Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

29/07/11

L’AMMINISTRAZIONE DI NOVOZYBKOV HA RESO NOTO IL BILANCIO DEL 2010 E DEL PRIMO TRIMESTRE DEL 2011


Sono state rese pubbliche le principali voci di bilancio in entrata e uscita della città. L’erario municipale nel 2010 ha avuto entrate per 388,5 milioni di rubli (9.712.500 €), più di 2 milioni rispetto al previsto. Di realizzare il bilancio 2010 al 100,5% si è riusciti grazie all’incremento degli introiti propri.

Le spese nel 2010 sono state più di 393 milioni di rubli (9.825.000 €). Più di tutte ha richiesto contributi la sfera sociale (70,5%). Mentre il progetto di spesa per la gestione condominiale non è stato realizzato. Gli esperti finanziari della città lo mettono in relazione al calo dei contributi del Fondo di riforma edilizia per la ristrutturazione capitale dei palazzi. Nel 2010 per questa voce sono entrati 21 milioni di rubli (525.000 €) invece dei 50 milioni (1.250.000 €) del 2009.

Le entrate nell’erario cittadino per i primi quattro mesi del 2011 sono state di 64,5 milioni di rubli (1.612.500 €), 12 milioni in meno di quello che era stato preventivato a causa del calo dei contributi gratuiti. Le spese di bilancio del primo trimestre sono diminuite di quasi 17,5 milioni di rubli (437.500 €). Gli specialisti motivano tali indicatori con il fatto che gli enti sanitari della città dal 1° gennaio 2011 vengono finanziati dal bilancio regionale. Si è evidenziato che come in precedenza il bilancio cittadino ha un orientamento sociale – le uscite per la sfera sociale ne costituiscono infatti il 73%.

Data: 25.05.2011
Fonte: www.novozybkov.bnews32.ru
Traduzione: S.F.

28/07/11

CERNOBYL – IL NUOVO GRANAIO D’EUROPA


La zona di Cernobyl diventerà un’impresa agricola per l’Ucraina e per l’Europa. V’i s’inizierà a coltivarci le materie prime per il biocarburante, ma non la colza, bensì il miglio. In seguito, quando la terrà sarà stata ripulita dal miglio, ci si pianteranno cereali, tra cui il frumento. E poi si passerà all’allevamento del bestiame. Non si tratta di fantascienza, ma del nuovo programma per la riabilitazione delle terre di Cernobyl. 

Il primo a dichiarare che i piani di riabilitazione della produzione agricola nella zona cominceranno a breve è stato il governatore della regione di Kiev Anatolij Prisjažnjuk: «Stiamo concludendo l’accordo con un investitore che si prenderà le terre più contaminate dall’avaria». L’Agenzia statale ucraina per la direzione della zona d’interdizione ha già sottoscritto un memorandum di collaborazione con l’impresa belga-ucraina Phyto Fuels Investments e con l’olandese Wageningen University and Reseach Center. Il comproprietario della prima assicura che il biocarburante coltivato a Cernobyl rimpiazzerà per l’Ucraina un miliardo di metri cubi di gas. E Nikolaj Proskura, vicecapo dell’Agenzia statale per la direzione della zona, ha dichiarato che, in primo luogo, con il miglio è facile, lo si semina una volta e lo si falcia per quindici anni. In secondo luogo, le spighe di tale pianta garantiscono la sicurezza antincendio della zona. In terzo luogo, Kiev avrà una fonte d’energia alternativa». Alla semina verrà destinata la metà dei 2.540 km² della zona.

Il governo ucraino è pronto a coltivare a Cernobyl sia miglio sia colza, l’importante è che se ne ricavino soldi. Adesso la zona è un territorio in perdita. Il costo della conservazione della centrale è di 1,5 miliardi di dollari. E dalla conferenza internazionale dell’aprile 2011 si è riusciti a raccoglierne solo 550 milioni di euro.

L’idea di vendere colza dalla zona di Cernobyl a Turchia, Pakistan ed Emirati arabi è sorta nel 2009 durante la crisi economica. Allora il Ministero delle emergenze d’Ucraina propose di tagliare i boschi radioattivi, decorticarli e venderli, e nelle terre liberatesi sviluppare una produzione agricola su vasta scala.

Nel 1990 la zona aveva già provato a diventare produttrice di merci per i luoghi non contaminati. In uno stagno contaminato di 600 ettari si cominciò ad allevarci il pesce, 300 km² di bosco vennero destinati al taglio, si riattivò un’azienda agricola nel villaggio di Kupovato all’interno della zona, si provò a reintrodurre negli spazi ucraini gli uri, scomparsi da tempo. E sia questi sia i pesci li si mandava poi a “terminare la crescita” nelle zone pulite. Ma quel pesce aveva dai 5 ai 40 mila becquerel per kg per una norma di 150. Inoltre nei dintorni della centrale si avviò una produzione di animali selvatici, si allevavano i visoni, che però perdevano il pelo. Sempre lì si provò a coltivare il frumento, ma a causa delle mutazioni se ne ricavò un suo antenato preistorico. Centinaia di ettari furono destinati alle patate, ma anch’esse avevano mutazioni. Allora nella zona vennero introdotti i cavalli di Przwalski dalla riserva protetta di Askanja-Nova. Si riteneva che avrebbero calpestato e logorato l’erba radioattiva, ripulendo la zona. L’erba e le piantagioni sperimentali i cavalli se le mangiarono, moltiplicandosi, e ora imperversano a mandrie per la zona, spaventando i locali abitanti abusivi.

I belgi già allora parteciparono a questi esperimenti a Cernobyl, che si dovette interrompere perché non c’erano più soldi. Ora la zona si sta trasformando in un oggetto turistico. Il ministero vi organizza delle visite a pagamento. In prospettiva si pensa alla trasformazione della zona in una Las Vegas ucraina e di trasferirci tutte le case da gioco del paese. L’Ucraina ha fatto propria e superato l’esperienza della Bielorussia, che ha concepito un programma di ritorno alla produzione agricola delle terre di Cernobyl entro il 2020. I primi germogli Kiev è intenzionata a vederli già nel 2012.

In seguito all’incidente di Cernobyl la fuoriuscita di radiazioni dalla centrale è stata di 50 milioni di curie, pari all’esplosione di 500 bombe atomiche. In Ucraina la nube radioattiva ha coperto 12 delle 25 regioni, circa 44 mila km², con più di tre milioni di abitanti. Per le conseguenze dell’irradiazione sono morte più di 300 mila persone.

PRO

Nikolaj Proskura, vicecapo dell’Agenzia statale per la direzione della zona:

«Gli esperimenti di coltivazione di diverse colture su questi territori hanno mostrato che si può seminare, ad esempio, la colza, trasformandola poi in carburante. Ci sono metodi di combustione delle biomasse che non inquinano l’aria. I radionuclidi rimangono nella cenere e possono finire nelle acque sotterranee. Per questo la cenere verrà cementificata e trasportata nei depositi speciali. Questa produzione non necessita di molto personale e permetterà alla zona d’interdizione di trasformarsi da territorio che spilla quattrini dal bilancio nazionale in territorio economicamente indipendente».

CONTRA

Dmitrij Grodzinskij, accademico dell’Accademia delle scienze d’Ucraina:

«Il ritorno alla vita dei territori contaminati è un’infatuazione sconsiderata. La zona è molto eterogenea per la contaminazione, in alcuni punti l’emissione è minima, in altri elevatissima. In quelle terre non bisogna coltivarci niente. Tanto più che durante i lavori agricoli si alza la polvere radioattiva. Io non capisco perché dobbiamo andare a dissodare quelle terre, quando siamo pieni di terre pulite infestate dalla malerba».

Data: 20.05.2011
Fonte: www.news.mail.ru
Traduzione: S.F.

IL NUOVO SARCOFAGO SOPRA IL QUARTO REATTORE DELLA CENTRALE DI CERNOBYL VERRÀ COSTRUITO NEL 2015


Lo ha dichiarato il presidente dell’ucraina Viktor Janukovič. […] Durante la conferenza dei paesi donatori tenutasi a Kiev nello scorso aprile, per i “progetti per Cernobyl” sono stati raccolti circa 550 milioni di euro. Il costo della costruzione del nuovo sarcofago sopra il reattore distrutto è di 990 milioni di euro. L’Ucraina ha in programma di trovare i mancanti 440 milioni. […]

Data: 20.05.2011
Fonte: www.vesti.ru
Traduzione: S.F.

27/07/11

CERNOBYL CON GLI OCCHI DEI TESTIMONI DOPO UN QUARTO DI SECOLO


Nei primi mesi successivi alla tragedia del 26 aprile 1986, alla rimozione delle conseguenze dell’incidente nucleare presero parte più di 300.000 persone da tutta l’URSS, tra cui 200.000 abitanti dell’allora Repubblica socialista sovietica russa.

Da tutte le regioni della Russia, e in particolar modo da quelle adiacenti al luogo dell’incidente, furono inviati d’urgenza quelli che potevano essere in qualche modo d’aiuto: scienziati, medici, minatori, trasportatori e molti altri. Dal Distretto della Russia centrale (le regioni della Russia europea) furono tra i primi a essere precettati. Sebbene in quegli anni si diceva che i liquidatori fossero esclusivamente volontari, in seguito si venne a sapere che moltissimi venivano gettati nella zona pericolosa con un ordine. Nel Distretto centrale non c’era neanche una regione i cui abitanti non avrebbero presero parte alla liquidazione delle conseguenze dell’infausta catastrofe.

Numero di persone che parteciparono alla liquidazione dell'avaria alla centrale di Cernobyl

Regione di Belgorod
circa 3.000
Regione di Brjansk
circa 3.000
Regione di Voronež
circa 3.500
Regione di Kaluga
circa 5.000
Regione di Kursk
circa 3.000
Regione di Lipeck
circa 1.700
Regione di Orël
circa 1.200
Regione di Rjazan’
circa 2.500
Regione di Smolensk
circa 3.000
Regione di Tver’
circa 3.300
Regione di Tula
circa 2.500
Regione di Jaroslavl’
circa 2.000


Oggi, a 25 anni dalla tragedia, moltissimi di coloro che parteciparono a quei gravosi e terribili avvenimenti non sono più tra i vivi. La maggior parte di loro sono morti a causa delle conseguenze dell’irradiazione, cioè per la “sindrome radioattiva”. E la maggioranza di quelli che oggi sono ancora vivi sono invalidi.

Passato un quarto di secolo, i liquidatori descrivono volentieri a tinte forti gli avvenimenti di quei giorni. Alcuni con sarcasmo per la sconfinata stupidità delle autorità e di tutto il regime di allora, mentre altri semplicemente con le lacrime agli occhi, ricordando la propria fatica eroica, i propri “colleghi di lavoro” e in generale tutti quelli a cui toccò portare la mortifera croce di Cernobyl. Si trovano anche di quelli che vogliono raccontare oggi alla gente le cose come stavano nella realtà, e non come le raccontavano alla radio e alla televisione, ad esempio di come i rilevatori che misuravano le radiazioni andassero fuori scala e smettessero di funzionare. Lavorare in quelle condizioni per la preservazione della vita e della salute degli abitanti del pianeta Terra fu una vera impresa. Tratteremo qui di due di tali imprese.

L’IMPRESA SCONOSCIUTA DEI MINATORI

Vladimir Naumov – presidente di “Sojuz Cernobyl” di Tula e del Soviet interregionale di “Sojuz Cernobyl” del Distretto della Russia centrale – racconta quello che dovettero sopportare e compiere coloro che erano capitati nel luogo della liquidazione dell’incidente alla centrale di Cernobyl nei primi giorni dopo lo scoppio del quarto reattore.

In “battaglia” vanno soltanto i migliori, selezionati dal Partito

– Avevo allora 30 anni, – ricorda Vladimir Nikolaevič. – Lavoravo in una delle miniere della regione di Tula. Non appena ebbe luogo l’incidente per la sua liquidazione cominciarono ad arruolare i minatori. Ci misero davanti un compito gravoso e importante del quale praticamente nessuno sapeva niente.

Comincio col dire che tra i minatori a Cernobyl andarono soltanto i migliori scavatori, volontari, che passarono una severa selezione del Partito comunista! Alla centrale nucleare ci portarono 18 giorni dopo lo scoppio del reattore.

Il giorno stesso dell’arrivo – subito un turno di lavoro. Ci venne dato il compito di aprire un tunnel sotterraneo di 150 metri dal terzo reattore fino al quarto saltato in aria. E dopo sotto lo stesso quarto reattore di “allestire”, scavare una sorta di cella della misura 30x30x30. In quello spazio si dovevano installare frigoriferi speciali. Era sottinteso che essi sarebbero serviti a raffreddare le sostanze venutesi a formare in seguito all’esplosione e a fermare almeno un po’ le emissioni radioattive.

Ci diedero una scadenza di tre mesi, ma noi terminammo tutto in meno di un mese. Come lavorassero i minatori a Cernobyl, lo mostravano anche agli altri, organizzavano delle visite. Ci si strappava le pale l’un l’altro! Arrivava il cambio, e quelli del turno precedente a dire: «È presto!». E quegli altri, a loro volta: «No, son già 2 minuti che è il nostro turno!». C’era entusiasmo a bizzeffe. Perché a quei tempi l’ideologia era sovietica, l’educazione era un’altra. «Chi altri se non noi?», era il celebre slogan di allora.

30 chilometri morti

Negli intervalli tra i turni Vladimir Nikolaevič riuscì alcune volte a venire all’esterno, sopra la terra, nella zona immediatamente più contaminata. Dal quadro di ciò che succedeva intorno alla centrale che Vladimir Naumov ci ha descritto a volte veniva la pelle d’oca:

– I miei ragazzi il reattore non lo videro manco una volta, in quanto lavoravano sottoterra, io invece ne ebbi l’occasione. Era del tutto inconsueto non vedere neanche un’anima viva nella zona dei 30 chilometri (è questa la zona speciale intorno al reattore esploso nella quale è proibito stare a causa dell’elevato livello delle radiazioni; vi lasciavano passare soltanto i liquidatori con speciali lasciapassare). E i villaggi in quei luoghi erano ricchi: case in mattone, fattorie. E non cerano persone! Non cera niente e nessuno! Le porte spalancate, in un campo c’era un trattore, lasciato lì di tutta fretta. Solamente i cani all’inizio correvano e guaivano, ma anche loro in seguito furono abbattuti tutti.

Una volta andammo a prendere il carburante per i mezzi di trasporto. Io non facevo molto caso alla strada, ma con noi c’era un dosimetrista. Faceva scattare il suo apparecchio dosimetrico, misurava di continuo le radiazioni. E a un certo punto… il suo apparecchio andò fuori scala. Io guardai fuori del finestrino – stavamo passando accanto al reattore saltato in aria. Tutto era rivoltato, un mucchio di gente stava lavorando lì intorno. A proposito, misuravano le radiazioni anche nel nostro tunnel, e là era più o meno tutto nella norma. Relativamente, s’intende, a confronto di quello che c’era all’esterno. La terra nonostante tutto proteggeva un po’, e sotto tutta la centrale c’era inoltre un’enorme lastra di cemento.

«Gli stacanovisti si riposano in confronto ai minatori di Cernobyl»…

Ritorniamo sotto terra.

Ci stabilirono turni di 3 ore! – con trasporto prosegue il minatore Vladimir Naumov. – In condizioni normali, non straordinarie, in 3 ore si fanno 80 cm di tunnel. A Cernobyl se ne facevano 2 metri, e tutto con puro entusiasmo. Stachanov si riposa in confronto a quei minatori. Sono fatti così i minatori, si capiscono l’un l’altro al volo. Così come i sommergibilisti sott’acqua, i paracadutisti nell’aria, anche i minatori sotto terra in condizioni fuori dal comune per l’uomo sono molto uniti.

Tre reparti eseguivano il compito. Per due settimane ciascuno. Il primo reparto scavò in pratica il tunnel, il secondo lo ultimò e cominciò a scavare la cella, mentre il terzo la terminò e aiutò a montare i frigoriferi. Quegli impianti sono rimasti fino a oggi – sopra il reattore il sarcofago di cemento, sotto il reattore la cella frigorifera.

Dunque, mentre scavavamo la cella, il terreno veniva portato fuori in un vagoncino (nel tunnel vennero subito messi dei binari). Il nostro vagoncino portava circa mezza tonnellata. Immaginatevi che durante tutto un turno si trasportavano 90 vagoncini, una volta si arrivò perfino al record di 96! E ora fate un po’ il conto – 3 ore sono 180 minuti. Vale a dire, 2 minuti per ogni passaggio. Cioè, per caricare mezza tonnellata, spingere sui binari il vagoncino per 150 metri, scaricarlo e rimandarlo indietro. E lo spingevano in due, però lo caricavano in cinque o sei, a mano, con le pale.

– Possibile che non ci fosse alcuna ricompensa materiale? Non vi pagavano per il vostro lavoro?

– Ci pagarono in seguito. All’inizio noi non sapevamo nemmeno che venissero date disposizioni segrete del CC del PCUS per una paga speciale per chi lavorava alla liquidazione. Venivano stabilite tre zone – più vicino si era al reattore, più elevata era la paga. Noi lavoravamo nell’ultima, la terza, la più pericolosa. Prendevamo uno stipendio quintuplo – 100 rubli per ogni turno. Tali disposizioni erano state date a molti ministeri. Ma non certo tutti le applicavano. Ad esempio, dicono, il Ministero della Difesa pagava i “partigiani” uno stipendio standard, come per delle normali esercitazioni militari.

Portammo a termine il nostro compito – e a casa. Si trattò in realtà di alcune settimane, ma la sensazione era come se avessimo passato là degli anni. Tuttora è tutto fresco nella memoria. E la primavera scorsa siamo persino tornati là. A ricordare, per così dire, a onorare la memoria dei defunti, a vedere quello che era cambiato.

E cosa è cambiato? Cosa c’è oggi a Cernobyl?

– Un territorio chiuso in cui non ci vive praticamente nessuno, soltanto gli “autoinsediatisi”. Anche se presso la centrale stessa ci stanno varie ditte. Ad esempio, si occupano dei metalli.

– E le radiazioni?

– Be’, nell’aria ora è tutto nella norma. Le radiazioni non sono più tanto terribili come quelle che penetrarono allora nel terreno. Ad esempio lo stronzio. Esso ha un periodo di dimezzamento fino a 1.000 anni. Se ne sta nella terra sulla quale cresce l’erba che mangiano gli animali locali. Quella terra, dicono gli scienziati, non va nemmeno sfiorata, altro che non utilizzarla per il cibo. E inoltre ci scorrono le acque sotterranee, le quali portano benissimo le radiazioni.

A proposito, alla lotta con queste acque sotterranee contaminatissime si potrebbe dedicarci un libro. Per giunta satirico, anche se l’umorismo qui ovviamente è del tutto fuori luogo. È sufficiente ascoltare il racconto di un altro nostro interlocutore, l’ufficiale della riserva Aleksandr Voevodskij. A Cernobyl lui era istruttore politico di compagnia del battaglione dei cosiddetti “partigiani”. Questi erano coloro che venivano richiamati nell’esercito più di una volta: alle esercitazioni, in guerra oppure, come allora, per la liquidazione delle conseguenze di un incidente di estrema gravità. Pure le loro azioni nella zona dei 30 chilometri furono un’impresa.

L’IMPRESA DI SISIFO DEI “PARTIGIANI”

– Nella “zona dei 30 chilometri”, – racconta Aleksandr Lavrent’evič, – noi eseguivamo un compito molto importante, come ci dissero, ma inutile, come poi risultò. Inutile perché mentre già lo eseguivamo ci dissero che l’avevamo iniziato per niente, e decisero di rinunciare ad andare avanti coi lavori. Una fatica di Sisifo, a suo modo.

Ecco, ci sono perfino delle testimonianze (apre un album consunto, e dunque caro al cuore). Ci assegnarono il compito di scavare il tracciato di una parete nel terreno intorno all’area di produzione e a tutte le strutture tecniche. 10 chilometri di perimetro intorno alla centrale nucleare. In parole povere, bisognava scavare una trincea di 90 cm di larghezza e 40-45 metri di profondità! Fino allo strato naturale di argilla. Dopodiché tale trincea sarebbe dovuta essere riempita di un impasto di argilla e acqua, l’acqua ne sarebbe uscita e si sarebbe ottenuta una parete d’argilla. In modo che, teoricamente, le acque sotterranee provenienti dalla centrale non penetrassero attraverso questa parete. Questo è ciò che ritennero allora gli scienziati. In pratica, ecco ciò che si ottenne.

Furono acquistate delle attrezzature molto care – delle macchine italiane dal costo, secondo i miei dati, di circa un milione e mezzo di dollari l’una. Ne vidi personalmente come minimo cinque. Si trattava di una sorta di gru, ma con un braccio telescopico di 100 metri. All’estremità c’era una benna. Noi a poco a poco stavamo penetrando nella terra a una profondità di 40 metri. Passo dopo passo, ma questa benna magica aveva un passo di poco più di un metro. Nell’arco di una giornata (giorno e notte) su di una macchina lavoravano quattro turni di sei ore. Ogni turno avanzava di due metri. Con un semplice calcolo si può calcolare che se in un giorno si facevano 8 metri per coprire la distanza di 10.000 metri ci sarebbero voluti 1.250 giorni d lavoro ininterrotto. Perfino facendo funzionare tutte le cinque macchine, cosa che succedeva piuttosto raramente a causa dei guasti e degli ostacoli nel terreno, per completare la trincea ci sarebbero voluti 250 giorni. E in quell’arco di tempo, naturalmente, le radiazioni sarebbero penetrate nelle acque sotterranee milioni di volte. Comunque, ce l’avevano ordinato, e noi eseguivamo. Ma poi, come al solito, non bastavano né il tempo, né le risorse. Piantammo lì tutto, dopo aver scavato circa due chilometri in tutto.

– Voi lavoravate all’aperto nelle immediate vicinanze del reattore, la fonte delle radiazioni. Vi davano degli indumenti speciali?

– Nel primo periodo (per circa un mese) ci davano delle tute speciali. Esse erano in tessuto di jeans e impregnate di una soluzione speciale. Se ci capitava sopra un elemento radioattivo, per esempio un pezzetto di fango in cui c’erano le radiazioni, il colore della tuta diventava giallo. Questi indumenti speciali dopo ciascun turno di lavoro venivano buttati via. Ma di tute, come sempre, ce n’era una quantità molto limitata. E già dopo un mese noi lavoravamo nella più consueta uniforme da soldato. Di queste, grazie a Dio, ce n’erano a sufficienza. Non appena cominciava a “risplendere”, la buttavamo (il livello di radiazioni delle uniformi veniva controllato ogni giorno. Quando arrivava a una determinata norma, si diceva che l’uniforme “risplendeva”).

E i dosimetri, a sentire Aleksandr Voevodskij, ne indicavano parecchie! Quando i “partigiani” lavoravano nella zona accanto al reattore, i dosimetri qualche volta indicavano 100 milliroentgen/h, ma arrivavano anche a 500 milliroentgen/h. Per informazione, questo è circa 10.000 volte maggiore della norma di fondo radioattivo stabilita per l’uomo. E nelle prime ore che seguirono all’esplosione, secondo i dati degli scienziati, dal reattore fuoriuscivano radiazioni per più di 5.000 roentgen/h. Si ricorda che a 200 roentgen/h si manifesta il primo livello di sindrome radioattiva.

In forza della sua mansione di “istruttore politico”, Aleksandr Lavrent’evič aveva una macchina fotografica. E ci ha mostrato alcuni scatti interessanti. Per la verità nella “zona dei 30 km” era categoricamente proibito fare fotografie. Testimoni raccontano che su questo vigilavano appositamente gli agenti del KGB. Questi ultimi venivano sostituiti tutti i mesi, a differenza dei liquidatori comuni che restavano a Cernobyl fino a che non avevano ricevuto una determinata norma di radiazioni. Convenzionalmente non pericolosa, come dicevano. Ciascuno per il controllo delle radiazioni aveva un dosimetro personale. Periodicamente li ritiravano e controllavano il livello di radiazioni a cui ciascuno era arrivato in quel momento. Tutti i dati venivano trascritti in un registro. Non appena veniva raggiunta la norma limite stabilita, il liquidatore veniva lasciato andare a casa. I primi mesi la norma era di 25 roentgen. E si tenga conto che per i lavoratori della centrale nucleare il livello limite ammesso era di 5 roentgen all’anno! In seguito la norma gradatamente venne abbassata a 15 roentgen. Alcuni questa norma la ricevevano in sei mesi, altri in mezzora. Il fatto è che tutto intorno emanava fondo radioattivo – piante, oggetti quotidiani, alberi, case. Della ripulitura delle ultime cose rimaste all’interno delle proprietà se ne occupavano sempre i “partigiani”. Loro stessi in quei casi si definivano scherzando “topi d’appartamento”. Ripulivano gli appartamenti di tutto quello che vi trovavano dentro, al 100%, lasciando solo le pareti nude. Tutti questi beni venivano trasportati in dei cimiteri speciali e poi interrati. Gli oggetti metallici e i mezzi di trasporto (le cose che attraevano più radiazioni) in primo luogo. Questi ultimi era assolutamente proibito portarli oltre i confini della “zona dei 30 chilometri”.

In seguito allo scoppio del reattore e alla conseguente fuoriuscita di radiazioni, secondo i calcoli degli scienziati 700 tonnellate di grafite radioattiva si era sparsa per il territorio della centrale nucleare di Cernobyl. Per il semplice fatto di trovarsi là, le persone s’irradiavano, senza neanche accorgersene. Infatti percepire le radiazioni senza dosimetro è impossibile. Le dosi eccessive hanno cominciato a farsi sentire in seguito, dopo mesi e anni, quando nell’organismo della maggior parte dei liquidatori di Cernobyl sono cominciate a comparire diverse disfunzioni. Alcune tra le più diffuse sono malattie oncologiche.

Data: 15.12.2010
Fonte: www.vtule.ru
Autore: Dmitrij Levin
Traduzione: S.F.


26/07/11

«CERNOBYL: CRONACA DI SETTIMANE DIFFICILI»


«Cernobyl: Cronaca di settimane difficili»
«ЧернобыльХроника трудных недель»

Ucrainochronika, 1986
Regista: Vladimir Ševčenko


Questo film è di particolare valore, tenendo conto del tempo e delle condizioni della sua creazione. Di fatto è uno dei primi film montati sulla base dei materiali girati nella zona della liquidazione dell’avaria. Il 14 maggio 1986 la troupe arrivò sul luogo dell’esplosione. I membri del gruppo trascorsero 100 giorni nella zona del’incidente ed effettuarono riprese nei luoghi più pericolosi, filmarono anche il quarto reattore dall’elicottero. Sui quadri della pellicola sovraesposta dalle radiazioni il regista ha messo come accompagnamento sonoro i colpi del contatore geiger.

Il regista e operatore del film è morto di sindrome radioattiva nel 1987.

SONO 4.000 I CENTRI ABITATI ANCORA CONTAMINATI IN SEGUITO A CERNOBYL


Il numero dei centri abitati russi contaminati dall’incidente di Cernobyl del 1986 negli ultimi 25 anni si è ridotto da 7.500 a 3.500 – comunica la direzione del Ministero delle emergenze della Russia.

«Dopo 25 anni, dei più di 7.500 centri abitati con una popolazione di circa 2,6 milioni venutisi a trovare a causa dell’incidente di Cernobyl nella zona di contaminazione radioattiva – grazie al decadimento naturale dei radionuclidi e alla messa in atto di misure di protezione e riabilitazione – oggi ne rimangono poco più di 4.000 con una popolazione di 1,5 milioni», ha riferito il portavoce del ministero. […]

Negli anni tra il 1994 e il 2010 nei territori contaminati sono stati installati circa 4 mila km di condotti del gas, circa 500 km di condotti idrici, costruiti più di 900 mila km quadrati di case per le persone trasferite e per gli abitanti delle zone contaminate, allestiti ospedali per più di 5 mila posti – ha aggiunto il portavoce. Egli ha inoltre sottolineato che una parte importante del programma è costituita dall’elaborazione e dalla messa in atto di un complesso di iniziative nella sfera della tutela della salute, colpita dagli effetti elle radiazioni, compreso il supporto medico specialistico.

Secondo i dati del Ministero delle emergenze, l’ammontare complessivo delle spese del bilancio federale per tali voci è stato di 10 miliardi di rubli (250 milioni di euro), tenendo conto della riduzione del valore nominale. A questa cifra vanno a sommarsi i contributi delle regioni della Federazione russa nella misura di 1,9 miliardi di rubli (47,5 milioni di euro). […]

Data: 21.04.2011
Fonte: www. eco.rian.ru
Traduzione: S.F.

25/07/11

LA MAGGIORANZA DEI RUSSI CONTRO LA RINUNCIA ALL’ENERGIA NUCLEARE

25 anni dopo la catastrofe di Cernobyl solamente un terzo dei russi si schiera per la rinuncia all’energia nucleare. Gli avversari dell’energia nucleare sono per lo più tra i giovani. In Germania alla chiusura delle centrali nucleari è favorevole la maggioranza dei cittadini. 

Il 43% dei russi ritiene l’energia nucleare pericolosa e soltanto il 36% è convinto che l’utilizzo dell’atomo pacifico non sia correlato all’innalzamento del rischio. Allo stesso tempo soltanto un terzo degli abitanti della Russia si dichiara favorevole alla chiusura delle centrali nucleari. Sono questi i risultati di un sondaggio di DW-Trend condotto per conto di Deutsche Welle nell’aprile 2011 dall’Istituto di analisi economica e politica WPA. Al sondaggio hanno preso parte 1.000 persone. 

Un cittadino russo su cinque non ha saputo cosa rispondere alla domanda se l’energia nucleare sia pericolosa o meno. Il 34% dei rispondenti ha dichiarato che dopo l’incidente di Fukushima il suo atteggiamento nei confronti dell’energia nucleare è cambiato. Metà di loro ritiene che dopo questa seconda in 25 anni catastrofe atomica bisognerebbe proibire le centrali nucleari dappertutto. Il restante 17% propone di riflettere sulla chiusura delle centrali nucleari per lo meno in Russia.

La maggior parte dei favorevoli alla rinuncia all’energia nucleare si trova tra i giovani: tale opinione è infatti sostenuta dal 39% dei russi in età tra i 18 e i 29 anni. Quasi la metà dei rappresentanti di questo gruppo d’età (il 47%) ritiene pericolosa l’energia nucleare. Mentre tra i rappresentanti della vecchia generazione – dai 50 ai 59 anni – tale opinione è sostenuta solo dal 41%. 


La fiducia nei confronti delle tecnologie nucleari russe

Il 44% dei rispondenti non ha cambiato il proprio atteggiamento nei confronti dell’energia nucleare in quanto ritiene che un incidente tipo quello di Fukushima difficilmente sarebbe potuto succedere in Russia. Nell’affidabilità degli impianti nucleari russi credono soprattutto i russi sopra i 50 anni (il 49%), meno di tutti i giovani (il 39%).

L’8% degli intervistati ha dichiarato che l’energia prodotta dalle centrali nucleari è più importante del potenziale pericolo di incidenti. In tal modo la percentuale degli oppositori alla rinuncia all’energia nucleare è nel suo insieme del 54%.

I risultati del sondaggio di DW-Trend dimostrano che né la catastrofe di Cernobyl né l’incidente a Fukushima hanno portato a una tale escalation di contrari all’energia nucleare in Russia come, ad esempio, in Germania. Ed è curioso che il numero di contrari alle centrali nucleari non ha superato quello dei favorevoli nemmeno nelle regioni occidentali della Russia, nonostante la grande vicinanza ai luoghi dell’ultima catastrofe nucleare. E dunque per la maggioranza dei russi (anche se non significativa) l’atomo pacifico continua a essere una forma di energia accettabile in un futuro visibile.

Data: 21.04.2011
Fonte: www.dw-world.de
Traduzione: S.F.

QUASI IL 70% DEGLI UCRAINI È CONTRO LA COSTRUZIONE DI NUOVI REATTORI NUCLEARI


Secondo il sondaggio del Centro Razumkov il 17,6% degli ucraini ritiene necessaria la costruzione di nuovi reattori nucleari in Ucraina, il 69,1% è contrario.


Un po’ meno dei due terzi (il 62,8%) degli intervistati esprimono preoccupazione riguardo al prolungamento della durata d’utilizzo dei reattori nucleari già in funzione in Ucraina. Allo stesso tempo però neanche l’incidente alla centrale giapponese di Fukushima ha indotto i cittadini a pensare di chiudere le centrali nucleari ucraine esistenti (opinione espressa solamente dal 10% degli interpellati).

La maggioranza degli intervistati ritiene le centrali nucleari ucraine abbastanza pericolose (39,4%) o molto pericolose (25,2%); del tutto sicure le ritiene soltanto l’1,3% del totale.

E sebbene la maggior parte degli interpellati (61,1%) ritenga che sia necessario migliorare i sistemi di sicurezza delle centrali nucleari ucraine, il 62,3% è tuttavia convinto dell’incapacità delle autorità di garantire provvedimenti efficaci per l’aumento della loro sicurezza.

Un terzo degli ucraini (33,7%) ritiene che l’ulteriore sviluppo dell’energia nucleare potrà garantire una notevole indipendenza energetica del paese. Di opinione contraria è il 40,4% degli intervistati.

Tra le fonti d’informazione sulla sicurezza nucleare più di tutti i cittadini hanno fiducia negli esperti professionali (28,3%), nella televisione (13,8%), nelle organizzazioni straniere e internazionali (12,6%), meno di tutti nel governo (2,1%) e nelle autorità locali (0,3%).

Data: 21.04.2011
Fonte: www.news.zn.ua
Traduzione: S.F.

22/07/11

L’AUTOTRENO A VEREŠČAKI


Il progetto sociale della regione di Brjansk – l’autotreno «Sanità e carità» – ha preso il via il 29 marzo 2011 nel villaggio di Vereščaki in provincia di Novozybkov. Il progetto è realizzato sotto l’egidia del partito “Edinaja Rossija” e prevede un chek-up medico e assistenza sociale per la popolazione rurale.

Accanto al FAP (punto medico) di Vereščaki c’è molta gente. La popolazione locale da una settimana è stata informata dell’arrivo dei medici di Brjansk, delle visite di endocrinologo, oftalmologo e ginecologo. Inoltre, c’è la possibilità di fare l’esame del sangue, di misurare le radiazioni, di effettuare l’ecografia tiroidea e la fluorografia.

Davanti all’entrata del FAP c’è l’apparecchiatura mobile per la fluorografia. L’analisi degli organi della cassa toracica è una procedura abituale, inclusa nel controllo medico previsto. E tuttavia non tutte le persone anziane sono in forze per andare fino a Novozybkov. «Per noi è comodo che siano venuti qui. La città è a 50 km, il viaggio è lungo, mentre qui ci visitano sul posto» – raccontano gli abitanti di Vereščaki. […]

L’assessore all’istruzione della provincia di Novozybkov, Julija Pušnaja, ha riferito che a Vereščaki vivono più di 700 persone: «Come nella maggior parte dei villaggi del paese si tratta per lo più di persone anziane. Ma affermare che qui la vita si sia fermata non si può. 90 scolari frequentano la scuola, 20 l’asilo, e ci sono ancora 30 piccoli sotto i tre anni. L’autotreno opererà per due giorni a Vereščaki, poi andrà a Katiči e via via negli altri villaggi. Gli abitanti dei villaggetti più piccoli li trasporteremo sul posto, cosicché la possibilità di fare un check-up ci sarà per tutta la popolazione della provincia».

Già nel primo giorno di lavoro i medici hanno fatto notare che ad alcuni pazienti sono state riscontrate patologie gravi: «Per loro è indispensabile un controllo più approfondito la Centro clinico-diagnostico di Brjansk» […]

La popolazione locale si è lamentata della mancanza di un cardiologo, di un senologo e di un neuropatologo. Secondo il direttore del Dipartimento regionale della sanità Vladimir Dorošenko, anche questi specialisti dovrebbero prendere parte all’autotreno “Sanità e carità”. Egli ha fatto inoltre notare che nelle province sud-occidentali c’è un elevato numero di casi di patologie oncologiche trascurate tra gli uomini: «Bisogna risolvere la questione delle visite urologiche, in quanto in questi territori l’80% dei pazienti si rivolge al medico già con malattie gravi».

«Questo è il primo autotreno di questo tipo, – fa notare Ekaterina Lachova, deputata della duma regionale – rileviamo i più e i meno. Certamente, servono locali più spaziosi, stiamo valutando la variante di far visitare le persone nella scuola o nella casa della cultura. Bisogna ampliare l’elenco degli specialisti, aggiungere il neuropatologo, lo stomatologo, il senologo e il cardiologo. E inoltre poter fare l’elettrocardiogramma, in modo che il medico sul posto possa analizzarlo e indicare le successive consultazioni […]».

Vladimir Dorošenko ha dichiarato che il progetto è rivolto in primo luogo a migliorare l’accesso ai servizi sanitari per le persone che vivono nella provincia più remota. Il progetto consta di quattro componenti: oltre a quella medica vi sono quella sociale, quella del fondo pensionistico e inoltre quella della ricerca di posti di lavoro per i disoccupati. Tutti coloro che lo desiderano possono accedere agli uffici itineranti in cui gli specialisti dell’assistenza sociale, del fondo pensioni e dell’ufficio di collocamento fanno consultazioni su tutte le domande a loro poste.

Data: 30.03.2011
Fonte: www. mayak.nvzb.ru
Traduzione: S.F.

LA DISGRAZIA HA UN QUARTO DI SECOLO


La catastrofe di Cernobyl investì con un’onda radioattiva non soltanto i centri abitati ucraini, ma anche la parte sud-occidentale della Russia. Novozybkov rientrò nel novero dei territori più contaminati e gli fu affibiato il terribile titolo di “capitale della Cernobyl russa”. Negli scorsi 25 anni di Novozybkov sono venuti a sapere non soltanto in Russia ma anche all’estero.

Nella città negli anni successivi all’incidente arrivarono i medici delle più importanti cliniche del paese e condussero delle ricerche specialisti di Francia, Italia, Spagna, Svezia e altri paesi. Cominciarono a invitare i nostri bambini all’estero per il risanamento, a portare aiuti umanitari (per la cura, il rifornimento di medicinali e attrezzature sanitarie, la costruzione e il rinnovo degli enti medici della città). Gli abitanti di Novozybkov hanno ricevuto i sussidi di Cernobyl e le compensazioni in denaro, per il cui diritto negli ultimi anni bisogna tuttavia lottare. Non è la prima volta infatti che girano voci insistenti sul fatto che potrebbero abrogare la “legislazione di Cernobyl”. Le autorità cittadine s’impegnano a fare in modo che Novozybkov non perda il suo status di “zona di trasferimento” e che i cittadini non vengano privati dei benefici. Ogni anno inviano delle lettere al Governo della Russia con la richiesta di prestare attenzione ai nostri problemi. A inizio 2011 i parlamentari locali hanno scritto una lettera al presidente Medvedev e al primo ministro Putin, senza per il momento aver ricevuto risposta.

Nel frattempo le conseguenze della catastrofe di Cernobyl si fanno sentire come in precedenza. Dai dati statistici del Centro d’igiene ed epidemiologia della regione di Brjansk nel 2010 sono stati esaminati nella regione 7025 campioni di concimi e prodotti alimentari relativamente agli indicatori di sicurezza radioattiva. In totale sono stati registrati 334 campioni (il 4,8%) con valori che superano le norme sanitarie vigenti, tra cui campioni di latte e latticini, carne, verdure, cocomeri, bacche d bosco, pesce ecc. Dai risultati del monitoraggio è risultato che il contenuto di cesio-137 in funghi e frutti di bosco nelle province sud-occidentali supera i valori normativi di decine e centinaia di volte.

Dai risultati del monitoraggio gli specialisti traggono la conclusione che la situazione radioattiva nel territorio della regione d Brjansk si va stabilizzando. Tuttavia essa rimane sempre grave nelle province sud-occidentali della regione. Problematici rimangono il latte prodotto nelle conduzioni private e i prodotti del bosco (funghi, bacche). Il loro consumo fa alzare le dosi d’irradiazione interna degli abitanti residenti in quei territori. L’apporto della componente di Cernobyl nella dose d’irradiazione collettiva totale della popolazione della regione è del 9,1%, mentre per gli abitanti delle province sud-occidentali è decisamente superiore e arriva quasi al 33%. Tutto questo non può non avere ricadute sulla salute della popolazione. Si rileva un aumento dei casi di malattia legati a tiroide, sangue, cuore, vasi ecc. E questi sono solo alcuni dati del suddetto monitoraggio.

La dose d’irradiazione sull’organismo delle persone residenti nei territori contaminati può venire abbassata alla condizione di mettere in atto alcune iniziative precauzionali. Le province contaminate necessitano di un’ulteriore riabilitazione tramite il rifornimento in quantità sufficiente a imprese agricole e conduzioni private di concimi minerali e radioprotettori per la riduzione del livello di radioattività nella produzione alimentare locale. Oggi le aziende non hanno abbastanza soldi per mettere in atto le procedure necessarie, per questo serve un sostegno, in primo luogo dello stato. Inoltre, è indispensabile continuare a svolgere il monitoraggio igienico-radiologico dell’ambiente e della produzione alimentare locale. Con la cessazione delle iniziative di “Controllo radioattivo nei territori contaminati” del programma federale “Superamento delle conseguenze degli incidenti radioattivi per il periodo fino al 2010” sono sorte gravi difficoltà nell’attuare tali provvedimenti di protezione radiologica. La gente, detta francamente, non conosce il reale quadro delle cose. E una maggiore informazione, sono convinti gli specialisti, permetterebbe di ridurre la tensione psicologica tra la popolazione e contribuirebbe alla messa in atto delle misure di protezione da parte degli abitanti stessi.

Data: 20.04.2011
Fonte: www.novozybkov.bnews32.ru
Traduzione: S.F.

20/07/11

SEMPRE PIÙ BAMBINI DELLE PROVINCE CONTAMINATE DELLA REGIONE DI BRJANSK NECESSITANO DI CURE CARDIOLOGICHE

Durante gli anni trascorsi dall’incidente di Cernobyl i medici sono riusciti a studiare dettagliatamente l’effetto di piccole dosi di radiazioni sulla tiroide. Mentre le conseguenze causate dalle radiazioni sul sistema cardiovascolare dei bambini gli specialisti del Centro clinico-diagnostico di Brjansk – in collaborazione con gli studiosi francesi dell’IRSN – hanno cominciato a studiarle solo tre anni fa.

Nell’ambito del progetto russo-francese sono stati visitati i bambini delle province sud-occidentali della regione, quelle più colpite dall’incidente di Cernobyl.

«Dai primi risultati del lavoro a Novozybkov, Zlynka, Krasnaja Gora e Gordeevka è stato rilevato un gran numero di bambini che necessitano di cure cardiologiche» – ha dichiarato il direttore del Dipartimento alla sanità della regione di Brjansk Vladimir Dorošenko.

Di recente i medici del Centro clinico-diagnostico hanno proseguito il lavoro del progetto nelle province di Žukovka e Žirjatino. In quella di Žukovka sono stati visitati 3.500 bambini di diverse età. In totale, nel corso del progetto assieme ai francesi, i medici hanno visitato circa 9.000 pazienti. Sul posto sono stati distinti i gruppi di malati con una patologia diagnosticata per la prima volta, tra cui 60 bambini con vizi cardiaci di diverso tipo. Cinque di loro sono stati mandati al Centro di cardiochirurgia di Mosca per essere operati. Quasi 100 bambini sono rientrati nel gruppo con disturbi complessi del ritmo cardiaco. Parte di loro è stata mandata al Centro scientifico federale pediatrico per i disturbi del ritmo cardiaco. […]

Data: 18.05.2011
Fonte: www.bnews32.ru
Traduzione: S.F.