è un museo a cielo aperto, se
non posso visitare la città, mi accontento di passeggiare sottoterra... ok, la
sto un po’ romanzando adesso, passeggiare con 30 chili di valigia e nessuna
scala mobile non è esattamente ciò che definirei un piacere. Incontro
finalmente le mie nuove compagne di avventura: Sara, Annarita e Giulia, e
insieme cerchiamo di orientarci in quel bellissimo labirinto per arrivare alla
stazione da cui poi saremmo partite per il vero grande viaggio. Vediamo
arrivare il treno che ci avrebbe condotte a Brjansk, ad appena 10 ore da Mosca,
e ancora sento quell’adrenalina che accende il turbo sotto le scarpe, che mi
urla di andare e ancora non so dove. Cosa vuoi che sia? Da anni prendo autobus
super economici per tratte che sembrano non terminare mai e le condizioni non
sono mai ottimali. Errato pensare di essere abituati e preparati a qualcosa, lo
capirete se deciderete di fare l’esperienza di viaggiare su uno di questi
treni. Pare che in Russia siano qualcosa di molto tradizionale e
caratteristico. Anche per il più spartano e low cost traveller medio
occidentale sarebbe difficile da immaginare, provare per credere. Tuttavia, non
mi è stato chiesto di fare un resoconto sui trasporti ferroviari della steppa,
per cui mi limito a dire che non facevo un viaggio così divertente e fuori da
ogni schema dai tempi delle gite in autobus in seconda superiore al liceo e lascio
a voi le personali considerazioni in materia.
Sveglia
ore sei e i miei pensieri lottano tra: “voglio una sigaretta”, “ho fame”, “mi
sento come se non mi lavassi da due settimane”. Scendiamo e non capisco minimamente
dove mi trovo, che ore sono, se sono io a puzzare o le mie compagne...
probabilmente tutte. Le prime luci di questa giornata unica in una stazione
deserta. Due persone lì ad attenderci, Anton e Elena. Ricordo solo una gran
confusione in quel momento di nebbia e parole, domande, pronunciate da colei
che da lì a breve sarebbe diventata come una mamma, una sorella maggiore... Non
capivo niente, non scherzo, non una parola. Per fortuna le mie colleghe
studiano russo da più tempo di me, delego a loro ogni mia ipotetica risposta.
Ancora non realizzo, saliamo in macchina e in un’ora arriviamo alle porte del
paese dei balocchi.
Un
grande cancello tutto colorato ci dà il benvenuto insieme a Chapa e Damka, i
nostri futuri cagnolini. La colazione è pronta per fortuna, avevo una gran
fame. Pane, salame e formaggio... forse passo il turno. Abbiamo il tempo per
riposarci ma chi ci riusciva? Ho la mente appannata e solo una gran voglia di
vedere in che posto bizzarro e fiabesco ci hanno condotte. Esco dalla nostra
stanza e vedo intorno panda giganti, vampiri, principesse e tanti giochi...
Paese delle meraviglie? No Alice, benvenuta a Novokemp.
Soffro
a tagliare molti momenti fondamentali tra quelli passati in quel posto... Ma un
libro forse nemmeno basterebbe, devo assolutamente limitarmi. Prima sera cena
ore 19, ore 22 pronte per la planërka.
Aspetta, la cosa? Non c’è bisogno che vi dica che non avevo capito cosa, come e
perché lo dovessimo fare, ma qualsiasi cosa fosse il luogo era il Klub. Dunque
capiamo che si trattava di una riunione con tutti gli animatori e organizzatori
del campus, appena conosciuti. Resto in ascolto dei commenti di ognuno in
merito ai programmi della prima settimana di campus, opinioni, iniziative, non
sapendo che alla fine del giro avrei dovuto dire qualcosa anche io... studiavo
russo da tre mesi per esagerare, ma non mi umilierò raccontandovi come (non) me
la sono cavata... Immaginate e ridete pure di me, come sto facendo io ora
ripensandoci.
La
mansione assegnatami era quella di organizzare dei laboratori artistici con
Giulia. Per fortuna eravamo attrezzate di libro ben fornito di idee e
spiegazioni di ogni tipo. Non fraintendete, siamo molto artistiche e creative,
ma il massimo che abbia mai fatto è stato fingere di dipingere qualche fiore in
un prato stilizzato, i tempi del Grest per me sono finiti da un po’. Ci
inventiamo qualsiasi cosa pur di intrattenere i gruppi di bambini che sempre
più numerosi venivano a farci visita la mattina nel nostro studio (due lunghe
panche di legno nel bosco), curiosi e impazienti di scoprire quale nuovo progetto
avevamo pensato la sera prima per loro. Giorno dopo giorno, notavo come
avessero molto più da insegnarmi i miei piccoli artisti di quanto potessi
sperare di fare io con loro. Era una gioia continua vederli entusiasti di ogni
attività proposta, dalla più banale a quella più complessa, hanno suscitato in
me le vene creative più disparate... e come ci siamo divertiti. Il nostro
laboratorio si trasformava ogni giorno e la nostra idea iniziale non era mai
rispettata, ma era proprio questo il bello.
Lavorare
coi bambini è un’esperienza che dovrebbe fare, almeno una volta nella vita,
qualsiasi adulto, anche per un breve periodo, solo per ridare vita alla propria
fantasia, per creare cose strabilianti. Inoltre, non sto parlando di bambini
come tanti altri incontrati nella mia vita, parlo di bambini che hanno una luce
negli occhi, una vita e una gioia animata dalla consapevolezza, consapevolezza
di cosa significa soffrire, in modo più o meno diretto. Anche se così dicendo
sarebbe riduttivo, i bambini non sono mai uguali, anzi ognuno di loro ha una
propria storia e delle proprie sfumature. Sembrano avere dei semplici sguardi,
ma possono celare molta più complessità che in un adulto. Esseri speciali,
bisogna saperli osservare e rispettare, lasciarli comunicare. Ho amato tanto
questo lato della mia attività, dava loro modo di manifestarsi, in ogni
sfaccettatura del proprio carattere. Siete mai rimasti ad osservare in
incognita un bambino armato di pennarello e foglio bianco? Quando c’è una
effettiva ispirazione possono prendere vita le creazioni più strabilianti.
Una
mattina è capitato che fossimo tutti un po’ sottotono, annoiati, nebbiosi come
il tempo. Lo ammetto, io e Giulia eravamo impreparate quel giorno,
completamente a corto di idee per le attività. Così, insieme ad Anton, uno dei
nostri fedelissimi cuccioli, nominato assistente ufficiale, nonché ovviamente
mio promesso sposo, riusciamo con tanta energia a risvegliare gli animi e con
Giulia organizziamo una squadra di lavoro fatta di architetti, ispettori, operai,
costruttori e artisti e riproduciamo ‒ servendoci di cartoncino, plastilina,
foglie, rami e qualsiasi altro materiale reperibile nei dintorni ‒ il nostro
villaggio felice in tre dimensioni. Si è rivelata la mattinata più produttiva
in tre settimane, eravamo tutti entusiasti. Non è stato facile... ma abbiamo
avuto gli aiutanti migliori e tutti credevamo fermamente nella realizzazione di
questo progetto, non banale per gli strumenti e i materiali a nostra
disposizione.
La
mia nuova, grande famiglia... mi capitava di passeggiare nelle stradine del
campus nelle pause delle attività, magari da sola e ad un tratto non lo ero
più, subito assalita dai primi marmocchi che mi venivano incontro e mi rapivano
per chiacchierare, parlare, giocare e riempirmi la testa di trecce e lo stomaco
di cioccolatini. Una delle emozioni più grandi è stato stare a contatto con
bambini e ragazzi delle più svariate fasce di età. Così che mi ritrovavo
accerchiata da un momento all’altro da un gruppo di piccole bamboline che
facevano a gara per tenermi la mano e raccontarmi i propri sogni, oppure
invitata nell’ostello dei grandi a cantare canzoni a suon di chitarra... Ho
amato tutto di quel posto, anche il bagno a duecento metri dalla mia abitazione
e la doccia negli orari più improbabili.
Ogni
mattina mi svegliavo e mi chiedevo chi sarei stata quel giorno... Sì, perché
dovete sapere che nel nostro amato campus avevamo a disposizione una kostumernaja interamente dedicata a vestiti,
travestimenti, trucchi, costumi di ogni genere! Praticamente il sogno della mia
vita da quando avevo cinque anni... Ogni pomeriggio avevamo in programma un
grande gioco di gruppo, che coinvolgeva tutto il campus, dagli animatori ai
bambini più piccoli, e che era minuziosamente studiato e organizzato dalla
nostra cara Ksjuša. A volte mi chiedevo se mi divertissi più io o i bambini...
Ciò che è certo è che ero immersa al cento per cento in ogni attività, tanto da
dimenticare (quasi) la grande e spaventosa barriera della lingua, della quale
per altro mi sto dimenticando di raccontare.
Fondamentale
è stata la nostra tutor, nonché grande amica e mamma in molte situazioni,
Elena. Con lei abbiamo stretto un legame ineguagliabile, animo instancabile,
piena di vita ed energie, era uno spasso vederla arrivare ad usare gesti e mimi
pur di farci capire cosa dovessimo fare. Ma determinante è stato il supporto e
la compagnia degli altri animatori, nostri colleghi ma anche e soprattutto
compagni di svago notturno. Se avete il minimo dubbio sulla possibilità di
divertirsi a tutti gli effetti a Novokemp, ricredetevi, si respira aria magica,
serena... e libera. Mi manca ognuno di loro, tanto. Non voglio annoiare nessuno
raccontando come ho allagato la macchina di Anton, capo del campus e uomo
davvero ammirabile, nelle tre ore di viaggio verso la stazione di Uneča, al
termine del viaggio che mi ha resa più ricca in assoluto, tra le esperienze da
me fatte fino ad oggi.
Alice Martino
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