Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

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"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

21/02/14

DAL «MAJAK» ALLA ZONA DI CERNOBYL

Intervista a Ivan Burjak, liquidatore dell’incidente del «Majak» e cittadino di Novozybkov

L'incidente di Kyštym (dal nome della zona più colpita, Kyštym, nella regione di Čeljabinsk, Russia), anche noto come incidente di Majak, è stato uno dei più gravi disastri nucleari della storia, classificato al livello 6 su 7 della scala INES, inferiore solo agli incidenti di Cernobyl e Fukushima. Avvenne nel 1957 nell'impianto nucleare di Majak, un sito militare dell'ex Unione Sovietica che ospita un impianto per la produzione di materiale nucleare (soprattutto plutonio) destinato alla fabbricazione di bombe atomiche attraverso il riprocessamento del combustibile proveniente da reattori nucleari.
da Wikipedia
 

Si presenti. Come si chiama?

Ivan Stepanovič Burjak.

Dov’è nato?

Sono nato il 10 maggio 1935 in Ucraina, nel villaggio di Alënino (regione di Suma, distretto di Achtyrsk, soviet rurale di Čupachovo).

Dove vive attualmente?

Adesso abito a Novozybkov, in via Sovetskaja 104.

Che lavoro fa o ha fatto?

Ora sono in pensione. Prima lavoravo come autista alla Transsel’choztechnika.

Che titolo di studio ha?

Ho la licenza media (in Russia si riceve dopo la 9ª classe).

In che modo è capitato all’impianto di produzione nucleare “Majak”?

Nel 1955, fui chiamato per il servizio di leva dal comando militare di Stalino (distretto di Kalinin) e assegnato all’unità n. 1014 di Čeljabinsk.

Che cosa faceva là?

Facevo lavori di costruzione e di sorveglianza. Cioè, eseguivo gli ordini dei comandanti. Al “Majak” fummo mandati subito dopo che successe l’incidente.  L’avaria ebbe luogo in conseguenza della fusione delle pareti del deposito a causa della temperatura troppo elevata. Ci fu un’esplosione e tutte le sostanze radioattive fuoriuscirono andando a finire nell’aria, nel terreno e nel fiume Teča. La liquidazione delle conseguenze del “Majak” consisteva principalmente in queste mansioni:
a.      scavavamo le trincee per la posa dei tubi;
b.      sorvegliavamo l’unità speciale;
c.       sorvegliavamo la zona dell’impianto.

Eravate consci di lavorare in condizioni di elevata radioattività? Quali misure vennero prese per diminuire le dosi d’irradiazione dell’organismo? Quali iniziative di protezione si svolgevano?

Dell’irradiazione radioattiva lo sapevamo, ma nessuno ci pensava, nessuno poteva immaginarne le conseguenze. Semplicemente eseguivamo gli ordini dei superiori, e allo stesso modo applicavamo le regole di sicurezza. Di panico non ce n’era. Tuttavia sentivamo un gusto amaro in bocca, e avevamo dolori alla testa. Verso la fine del servizio, gli abitanti del luogo ci raccontarono delle conseguenze dell’irradiazione. Che non avremmo avuto bambini, che avremmo avuto attacchi di cuore, disfunzioni al sistema nervoso. Loro se non altro prendevano un discreto stipendio per la nocività del lavoro.
Ogni giorno venivano i radiometristi a misurare il fondo radioattivo con i loro dosimetri. Il limite tollerabile era di 40 unità, successivamente di 80. Ma bisognava rimanerci chi mezza giornata, chi 2-3 ore, chi 20-30 minuti. Alcuni si sentivano male, e ricevevano assistenza medica all’unità sanitaria.

Come si poneva allora rispetto al fatto che stava sottoponendo il suo organismo a un pericoloso effetto radioattivo e come valuta adesso il suo lavoro e quello dei suoi compagni alla liquidazione del “Majak”?

Al tempo non ci pensavo al fatto che stavo sottoponendo il mio organismo all’effetto dannoso delle radiazioni. Il nostro scopo era uno solo: finire al più presto il servizio e tornarcene a casa. Io ritengo che noi là non lavoravamo, ma prestavamo servizio alla patria... Oggi però, potendo valutare quella situazione, dico che mai e poi mai, per nessuna cifra tornerei là... Un altro conto se me lo chiedesse la Patria, allora ci andrei.

Come hanno influito le radiazioni sulla sua vita? Sulla sua salute? Sulla sua famiglia?

Quando venni smobilitato, nel 1958, pensavo che non avrei avuto figli, che la mia salute fosse minata. Tuttavia non mi disperai, al contrario cominciai a occuparmi della mia salute. Mi sposai, e vennero tre figli. Ma nondimeno le radiazioni fecero il loro corso, comparvero le malattie. Ma io non potevo dire ai medici che ero stato all’impianto “Majak”. Perché allora tutte le informazioni riguardanti quella faccenda erano segretate. E io avevo sottoscritto l’obbligo di non diffusione di un segreto di stato. Di conseguenza i medici non potevano stabilire a causa di che cosa io fossi malato. E il mio primo bambino morì di leucemia quando aveva sei mesi. Anche il secondo figlio morì di leucemia. Io ero sicuro che fosse per colpa mia, per il fatto che ero stato irradiato. Ma di questo non potevo parlarne con nessuno.

A suo parere, quali dosi di radiazioni hanno maggiori effetti sulla salute delle persone, quelle piccole (da 1 a 40 cu/km²) o quelle grandi (dai 45 cu/km² in su)?

Io ritengo che indipendentemente dal tipo di dosi, piccole o grandi che siano, l’irradiazione è ugualmente dannosa. La differenza è solo nel tempo: se le dosi sono più forti, comportano subito scompensi, se sono piccole agiscono gradualmente, ma in ogni modo le persone col tempo cominciano ad ammalarsi.

Lei ritiene che a Novozybkov il fondo radioattivo sia pericoloso per la vita? Quanto pericoloso?

Io penso che a Novozybkov il fondo radioattivo sia comunque pericoloso. Non è mica per niente che il territorio della nostra città sia stato incluso nella “zona di trasferimento”. In linea di principio tutto dipende dall’organismo individuale. L’importante è mantenere un’alimentazione equilibrata, uno stile sano di vita, bere e fumare di meno.

Lei ritiene che il governo al tempo prese provvedimenti adeguati o non adeguati per liquidare le conseguenze dell’incidente al “Majak”?

Io ritengo che allora il governo dell’URSS prese provvedimenti adeguati per la liquidazione delle conseguenze del “Majak”. Se non l’avessimo fatto noi, chi altro l’avrebbe fatto?

La sua opinione: è giusto che la gente si ricordi di avvenimenti tragici come l’incidente al “Majak”, i test atomici a Semipalatinsk, la catastrofe nucleare di Cernobyl? Quant’è importante che le future generazioni ne siano informate?

Io penso che per la generazione futura sia imprescindibile ricordarsi delle catastrofi globali, allo stesso modo della Grande guerra patriottica, per sapere chi siano gli eroi, i salvatori della Patria. Anche solo affinché negli ospedali per i pazienti di questa categoria siano creati degli schedari come per i gruppi a rischio. Perché questi bambini vanno curati fin dalla nascita e non quando si sono già ammalati. Vale a dire, fare prevenzione.


Data: 28.04.2008
Luogo: Novozybkov
Fonte: «Infocentro Cernobyl» di Radimici
Intervista di: Ekaterina Bykova
Traduzione: Stefano Fronteddu

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