Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

28/05/13

VIAGGIO IN RUSSIA, MAGGIO 2013 - RACCONTO



VIAGGIO IN RUSSIA
7-15 maggio 2013

Delegazione con delegato unico.

Obiettivi di base:

1) RADIMICI. Conoscere in modo più approfondito l’organizzazione di Novozybkov; valutare insieme i progetti in corso; mettere le basi per una collaborazione più organica per il futuro; svolgere insieme l’iniziativa Puliamo il Mondo di Legambiente.
2) VIBURNO ROSSO. Incontrare a Vyshkov il gruppo musicale per settembre 2013 e monitorarne gli aspetti organizzativi; conoscere gruppi folkloristici della provincia di Novozybkov.

7 maggio
(Malpensa-Vienna-Mosca)

Giornata di viaggio, dalle 4 del mattino: Stresa-Somma Lombardo (P), Malpensa, Vienna, Mosca Domodedovo, Aeroexpress, stazione Paveleckij, Metro di Mosca (con valigia 27 kg e zaino da 10 strapieni di materiale giallo di Puliamo il mondo… scale e sottopassaggi incredibilmente lunghi), stazione di Kiev.

Prima del treno, pensavo di avere qualche ora per girare per Mosca, ma brucio quasi tutto il tempo tra deposito bagagli, cambio del biglietto elettronico («È sempre meglio cambiarlo in biglietto tradizionale» «Ma c’è scritto che si può salire con il tagliando elettronico…» «Sì, ma siamo in Russia, capita che non fanno salire se al capo vagone gira male»). Intorno a Kievskij vokzal (da dove partono i treni per la regione di Brjansk e per Kiev) è sempre molto affollato, un brulicare di gente di ogni nazionalità ex sovietica che parlotta, contratta, offre qualcosa: kebab e lavash, sim-card di innumerevoli compagnie, fiori, passaggi, camere in affitto… Unico cambiamento evidente: non trovo un solo chiosco che vende birra; di solito in Russia sono dappertutto, dev’esserci stato qualche decreto nella capitale. Poco male, oltre il ponte della Moscova c’è un supermarket.

Alle 7 di sera salgo sul treno Moskva-Klimovo, soprannominato «Pjanyj poezd» (il Treno ubriaco). In Russia ci sono varie categorie di treni, più o meno di classe: dal soprannome si capisce a quale classe appartenga quello che giornalmente va nella regione di Brjansk…

Tanto per non smentire la fama, un paio di scompartimenti (aperti) dopo il mio, una signora di mezza età inizia a dare “skandal”, strillando, in una sbornia allegra, un monologo sulla bellezza nel mondo e tormentando un imbarazzatissimo ragazzo lì accanto finito in scompartimento con tre ragazze («Ah, che fortunello, sarà la notte più bella della tua vita», «simili bellezze non ti capiteranno mai più», «Ma guardate in Russia quanta bellezza!» «Ah, se mi aveste conosciuta da giovane!» ecc.). Ogni tanto, per carburare, dal suo borsone da mercato tira fuori di soppiatto (sarebbe vietato…) una bottiglia di vodka e ne trangugia una sorsata. I viaggiatori per lo più se la ghignano divertiti… a un certo punto la signora Ljuba inizia a prepararsi il letto, e tutti pensano, ok, è cotta, avrà finito… Invece, predisposte le lenzuola, dalla borsa estrae un cagnolino, lo adagia nella cuccetta, gli rimbocca le lenzuola, «Dormi, tesoro!», e riattacca… «Sì sì, ne hai ben tre! A me nella vita capita sempre tutto col 3!: ho avuto 3 mariti, 9 figli, ho costruito 3 case, ho 3 cani e 3 gatti…». Verso le 23 si spengono le luci nel vagone “ubriaco” e tutto evapora e si assopisce…

8 maggio
(Novozybkov)

Alle 7 del mattino mi viene a recuperare Marija, la nostra referente, alla stazione di Novozybkov – casualmente sullo stesso treno è tornato a casa anche suo figlio che studia a Mosca – e mi alloggia in un appartamento proprio lì vicino, in via della Stazione 44. Ristrutturato all’europea, è lasciato libero da una conoscente che da tempo si è trasferita a Mosca. Poi Marija scappa verso i suoi innumerevoli impegni.

Alle 10.30 ho appuntamento all’organizzazione “Radimici per i bambini di Cernobyl”, dove trascorrerò l’intera giornata, sballottato tra vari collaboratori e settori (quest’anno ho l’occasione di visitare tutto in modo più approfondito, l’anno scorso avevamo fatto tutto il giro in un’ora, confusi da una marea di informazioni).

Vado a piedi, con le due borse da spesa di Legambiente piene del materiale per Puliamo il Mondo. È mattino, ma ci saranno già 25 gradi. Per tutta la settimana reggerà una temperatura da inizio estate, una liberazione dopo un mese ininterrotto di pioggia nel Verbano.

Il primo incontro è con Andrej e Pavel, rispettivamente presidente e fondatore di Radimici. Ci scambiamo alcune informazioni organizzative sui programmi in corso e ci diciamo reciprocamente soddisfatti dei primi passi intrapresi quest’anno per una collaborazione di prospettiva (scambio di studenti-volontari, risanamento a Novokemp, lavoro con Infocentro ecc.).

Parliamo delle difficoltà reciproche nel portare avanti i progetti e di reperire i fondi necessari. La situazione in Russia da quest’anno è assai più complicata per le organizzazioni indipendenti come Radimici a causa delle nuove leggi governative atte a controllarle e a limitarne il raggio d’azione. Qualsiasi associazione che collabori con l’estero è vista infatti come “agente straniero”, sottoposta a continui controlli e verifiche (e più funziona bene più diventa avversa alle autorità) e ha molte meno possibilità di accedere ai fondi delle amministrazioni provinciali, regionali ecc. Di recente a Radimici è stato fatto sapere dalla Regione di essere un’organizzazione “non utile” e quindi di non poter accedere a bandi di finanziamento. Tenendo conto che in parte Radimici vive anche su questo, cioè su convenzioni per servizi sociali svolti a favore della popolazione, la situazione non è rosea, e nel 2013 sono stati costretti a diminuire l’organico di due unità.

Incontro al Centro informazioni su Cernobyl. Ekaterina, oltre a occuparsi del centro, fa anche tante altre cose a Radimici: organizzatrice, educatrice, animatrice, segretaria, bandi europei ecc. È molto brava. All’inizio mi fa visitare il Centro, che non è grande ma c’è tanto materiale. Sono due sale utilizzate anche come uffici dei diversi settori. Alle pareti ci sono delle mostre fotografiche su Cernobyl e su Fukushima. In giro dei pannelli esplicativi sulle collaborazioni con i partner. Negli armadi una nutrita biblioteca di pubblicazioni e articoli accumulati negli anni. La parte più interessante, a mio avviso, è l’angolo delle informazioni, un tavolo su cui si trovano varie brochure e fogli informativi, semplici e chiari, per la popolazione: dalle conseguenze di Cernobyl alla radioprotezione al modo di trattare i prodotti alimentari e in generale su come vivere in zona contaminata. Anche guardando il materiale di Radimici, mi son fatto l’idea che a Novozybkov il problema non sia tanto la mancanza di informazioni quanto probabilmente la loro diffusione, perché sicuramente solo una piccola parte della popolazione s’impegna a cercarla. (Secondo me è un discorso da sviluppare con loro, ad esempio per diffondere il materiale informativo nei villaggi, dove la gente “mangia” più radiazioni e ha meno accesso alle informazioni).

Un importante programma svolto è quello con le scolaresche cittadine, alle quali vengono proposte visite guidate al Centro informazioni con parte teorica, consultazione dei materiali, parte ludica e proiezioni di appositi DVD su Cernobyl per bambini: “Sherlock Holmes, il caso delle radiazioni” ecc. (Me li son fatti duplicare, chissà che possa essere interessante proporli anche nelle scuole italiane).

Con il Centro informazioni collaboriamo ormai da più di un anno, con scambi di materiali sulla “Memoria di Cernobyl” e sulle conseguenze della catastrofe. C’è l’idea di fare un museo Internet virtuale, mettendo insieme il materiale che già pubblichiamo sui rispettivi siti. Si potrebbero fare tante cose insieme in questo settore, il problema qui sono il tempo e i costi del tempo lavorativo, perché ricerche di materiali, redazioni, traduzioni, pubblicazioni, allestimenti ne portano via tantissimo. Si fa quel che si può. Comunque, chiedendo a Ekaterina con che cosa in concreto potremmo supportarli, mi risponde: con materiali stampati facilmente consultabili, libri su Cernobyl, materiale della vostra associazione, mostre fotografiche o anche dei pannelli sulle fonti alternative e altri argomenti ecologici.

Rivisito due settori importanti dell’associazione: il gabinetto per il check-up della tiroide (servizio gratuito per la cittadinanza in aggiunta a quello dell’ospedale) e il Centro per la cura e la riabilitazione della Paralisi cerebrale infantile, sviluppato a tal punto che famiglie da tutta la Russia portano i loro bambini a curarsi fino a Novozybkov. Non mi dilungo perché qui al momento non abbiamo collaborazioni in corso. Mi hanno comunque scaricato nella chiavetta dei file con dei dati. Quello che più necessita per Radimici (oltre ovviamente a fondi per sostenere i programmi) sono incontri con specialisti stranieri per un confronto e uno scambio sui metodi di cura, per migliorare il servizio offerto. Un ottimo lavoro è stato fatto con i partner tedeschi di Pro-Ost con il Centro di cura per la paralisi cerebrale, diventato appunto uno dei centri all’avanguardia in Russia. Accanto alla sede hanno anche una casa dove ospitano gratuitamente le famiglie dei bambini malati che vengono da lontano durante il periodo della riabilitazione.

Passiamo a visitare la Scuola per bambini e ragazzi diversamente abili, il bel programma di Radimici che permette ai ragazzi con disabilità di vario genere di frequentare una scuola e di non restare sempre a casa (non essendo previsto in Russia l’inserimento nelle scuole normali). Purtroppo, se prima la scuola funzionava per cinque giorni alla settimana, ora ne funziona solo uno o due; questo a causa della mancanza dei fondi necessari a pagare gli educatori e le spese di trasporto per i ragazzi (che vanno ogni giorni prelevati e riportati a casa). Per mantenere la scuola a pieno regime servirebbero circa 20.000 € all’anno. Ora la conducono gli educatori che già lavorano a Radimici anche in altri settori. Al venerdì è la stessa Ekaterina che si occupa dei ragazzi disabili.

Incontro Irina, la responsabile organizzativa di Novokemp (il campo-sanatorio estivo di Radimici), per parlare dei dettagli organizzativi (documenti, inviti, visti, tempistiche, arrivi e partenze) dei viaggi degli studenti italiani a Novokemp e dell’accoglienza in agosto di 5 bambini del villaggio di Dobrodeevka. Poi il 14 maggio andremo a visitare il campo. Anche a Radimici sono molto contenti dello sviluppo nel programma di scambi e di poter ospitare quest’estate ben otto studenti di russo della Statale di Milano (per lo più del corso in mediazione linguistica e culturale della sede di Sesto), 4 in luglio e 4 in agosto. Proprio mentre sono a Radimici mi scrive una studentessa rumena interessata a Novokemp. Bene, allarghiamo il giro delle nazioni coinvolte.

Per l’altra parte del programma di scambi di giovani, incontro Masha e Anatolij, i due ragazzi di Radimici che parteciperanno in luglio al campo di volontariato di Legambiente a Baveno. Il rapporto di simpatia è immediato. Masha fa la volontaria a Radimici fin da quando era bambina, ha molta esperienza nelle attività con i bambini e di sostegno, avendo lei stessa un fratello con handicap; ora vive tra Novozybkov e Mosca, dove frequenta l’università a distanza. Anatolij lavora come assistente al Centro di riabilitazione per la paralisi cerebrale. Inutile dirlo, sono molto contenti e motivati a partecipare al nostro campo.

I due ragazzi sono stati incaricati di occuparsi dell’organizzazione di “Puliamo il mondo”, in collaborazione tra Legambiente e Radimici, di domenica 12 maggio a Novozybkov. Insieme a loro e a Ekaterina ci mettiamo a preparare il materiale, a incollare gli adesivi di Radimici sulle divise di Legambiente e a fare il programma con le tempistiche dell’iniziativa.

Dopo una sola giornata trascorsa a Radimici, ho come la sensazione di lavorare nel mio ufficio e di conoscere da tanto “colleghi” in realtà appena conosciuti. È un po’ una loro caratteristica quella di fare sentire a proprio agio, come a casa, le persone con cui collaborano o che vengono a trovarli. In generale, sia l’atmosfera che i rapporti tra le persone sono molto rilassati.

Riesco a sfuggire per un’oretta per incontrarmi con Marija per puntualizzare il programma dei giorni successivi, quello ad di fuori di Radimici. Mi concedo una birretta russa in un nuovo locale di Novozybkov (ne stanno spuntando come funghi). Parliamo anche della selezione dei bambini per il sanatorio Dubrava, della preparazione delle schede.

A cena sono invitato dall’équipe di Radimici a casa di Ol’ga e Viola, altre due collaboratrici. Il cibo russo è buono: insalate, patate, pollo, aringhe ecc; vodka c’è ma moderata, meno male… Con Pavel, Andrej, Ekaterina e gli altri parliamo di tante cose, idee, riflessioni, problemi, ma inizio a connettere sempre di meno a causa della stanchezza accumulata.


9 maggio
(Novozybkov-Gomel’-Novozybkov)

9 Maggio. Il Giorno della Vittoria. Un 25 aprile molto più in grande, molto più patriottico e celebrativo. Forse è la Festa maggiore nella Russia attuale, perché la Vittoria sul nazismo è ancor oggi l’avvenimento storico di unità nazionale più sentito. È una festa retorica (anche perché ovviamente le autorità la strumentalizzano) ma autentica, sentita dal popolo.

Io però approfittando del giorno di festa (in cui è impossibile fare qualcosa di operativo, anche per i fiumi di vodka che scorrono…) me la svigno in Bielorussia, a fare un giro per Gomel’ e a trovare alcuni amici bielorussi, ex bambini ritrovati dopo anni in Internet. 

Arrivo a Gomel’ sul presto con il pullman da Novozybkov; c’è tempo fino al primo appuntamento, decido di andare a piedi dalla stazione fino in periferia, quasi due ore di cammino. La giornata è bella, l’atmosfera per le strade è di festa, la gente man mano esce in strada avviandosi verso il centro dove si terranno comizi e spettacoli. Gruppi di scolaresche girano già con striscioni, dappertutto allestiscono chioschi all’aperto con birra e shashlyki.

I ragazzi di Cecersk che hanno proseguito gli studi per lo più abitano ora a Gomel, quasi nessuno a Minsk. Altri invece lavorano e hanno messo su famiglia, sempre nel capoluogo regionale. Natasha abita in un palazzone di periferia con il figlioletto Vladik e il marito Roman. Non ci vediamo da almeno 10 anni, ma quando mi apre il suo sorriso e il suo sguardo intelligente sono gli stessi di quando aveva 11 anni. Vedo subito che aspetta un altro bambino. Natasha viene da una famiglia a dir poco disastrata di un villaggio. (Il padre, un uomo peraltro simpatico, entrava e usciva di galera: una volta in 4 rubarono 10 oche al kolchoz, si presero 2 anni e mezzo a testa; un’oca un anno, il conto è semplice…). Sono contento che ora stia riuscendo a costruirsi una sua vita: oltre ai figli, sta finendo la facoltà di matematica ed è ottimista per il futuro. Roman è un giovane musicista, guadagna qua e là tra composizioni ed esibizioni, sa suonare ben nove strumenti. Durante il banchetto di rito, si esibisce con il bajan in un paio di canzoni dedicate a Natasha, mi sembrano bellissime…

Poi vado al mercato “Selmash”, dove dopo un po’ di ricerche tra le bancarelle trovo Julija. Insieme al fidanzato – in eterna crisi – gestiscono un chiosco di bigiotteria cinese. Anche lei viene da Cecersk. Ha ancora le prospettive un po’ incerte.

Poi mi mettono su un autobus e arrivo al parco di Gomel’, bello come sempre e pieno di gente che si rilassa dopo le celebrazioni del Giorno della Vittoria. M’incontro con Vika, poi arrivano sua sorella Masha con famiglia. Vika non è una che ti dimentichi. Fin da piccola, carattere deciso e senso dell’umorismo. A 9 anni, a causa di un taglio di capelli di qualche centimetro troppo lungo («Non ci eravamo capiti con la lingua»), offesa, prese su lo zainetto e, dalla casa della famiglia italiana che la ospitava a Pessano, si avviò a piedi verso Cecersk («Io torno a casa!»). Ora è sposata, lavora e studia ingegneria. «Vika, come vanno gli studi?» «Benissimo, l’anno prossimo finisco ingegneria a pieni voti, ma non ho nessuna intenzione di fare l’ingegnere. Poi apro un salone di bellezza!». Che altro? «L’anno scorso ho presentato in tribunale domanda di divorzio». «Perché?!...» «Per una discussione sullo scongelamento della carne». «Ma poi?...» «Poi l’ho perdonato, ma la domanda la feci davvero, ero furente». Verso sera mi accompagnano in macchina in stazione. Guardando la gente per strada alla fine del giorno di festa, Vika riflette: «Strano, quest’anno camminano quasi tutti diritto. Avranno finito i soldi per la vodka con il 1° maggio e la Pasqua…». Poi «Tanto non troverai mai un biglietto sul treno serale, oggi è il 9 maggio, viaggiano tutti, figurati! Bisognerà cercare qualche taxista…». Trovo il biglietto e salgo su un vagone praticamente vuoto!... «Mi raccomando la ricetta del risotto giallo!...».

Torno a Novozybkov sul Brest-Moskva. Lunga sosta vicino alla frontiera, alla stazione di Vyshkov (dove devo tornare l’indomani mattina…), in realtà è la stazione di Zlynka ma si trova a Vyshkov… Apro la mia birra bielorussa, ma arriva la capo vagone, gentile ma decisa: «Questa non si può.» «Ma come?...» (la birra è uno dei miti legati ai viaggi in treno in Russia…). «Nuove disposizioni». Poi, vedendo lo straniero disorientato: «Va be’, per questa volta passi.» (come se ogni giorno viaggiassi su quella tratta…).

Un minuto prima di prendere sonno, sms di Marija: «Scusa, domani non posso venire con la macchina. L’autobus per Dobrodeevka è alle 8. Ivan ti aspetta alla prima fermata di Vyshkov». Neanche domani si dorme…


10 maggio
(Novozybkov-Vyshkov-Dobrodeevka-Novozybkov)

L’autobus per Dobrodeevka è uno di quei pezzi di antiquariato sovietici, commoventi nella loro rusticità, rimasti a battere le tratte più improbabili, verso i villaggi più lontani e malmessi. Zero ammortizzatori, tanti sobbalzi, scarichi all’interno, sedili mezzi sfasciati, ma una vitale sensazione di realtà. A un certo punto entra un calabrone che inizia a ronzare tra le teste dei pochi viaggiatori. L’unico che s’inquieta sono io. Una ragazza leopardata e tacchi alti, aspetto più moscovita che non di provincia, con tranquillità acchiappa la bestia con la mano, apre il finestrino e la butta fuori.

Ivan mi raccoglie a Vyshkov come previsto e mi porta a fare colazione nella sua nuova casetta (assegnatagli dallo stato come giovane insegnante) che sta ristrutturando. C’è tempo prima dell’incontro alla Casa della Cultura. Decidiamo, per la mia gioia, di fare tutti gli spostamenti della giornata in bicicletta. È bellissimo andare in giro per le vie di Vyshkov con clima primaverile e giardini in fiore.

Giungiamo alla Casa della Cultura, dove ci aspetta l’incontro con il gruppo che verrà in Italia a settembre per il progetto musicale del “Viburno Rosso”. Aleksandr, il nostro maestro fisarmonicista, si presenta rombando con la sua moto russa, nuova o rimessa a lucido. Visitiamo la Casa della cultura ristrutturata, sede anche della Scuola di musica e del gruppo folkloristico di canto. Arrivano bambini e genitori, sia di quest’anno che dello scorso (chissà perché?...). L’incontro è un po’ disorganizzato e improvvisato (siamo in provincia di Zlynka d’altronde), si mettono a discutere tra di loro su documenti e questioni organizzative, qualcuno si accende… comunque in qualche modo riusciamo a dare le informazioni fondamentali per il viaggio di settembre. I genitori sono un po’ preoccupati, le ragazzine neanche un po’, a prima vista sembrano più vivaci di quelle dello scorso anno. Il maestro Aleksandr se la tira un po’, a noi sembra un po’ malmesso, ma probabilmente al suo villaggio fa la sua bella figura. Assomiglia troppo a un attore sovietico degli anni sessanta…

Dopo un giro per il villaggio con i bambini del Viburno 2012 (sono un po’ cresciuti, ma è come averli visti ieri, ormai con la possibilità di rimanere in contatto con Internet non ci sono più gli incontri emotivi di una volta), viene allestito un pranzetto alla Casa della Cultura. I pentoloni del cibo, con borsch e patate, andiamo a prenderli in bicicletta a casa della signora Galina. A mangiare rimangono Ivan, Aleksandr e Marina, la coreografa-cantante del gruppo. Parlato un po’ degli aspetti organizzativi e musicali del progetto (trasporto bajan, programma ecc.), mi confessano che a Vyshkov sono un po’ provati dopo la festa della Vittoria del giorno prima, andata avanti alla Casa della Cultura fino alle due di notte in modo un po’ esagitato. È anche dovuta intervenire la polizia per calmare gli animi… Marina, che doveva cantare alcune canzoni su Cernobyl, non ha più voce e non c’è modo di convincerla… Dopo un paio di bicchierini di “Sibirjak”, Aleksandr da solo esegue un paio di pezzi.

Con Ivan ci spostiamo a Dobrodeevka, a circa 5 km. Oggi è giorno festivo, a scuola arriva un po’ chi vuole, comunque abbastanza gente per la tradizionale foto di gruppo con “italiani” davanti all’entrata (bisognerebbe fare un album con le foto di tutti gli anni). Degli insegnanti c’è solo Ivan. Mi fa fare per l’ennesima volta il giro della scuola. Qualche miglioria c’è: un gabinetto all’interno dell’edificio, ad esempio. L’amministrazione ha fornito qualche attrezzatura nuova alla scuola: un portatile e un impianto stereo: esattamente dei doppioni di quello che avevamo regalato noi lo scorso anno!... Tutto fatto senz’alcun criterio…

Arriva Marija con la sua Matiz rossa. Arriva poi Lena che ci porta di forza nella sua casetta azzurra ai limiti del bosco per un “aperitivo”. Boccia di samogon e cetrioli sul tavolo, da una settimana sono suoi ospiti degli amici d’infanzia venuti da Soci, ormai un po’ provati… Per fortuna c’è poco tempo e riusciamo a limitare le conseguenze prima di andare alla banja. Perché a casa di Lena vige sempre un caos emozionale di difficile controllo.

Dobrodeevka in generale è imprevedibile, non si sa mai cosa può succedere. Lo scorso anno finì con una nostra volontaria morsa da un cavallo… A proposito, il padrone del cavallo, che avevamo visto malmesso lo scorso anno, è morto quest’inverno, sparito da casa e trovato impiccato nel bosco (non si sa se per mano sua o di altri e per quali torbide circostanze).

Ivan ha organizzato una banja (la sauna russa) a casa dei Filippenko, famiglia con otto figli maschi di tutte le età. Sorpresa: hanno costruito e aperto al pubblico una nuova banja a due piani con piscinetta e sala biliardo, tutta intagliata in legno. Vasja, il padre di famiglia, alterna periodi da falegname provetto ad altri in cui si perde nell’alcol e sparisce. È un personaggio incredibile: ci accoglie sorridente e in mutande, panza fuori, ci mostra orgoglioso l’officina con le sue creazioni, tra cui un’ordinazione di cabine-cesso da giardino in serie. Sulla porta un’effige intagliata di Stalin.

Torniamo a Novozybkov con Marija e andiamo a “Pizza Shljapa”, uno dei nuovi fast-food aperti nella cittadina. La pizza è proprio di basso livello. Avevamo un mezzo appuntamento con Andrej, l’autista delle nostre delegazioni, ma telefona a Marija dicendo che si scusa ma che deve assolutamente “andare ad aiutare una donna sola… non che io lo volessi”. Dopo mezz’ora però appare al ristorante in pantaloncini e pantofole, di ottimo umore… «È stato un aiuto veloce». Poi ci mostra il suo nuovo pulmino da 20 posti. (ma dove li avrà trovati i soldi?, lui che lavora giornalmente sulla tratta dei maršrutki (pulmini sostitutivi) Zlynka-Brjansk…).


11 maggio
(Novozybkov-Vereschaki-Novye Bobovici-Shelomy-Chaleevici-Novozybkov)

Oggi è la giornata dedicata ai gruppi folkloristici nei villaggi della provincia di Novozybkov, per valutare un po’ le possibilità di collaborazioni future per il progetto musicale del Viburno rosso.

Prima di partire, ho un’ora di tempo per andare al mercato di Novozybkov, oasi interessante e colorita di Russia provinciale e dove si trova un po’ di tutto. Acquisto libri per bambini e cartoni animati russi, asciugamani di lino bielorussi, spezie tagike e sementi varie. Stavolta ho poi la fissa di tornare con una betulla da mettere in giardino a Stresa. Nella strada del mercato c’è un tizio che vende piante più o meno grandi. «Ha una betulla?» «Cos’è?» «Come cos’è… La betulla… l’albero…»; pausa d’incredulità, poi: «Vai nel bosco e prenditela». (Ivan poi mi scrive divertito, dopo che gli racconto l’episodio: «A nessuno in Russia verrebbe mai in mente di vendere una betulla! Figurarsi poi di comprarla!»).

Arriva Marija con la sua Matiz. Passiamo a Shelomy a prendere Anna, la responsabile delle Case della Cultura della provincia nonché suonatrice di bajan, incaricata di farci conoscere i gruppi folkloristici locali. Signora sul distinto in tailleur rosso, sembra arrivata dall’URSS degli anni 70, anche per quel po’ di diffidenza iniziale da funzionario statale, che poi nel corso della giornata andrà man mano scemando. Procediamo verso Vereschaki. Le strade della provincia sono bellissime a maggio, tra campi gialli, specchi d’acqua e boschi di betulle verdeggianti.

A Vereschaki la maggior parte dei bambini sono andati in sanatorio, anche quelli che cantano nel gruppo “Starinushka”, quindi niente esibizione per assenza del collettivo. A sprazzi li abbiamo però già visti in passato nelle varie visite con spettacolini alla scuola. A Vereschaki – cosa purtroppo ormai rara come vengo a sapere – conservano ancora un legame profondo con le tradizioni popolari, soprattutto nel cucito e nel canto. Il gruppo folk dei bambini si forma sull’eredità di quello delle nonne, l’ensemble locale “Karagod”, che ebbe anche una sua gloria a livello nazionale ai tempi sovietici. Le canzoni che si cantano a Vereschaki sono di un genere popolare autentico, le si sentono solo qua. E i costumi popolari sono ancora cuciti a mano. Al posto dell’esibizione ricevo un dvd e un libretto con la storia del gruppo. Mi segno le informazioni: al momento a “Starinushka” partecipano 15 bambini tra gli 8 e i 16 anni. Un signore di 71 anni li accompagna con il bajan. (Altra amara scoperta: sono pochissimi i musicisti di ruolo rimasti nei villaggi e per lo più anziani).

La direttrice Zinaida, sempre positiva e sorridente, mi porta a vedere la famigerata sala mensa-teatro, che finalmente ha ottenuto il benestare a essere riutilizzata (tre anni tra perizie, burocrazia e qualche migliaia di euro). Le stanno ridando un po’ di colore per riaprirla in autunno con il nuovo anno scolastico.

A pranzo un bel menù scolastico con borsch, polpette, patate e tè. L’atmosfera è allegra. Zinaida: «Forse dovevo portare un goccetto?...». Poi arriva la signora Vera Kudinova, nostra vecchia conoscenza, e, dopo gli abbracci di rito, la visita alla “sua” chiesetta è inevitabile (la figlia Galja con un messaggio da Mosca mi aveva avvisato: «Se vai a trovare mia mamma, non sfuggirai alla chiesa». Vera è riuscita, con un incredibile spirito di convincimento nutrito da una sorta di fanatismo, tramite la raccolta di donazioni e icone, a far costruire (o ristrutturare) una chiesetta nel villaggio, nuova e luminosa. Ci descrive icona per icona, ricamo per ricamo; Marija e Anna le danno corda, la “rinascita” religiosa postsovietica incombe, io dopo un po’ ho dei mancamenti. Lascio comunque 150 rubli di offerta da parte dell’Anatroccolo.

La tappa successiva è la Casa della Cultura di Novye Bobovici: un’entrata quasi sfarzosa con colonne, una grossa sala teatro, un museo del folklore locale. In questo villaggio, oltre al canto, è sviluppata la tradizione dei ložkary, i suonatori dei cucchiai di legno russi disegnati di nero, rosso e oro. Assisto all’esibizione dei bambini con i cucchiai. Sono abilissimi. Hanno due gruppi di età: 9 tra i 7 e i 12 anni; 7 tra i 14 e 16. Più tardi, durante il tè di rito, la direttrice musicale Elena Rakunova (da 10 anni di ruolo) ci racconta che ha un suo segreto nella tecnica dei cucchiai, che conoscono solo a Tula, città di provenienza di questa tradizione. D’un tratto appare – insieme a miele e funghi (ahimè) caserecci – un bottiglia di samogon ai pinoli, che aiuta comunque a rallegrare l’atmosfera e a far rilassare Anna, che ci suona anche una sua canzone al bajan. È brava, e poi ogni musicista ha il suo suono particolare. A Bobovici però non hanno più un musicista («c’era ma è andato in pensione») e i gruppi si esibiscono solo con le basi musicali. Non so a voi, a me piange il cuore.

Adesso siamo a Shelomy, il villaggio dove abita Anna. A volte è lei a suonare alla Casa della Cultura, ma per lo più anche qui i gruppi si accompagnano con le basi registrate. A Shelomy la specialità è il ballo. Ci sono due gruppi di bambini: “Talisman” (ballo, 13 femmine e 6 maschi di 12-16 anni) e “Karamelka” (ballo e canto, 10 bambini di 9-13 anni). Oggi si esibisce Talisman. Sono bravi, hanno dei bei costumi tradizionali.

Ultima tappa della giornata: Chaleevici. Qui è tutto un po’ più dismesso, lasciato andare. La Casa della Cultura non è ristrutturata come le altre. Il gruppo “Lučinushka” però è eccezionale, come a Vereschaki qui la scuola canora viene dalla tradizione profonda, i costumi bianchi e rossi sono antichi. Il bajanista Sergej Dushakov, superstite di un’altra epoca, ha un suono limpido e incantevole (per quello che ne capisco io di musica…). L’ensemble ha 35 anni di storia. Al momento sono rimaste sette bambine dai 10 ai 13 anni, tra cui la solista Ira che ha una voce bellissima. Li porterei subito in tournée in Italia. Il colloquio con Sergej e la direttrice della Casa della Cultura è triste: mi parlano della decadenza delle tradizioni popolare e delle Case della Cultura nei villaggi. La situazione è sconfortante, la politica governativa è quella di ridurle gradualmente e poi di smantellarle. Loro prevedono che entro una decina d’anni scompariranno. Per questo non rinnovano il personale quando qualcuno va in pensione, soprattutto per quel che riguarda i musicisti; e tanto per stimolare la cultura locale, i collaboratori artistici specializzati sono pagati meno dei bidelli… In pratica il retaggio artistico popolare dei villaggi va avanti per la buona volontà di alcune persone sottopagate che cercano ancora di trasmetterlo ai giovani… Ma i giovani sono sempre meno nei villaggi, tanto più i musicisti, e senza adeguati stimoli non andranno mai a lavorare nelle case della cultura. A completare la sensazione di assistere agli ultimi rimasugli di un’epoca che tramonta, nel giardino trasandato c’è un busto di Lenin annerito e dimenticato tra le sterpaglie e un grosso monumento con falce e martello con due bambinette sedute inconsapevoli ai suoi piedi. La grande bacheca blu “Informazioni” giace vuota da tempo.

Mentre torniamo a Novozybkov, mi chiamano da Radimici chiedendomi se possiamo spostare a stasera l’incontro con lo scienziato Gluschenko previsto per il 13, perché l’indomani deve ritornare a Mosca per sopraggiunti impegni. Vado direttamente a Radimici dove, con Pavel, Andrej e Ekaterina aspettiamo il signor Gluschenko, che deve arrivare in macchina da Brjansk. È in ritardo però, si è perso in qualche villaggio intorno a Novozybkov (come avrà fatto?... c’è un’unica strada sempre dritta da Brjansk a Novozybkov…). Comunque, recuperato, arriva.

Aleksandr Gluschenko è un fisico nucleare di lungo corso. Partecipò sia alla progettazione dei reattori tipo Cernobyl, sia alla liquidazione della catastrofe, ricavandone malattie e invalidità. È molto critico rispetto alle verità ufficiali su Cernobyl e alla lobby nucleare mondiale. Ritiene che molto sia tenuto nascosto. Ritiene scellerato il modo in cui viene gestito il nucleare, soprattutto in Russia. Prevede nuovi incidenti e uno scenario poco tranquillizzante per il futuro. Ha una sua teoria, basata su dati e studi, sulle fuoriuscite dal reattore di Cernobyl, a sua detta maggiori di quelle stimate; inoltre afferma che le maggiori conseguenze di Cernobyl si verificheranno in futuro a livello genetico. Ha scritto una trilogia su Cernobyl e il nucleare civile, e lo scopo dell’incontro è quello di valutare la possibilità di tradurre e pubblicare in italiano l’ultimo libro della trilogia “La vita sotto il segno del rischio nucleare” del 2010. Il libro, edito in Russia da una casa editrice indipendente, è impegnativo ma interessante: in parte scientifico in parte di ricordi personali, con al centro la catastrofe di Cernobyl, racconta anche la storia dell’energetica nucleare in Unione sovietica attraverso le grandi tragedie del secolo: guerra mondiale, deportazioni, gulag, olocausto. Sullo sfondo il tema ebraico della sua famiglia. Aleksandr, liquidatore pluridecorato, sente la missione, quasi il dovere di portare il suo messaggio in Occidente. Parliamo di tante cose, anche Pavel è interessato, fa varie domande. Alla fine facciamo tardi, siamo stanchi, ci diamo appuntamento l’indomani mattina per fare il punto a mente più lucida.


12 maggio
(Novozybkov)

Alle 9 siamo di nuovo a Radimici con Gluschenko. Prendiamo accordi riguardo al libro. Una volta esaminatolo e propostolo in Italia, m’impegno a fargli sapere le reali possibilità di pubblicazione. Va trovato senz’altro uno sponsor, perché la mole di lavoro è notevole (traduzione, redazione ecc.), oltre a qualcuno interessato a pubblicarlo. Prima che riparta per Mosca, gli faccio una breve video-intervista di presentazione sua e del libro (la metterò prossimamente sul sito).

È la giornata di Puliamo il Mondo a Novozybkov, al laghetto Karnà, luogo di pic-nic e balneazione. Non mi dilungo, perché abbiamo già pubblicato sul sito foto, video e resoconto di Radimici. Riscontro solo: l’ottima organizzazione dell’evento (condotta da Anatolij e Masha: giochi di conoscenza, presentazione, norme di sicurezza, slogan, vestizione, marcia sul posto, compiti per le varie squadre, azione, resoconto, consegna attestati Legambiente), la pulizia assolutamente non simbolica (la riva del lago è strapiena di bottiglie di plastica e altro schifo. La gente, per lo più, viene a fare il pic-nic e lascia la spazzatura in giro o la butta nel lago, senz’alcun problema… e la raccolta rifiuti da parte dell’amministrazione non è certo costante), la partecipazione dei ragazzi dell’eko-club “Sozvezdie” di Klincy (in realtà in 4) e di quelli del college di medicina di Novozybkov (bravissimi) oltre che di quelli del Club Giovani di Radimici. Partecipano attivamente anche alcuni ragazzi con handicap. Son finiti i tempi della raccolta foglie nelle scuole!...

Mentre passeggio facendo fotografie sul lungolago durante l’iniziativa, noto un tipo, vagamente somigliante a Putin, che mi s’aggira intorno e mi fissa scrutandomi… poi lo sento parlare al telefono, sempre guardandomi: «Sì, sì, è lui, sono sicuro… Cosa fa? Va in giro a far foto e fa domande a tutti…». Oh, cazzo… Già mi dirigo con circospezione verso quelli di Radimici per riferirgli che siamo controllati… quando il tipo mi chiama: «Stefano?!» «Sì…» «Sono Sergej, il marito di Raisa, abitiamo qui dietro, ti ha visto e mi ha mandato…». «Aah…». Mi rilasso! Ora mi torna in mente… Arriva anche Raisa, mi raccontano che stanno mettendo su un comitato per difendere un querceto sulla riva del lago (proprio la zona che stiamo ripulendo) che vogliono abbattere per costruire un palazzo. Comunque a Putin ci assomiglia davvero un po’!

In prospettiva vedo la possibilità di organizzare Puliamo il mondo con Radimici come grosso evento annuale a Novozybkov, con la presenza della delegazione italiana e il coinvolgimento di vari partner e della cittadinanza. Oppure Radimici potrebbe diventare partner ufficiale di Puliamo il mondo nella regione di Brjansk (per tutta la Russia sarebbe logisticamente un po’ complicato…).

Dopo un pic-nic conclusivo sul luogo ripulito, con Masha ed Ekaterina torniamo a Radimici per l’incontro con due liquidatori dell’impianto Majak (l’incidente chimico-radioattivo del 1957 nella regione di Celjabinsk, il maggiore in URSS prima di Cernobyl, dove ancor oggi ci sono conseguenze devastanti su ambiente e popolazione). Ne arriva solo uno, Vladimir Kazakov, un signore non giovane e con problemi di salute. Affabile, contento di essere stato convocato, è però impresa ardua prendergli un’intervista: «Cosa successe allora al Majak, Vladimir?» «E che ne so io!!?» «Cos’era andato a fare?» «E chi se ne ricorda!!». Ekaterina mi confessa che negli ultimi anni Vladimir ha perso un po’ di colpi con la memoria. In seguito mi consegna un’intervista più articolata fatta con lui nel 2008 (che pubblicheremo senz’altro). In ogni modo dalla conversazione viene fuori che: Valdimir venne mandato a “ripulire” il Majak come soldato di leva perché allora si trovava in servizio a Kurgan, non lontano dal luogo dell’incidente; di soldati di leva ne vennero mandati tantissimi, a rotazione, finché non si prendevano dosi limite di radiazioni (25 roentgen di norma); non a tutti venivano forniti respiratori e tute protettive; nessuno dei liquidatori sapeva con certezza cosa fosse successo; chi andava a liquidare il Majak era obbligato a firmare un documento sull’assoluta segretezza della missione; la zona intorno all’impianto fu interdetta e circondata da filo spinato; Vladimir rimase là per sei mesi, tra il 1957 e il 1958; le conseguenze dell’incidente furono tenute sotto segreto per decenni, tanto che i soldati ricevettero gli attestati di liquidatori (Vladimir ce lo mostra) solo 35 anni dopo; in pratica i liquidatori vennero lasciati negli anni successivi senza cure adeguate né risanamento, come se nulla fosse avvenuto.

Verso sera un po’ di relax, m’incontro con Tanja (17 anni, conosciuta anni fa al sanatorio Dubrava) e il suo fidanzato Grisha, 21 anni, e andiamo in giro per qualche ora per Novozybkov. Non bevono neanche birra, una rarità tra la gioventù locale (la maggior parte dall’adolescenza in su si tira nera…); io non do il buon esempio, è tutto il giorno che sognavo di bermi una Baltika nel parco. Grisha mi convince, io riluttante, a salire sulla ruota panoramica: tutto il parco di Novozybkov è di epoca sovietica, la ruota di Pripjat’ ha un aspetto più rassicurante… La ruota è ferma. Non c’è nessuno, bisogna andare a chiamare il tipo che vende i biglietti e manovra l’oggetto. «È lei che guida?...» «Sì, e anche che raccolgo!...». Parte. Scricchiola in modo incredibile. Non è neanche brutta Novozybkov dall’alto: alcune cupole, palazzi storici, tanto verde, oltre ai casermoni ovviamente.

Mi parlano della mancanza di prospettive per la gioventù di Novozybkov, soprattutto per chi non ha una famiglia solida alle spalle o agganci per potersi trasferire a Mosca o in qualche altra città. Con gli stipendi e gli incentivi che girano, la voglia di intraprendere qualcosa a Novozybkov è sotto zero. Grisha è più positivo, vuol prendere la patente per fare l’autista di pulmino, ma dice che è difficile entrare nel giro. Al tramonto siamo sul ponte della ferrovia, da una parte la Bielorussia, fino a Brest, dove s’arresta la corsa verso Occidente per il diverso scarto dei binari, dall’altra Mosca, poi verso il Nord e l’Oriente.


13 maggio
(Novozybkov)

Su consiglio di Radimici («Dovrebbe interessarti»), alle 9.30 vado a visitare – accompagnato da Masha con cui ci troviamo “sotto Lenin” – la biblioteca di Novozybkov, all’interno della quale funziona un Eko-centro. Un altro posto che avremmo dovuto conoscere da anni e invece non sapevamo neanche della sua esistenza… Al Centro hanno molti materiali su Cernobyl e le sue conseguenze, scientifici, divulgativi e letterari, sia cartacei sia digitali (sul sito della biblioteca). Anche loro raccolgono memorie e testimonianze, fanno iniziative con i liquidatori e con le scuole, in collaborazione con l’Infocentro di Radimici. Ljudmila, Svetlana e Galina – le addette al Centro – mi mostrano tante pubblicazioni, purtroppo il tempo a disposizione oggi è poco. Racconto loro del nostro lavoro sull’informazione, mostro il sito della Memoria di Cernobyl, rimangono stupite dalla quantità di materiale raccolto. Restiamo d’accordo di aprire senz’altro una collaborazione in quest’ambito e di organizzare qualche evento in comune in futuro. (Certo che – essendo anni che cerchiamo materiale su Cernobyl – ai nostri referenti locali poteva anche venire in mente di indirizzarci qui…). Alla fine mi regalano alcune pubblicazioni:
        Il libretto «Vivere e non sopravvivere nella zona di Cernobyl» (Brjansk; 2012), pubblicato dall’Associazione per i diritti civili di Brjansk. È un manuale sulla radioprotezione per la popolazione. Ci sono dati su patologie e rilevazioni aggiornati agli ultimi anni.
        Il libretto «Cernobyl’, basta solo la parola…» (Novozybkov, 2011). Raccolta di poesie.
        Libretto “Il coraggio e il sacrificio dei liquidatori” (Novozybkov, 2012). Alterna brevi note biografiche sui liquidatori locali e componimenti poetici dei liquidatori stessi.
        Alcune brochure informative.
        Raccolta di articoli (su chiavetta USB).

Corro alla Scuola d’arte. Mi accoglie Galina. Il direttore Andrej non c’è, è stato convocato d’urgenza a Brjansk per “difendere” la domanda per un bando presso l’amministrazione regionale (oltre che della scuola è direttore dell’associazione “Artisti per i bambini”); anche Andrej, direttore di Radimici, è dovuto correre a Brjansk per lo stesso motivo. Li chiamano all’ultimo momento e se non vanno li escludono a priori dai bandi (è il trattamento per le poche associazioni indipendenti; le altre centinaia di “organizzazioni” che chiedono sovvenzioni sono in realtà tutte parastatali o affiliate).

Un veloce scambio di materiali. Galina deve scappare da qualche parte. Io le consegno il regalo e relativo diploma per il bambino vincitore del concorso per l’emblema dell’Anatroccolo e il disegno dei bambini dell’asilo di Vezzo. Faranno le consegne ufficiali – e ci manderanno le foto – in occasione dell’ultimo giorno di scuola, a fine maggio. Lei mi consegna diplomi, calendarietti e nuovi cataloghi del loro concorso di disegno, al quale da ormai otto anni partecipano le scuole italiane (quest’anno arriveranno disegni da Stresa, Castronno, Villanterio).

Attraversata la strada, torno a Radimici. Mi aspettano Masha e Anatolij (a cui finalmente hanno rilasciato il passaporto all’ufficio immigrazione/emigrazione di Klincy, dopo vari tentativi… si tratta dell’ufficio dei nostri amici che volevano deportare la delegazione un paio di anni fa…) per acquistare il biglietto per l’Italia in Internet. Dopo un paio d’ore tra ricerche, connessioni improbabili, carte e codici troviamo un volo diretto Kiev-Malpensa.

Intanto a Radimici sono arrivati gli ospiti tedeschi. Si tratta di un gruppo di una decina di ragazzi con problemi di ritardo mentale di una scuola speciale di Wuppertal. Sono accompagnati da alcuni educatori della loro scuola e da Frank e Sonja di Pro-Ost, l’associazione partner di Radimici di Solingen. Più che partner, si può dire che Radimici l’hanno quasi creata insieme, dato che collaborano da 20 anni. Tra i vari programmi che sostengono, ogni anno vengono a Novozybkov con un gruppo di ragazzi della scuola speciale; tutto con una tranquillità incredibile: arrivano a Mosca, si fanno la via crucis di navetta e metrò con ragazzi e bagagli fino alla stazione di Kiev e arrivano in treno. L’atmosfera è molto bella, russi e tedeschi sembrano una grande famiglia. Passiamo la giornata insieme, partecipo alle attività ricreative, c’è curiosità per l’italiano infiltrato… I tedeschi mi pagano anche il pranzo in un altro cafè di Novozybkov, 5 € risparmiati dall’Anatroccolo…

Nel pomeriggio prendo una pausa da Radimici e con Marija andiamo alla Casa della Cultura a prendere informazioni sui gruppi di danze popolari di Novozybkov. I gruppi folk risultano essere due: Kalinka (il viburnello!) e Svetljačok. Oggi fanno alcune prove ma capito in un momento vuoto. Incontro le responsabili artisti dei gruppi, entrambe Ol’ga. Mi lasciano dei DVD con le esibizioni. Il livello è sicuramente buono (ne avevamo visto spezzoni in passate delegazioni). Hanno molti bambini di varie età. Kalinka in particolare è piuttosto rinomato, hanno partecipato anche a festival internazionali. Pure loro però al momento danzano con le basi musicali. Sebbene ci sia un giovane bajansta che vedo lavorare con il gruppo dei piccoli maschi.

La cena è di nuovo con russi e tedeschi, una tavolata collettiva nella sede di Radimici. Nessuno dei tedeschi parla russo. Alcuni di Radimici parlano il tedesco. Per il resto, ce la si cava con un po’ d’inglese stentato e traduzioni incrociate. Poi vedo una palla: «Perché non giochiamo un po’ a calcio?». Una russa: «Sì, sì, Italia-Germania!». «Ma se son da solo!». «Ma no, c’è anche Cristian!» «?». Salta fuori che nel gruppo dei tedeschi, oltre a un paio di bambine turche, c’è anche un ragazzone di Bari, figlio di una famiglia emigrata in Germania. Parla un italiano naturale. Per affrontare i teutonici mettiamo insieme un’accozzaglia italo-russo-turca. Schiacciati dai tedeschi, che sono per lo più di grossa stazza, ce la caviamo con un 2-2. I due gol li segna, manco a dirlo, Cristian, barese di Vestfalia.

Alle 21.00 passa a prendermi Andrej (il “consolatore di donne sole”) e andiamo a fare la banja da suo cognato Kolja, direttore di scuola e fanatico juventino.



14 maggio
(Novozybkov-Surazh-Klincy)

«Ho un hang-over da qui a Zakopane»
Claudio Amedeo, slavista di Bussero

Alle 9 sono di nuovo a Radimici. Prima di partire per Novokemp, riunione finale con Pavel, Andrej e Eketerina. Siamo reciprocamente soddisfatti del lavoro svolto insieme in questi giorni. Pavel in particolare ritiene che per lo sviluppo di programmi a lungo termine sia importante incontrarsi di persona, lavorare insieme, instaurare rapporti di reciproca fiducia e amicizia. Di idee ne sono venute fuori tante, sia prima che durante questa visita. Io m’impegno a condividere con i miei colleghi in Italia l’esperienza vissuta a Radimici e a cercare dei partner a cui proporre programmi in collaborazione. (Per il dettaglio delle proposte progettuali con Radimici seguirà apposito documento).

Butto lì una proposta: non avendo ancora trovato per il gruppo musicale del Viburno di settembre un’accompagnatrice con caratteristiche necessarie (o in possesso di passaporto), perché non ci “prestano” una delle loro educatrici, in modo che possa vedere come lavoriamo, conoscere la nostra associazione e raccontare in Italia di Radimici? La proposta è accolta bene, valutano chi poter mandare (al 28 maggio la questione non è ancora risolta…). A settembre inoltre, come ogni anno, un gruppo di ragazzi ed educatori di Radimici sono invitati in Svizzera al Villaggio Pestalozzi per un interscambio culturale sui valori della pace e della tolleranza. Ci vanno in pullman dalla Russia. Valutiamo un possibile incontro con loro. Solo che sono in 50.

Parto per Novokemp assieme al gruppo dei tedeschi. Mi ritrovo sulla macchina di Anton con Frank, il presidente di Pro-Ost (noi abbiamo Franco!), e una bambina turca dagli incredibili riccioli neri. Lei ascolta il walk-man a palla. Mi chiedo se mi trovo davvero nella provincia russa… Ne approfitto per conversare con Frank sulla loro associazione e sulla partnership con Radimici. Tutti volontari, fin dall’inizio hanno scelto di operare, nella zona di Cernobyl, esclusivamente con Radimici, concentrando le energie in questa collaborazione e scommettendo su programmi a lungo termine costruiti insieme. Per realizzare i progetti cercano partner e appoggi in Germania, come ad esempio la scuola speciale di Wuppertal. Gli chiedo come fanno la raccolta fondi. Iniziative di beneficenza, donazioni di privati e aziende (però sempre meno per la crisi) e soprattutto bandi delle grosse fondazioni tipo Rotary («Spesso non sanno come spendere i soldi per mancanza di progetti convincenti»). «E dallo stato, dalle amministrazioni pubbliche?» (stupito della domanda) «Assolutamente no!». Penso che nella prospettiva di collaborazione con Radimici sia importante anche un confronto con Pro-Ost per consigli, piani comuni o paralleli ecc.

Arriviamo a Novokemp, in provincia di Surazh. Conosco Sasha, il giovane direttore. Insieme a Irina, Anton e altri due ragazzi stanno allestendo il campo per l’apertura estiva, 4 turni da giugno ad agosto. Frank è venuto anche lui ad aiutare, rimarrà qualche giorno, mentre i ragazzi in serata torneranno a Novozybkov, dove nei giorni successivo svolgeranno un apposito programma ricreativo. Anche Novokemp l’hanno messo su insieme, russi e tedeschi, vent’anni fa, ristrutturando un vecchio sanatorio sovietico in rovina.

L’impressione è subito di un posto accogliente. Il campo si trova in un bel bosco di pini. Le strutture sono quasi tutte in legno, all’interno arredate in modo spartano, e all’esterno, anche se in parte vecchiotte e da ristrutturare, sono colorate e decorate. Nel vasto territorio di Novokemp, oltre alle casette per gli alloggi, si trovano anche un punto medico, una ludoteca, una sala teatro e discoteca, il blocco servizi, un magazzino, la casa “albergo”, dove in genere vengono alloggiati ospiti e studenti stranieri, uno spazio giochi all’aperto, una piscinetta. C’è anche la “casa della Sharapova”, una casa nuova in legno donata qualche anno fa dalla tennista russa, che ha origini dalla provincia di Cecersk, nella zona di Cernobyl bielorussa.

Alle 15.00 ho appuntamento a Klincy, a metà strada tra Surazh e Novozybkov. Mi ci accompagna Anton. Per strada, mi racconta un altro po’ di cose di Radimici, in particolare degli inviti che negli ultimi anni hanno ricevuto ad alcune conferenze internazionali antinucleari o scientifiche, in Giappone, Sud Corea e Sudafrica.

A Klincy non c’è quasi niente da fare. Elena, la responsabile del club “Sozvezdie”, ha fatto un po’ di confusione. Prima aveva programmato tutta una serie di iniziative tra ginnasio e festa cittadina del volontariato, per poi scoprire che il 14 maggio è il giorno della Radonica, il giorno dei morti della tradizione slava, nel quale tutte le famiglie si recano al cimitero a trovare i cari defunti, allestendo veri e propri banchetti presso le loro tombe, anche per tutta la giornata. Colpisce, passando, vedere i cimiteri – di solito in boschetti di betulle con i recinti azzurri – strapieni di gente e di tavolini. Dato che durante i banchetti funebri scorre anche molta vodka, è impensabile in quel giorno recuperare la gente per fare qualcosa di operativo… Infatti al ginnasio, oltre a Elena, si presentano solo Ol’ga, Nastja e Lida, tre volontarie del club. Facciamo una foto davanti ai cespugli di lillà in fiore che avevamo piantato insieme nel 2009 e che ora sono altissimi. Poi andiamo in giro per la città. Mi mostrano orgogliose lo “sviluppo” di Klincy, «sempre più bella»: le nuove fontane con illuminazione notturna in stile praghese – regalo della coppia di giovani sindaci rampanti (e voltagabbana, passati da un anno all’altro da un partito di semiopposizione a Russia Unita per questioni di convenienza, forse di sopravvivenza…) – e le molte nuove costruzioni ultramoderne, per lo più adibite a negozi e centri commerciali. Ho la sensazione, qui ancor più che a Novozybkov, che l’indubbio sviluppo degli ultimi 10 anni in queste zone sia di carattere esclusivamente commerciale, solo chi riesce a fare business “si sviluppa”, mentre a livello sociale e culturale c’è sempre più una decrescita assai poco felice.

Missione betulla. Arrivano in macchina Igor’ e Maksim, marito e figlio di Elena, e andiamo fino alla periferia di Klincy. Non c’è neanche bisogno di andare nel bosco, le betulle sono ovunque, di ogni misura. Prendono e mi impacchettano un paio di betulle tascabili.

Segue un mini pic-nic al laghetto locale con wurstel e acqua minerale (!). Il laghetto Stodol’skoe di Klincy – luogo di riposo e balneazione molto frequentato – non è un bello spettacolo. Il posto sarebbe anche gradevole di per sé, ma è disseminato ovunque di spazzatura lasciata sul posto o buttata in giro dagli avventori. L’inciviltà impera, quasi a nessuno viene neanche in mente di cercare un cestino o un luogo di raccolta rifiuti, che pur ci sono. Sullo sfondo la fabbrica, a gestione veneta, di concia delle pelli che con ogni probabilità inquina non poco l’acqua del lago (la questione era stata sollevata un paio d’anni fa, ma poi messa a tacere dalle autorità in seguito a un accordo con i proprietari dell’impianto). Compare Jurij, il nostro amico chitarrista, anche lui arriva dal cimitero. Il tempo di un saluto e scappa.

I ragazzi vanno a casa, arriva Ljuda, la vicedirettrice del ginnasio, e la serata finisce al café Afrika. Poi arriva anche Igor’. Parliamo del più e del meno, sono a pezzi, non vedo l’ora di salire sul treno. Ritrovo infatti il treno Brest-Moskva, decisamente migliore del “treno ubriaco” dell’andata, e dormo filato fino alle 10 del mattino.


15 maggio (Mosca-Vienna-Malpensa)

Come all’andata, a Mosca il tempo che sembrava tanto vola via negli spostamenti. Mi rimane meno di un’ora per prendere un cappuccino (a Mosca sono buoni e di tutti i tipi, ma non costano meno di 3 €…) con Galja e Ljuda, studentesse della zona di Cernobyl. Entrambe lavorano di giorno, Galja apprendista in uno studio dentistico e Ljuda commessa in un negozio, e studiano di notte, come quasi tutti gli studenti di provincia che abitano a Mosca. Molti altri che conosco oggi sono a lezione. Comprati un paio di lavash d’asporto dai tagiki, riparto per l’aeroporto.

Tornato a casa la sera e messe nell’acqua le betulle, apro il file del mio archivio geografico: è la ventiquattresima volta che sono stato a Novozybkov, la “capitale della Cernobyl russa”. Mi chiedo quante volte ci sarà stato Frank.

Stefano Fronteddu

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