Intervista a Ivan Burjak, liquidatore dell’incidente del «Majak» e
cittadino di Novozybkov
L'incidente di Kyštym (dal nome della zona più colpita, Kyštym, nella regione di Čeljabinsk,
Russia), anche noto come incidente di
Majak, è stato uno dei più gravi disastri nucleari della storia,
classificato al livello 6 su 7 della scala INES, inferiore solo agli incidenti
di Cernobyl e Fukushima. Avvenne nel 1957 nell'impianto nucleare di Majak, un
sito militare dell'ex Unione Sovietica che ospita un impianto per la produzione
di materiale nucleare (soprattutto plutonio) destinato alla fabbricazione di
bombe atomiche attraverso il riprocessamento del combustibile proveniente da
reattori nucleari.
da
Wikipedia
Si presenti. Come si chiama?
Ivan Stepanovič Burjak.
Dov’è nato?
Sono nato il 10 maggio 1935 in Ucraina,
nel villaggio di Alënino (regione di Suma, distretto di Achtyrsk, soviet rurale
di Čupachovo).
Dove vive attualmente?
Adesso abito a Novozybkov, in via Sovetskaja
104.
Che lavoro fa o ha fatto?
Ora sono in pensione. Prima lavoravo
come autista alla Transsel’choztechnika.
Che titolo di studio ha?
Ho la licenza media (in Russia si riceve dopo la 9ª classe).
In che modo è capitato all’impianto di produzione nucleare “Majak”?
Nel 1955, fui chiamato per il servizio
di leva dal comando militare di Stalino (distretto di Kalinin) e assegnato
all’unità n. 1014 di Čeljabinsk.
Che cosa faceva là?
Facevo lavori di costruzione e di
sorveglianza. Cioè, eseguivo gli ordini dei comandanti. Al “Majak” fummo
mandati subito dopo che successe l’incidente.
L’avaria ebbe luogo in conseguenza della fusione delle pareti del
deposito a causa della temperatura troppo elevata. Ci fu un’esplosione e tutte
le sostanze radioattive fuoriuscirono andando a finire nell’aria, nel terreno e
nel fiume Teča. La liquidazione delle conseguenze del “Majak” consisteva
principalmente in queste mansioni:
a.
scavavamo le trincee per la posa dei tubi;
b.
sorvegliavamo l’unità speciale;
c.
sorvegliavamo la zona dell’impianto.
Eravate consci di lavorare in condizioni di elevata radioattività? Quali
misure vennero prese per diminuire le dosi d’irradiazione dell’organismo? Quali
iniziative di protezione si svolgevano?
Dell’irradiazione radioattiva lo sapevamo,
ma nessuno ci pensava, nessuno poteva immaginarne le conseguenze. Semplicemente
eseguivamo gli ordini dei superiori, e allo stesso modo applicavamo le regole
di sicurezza. Di panico non ce n’era. Tuttavia sentivamo un gusto amaro in
bocca, e avevamo dolori alla testa. Verso la fine del servizio, gli abitanti
del luogo ci raccontarono delle conseguenze dell’irradiazione. Che non avremmo
avuto bambini, che avremmo avuto attacchi di cuore, disfunzioni al sistema
nervoso. Loro se non altro prendevano un discreto stipendio per la nocività del
lavoro.
Ogni giorno venivano i radiometristi a
misurare il fondo radioattivo con i loro dosimetri. Il limite tollerabile era
di 40 unità, successivamente di 80. Ma bisognava rimanerci chi mezza giornata,
chi 2-3 ore, chi 20-30 minuti. Alcuni si sentivano male, e ricevevano
assistenza medica all’unità sanitaria.
Come si poneva allora rispetto al fatto che stava sottoponendo il suo
organismo a un pericoloso effetto radioattivo e come valuta adesso il suo
lavoro e quello dei suoi compagni alla liquidazione del “Majak”?
Al tempo non ci pensavo al fatto che
stavo sottoponendo il mio organismo all’effetto dannoso delle radiazioni. Il
nostro scopo era uno solo: finire al più presto il servizio e tornarcene a
casa. Io ritengo che noi là non lavoravamo, ma prestavamo servizio alla
patria... Oggi però, potendo valutare quella situazione, dico che mai e poi
mai, per nessuna cifra tornerei là... Un altro conto se me lo chiedesse la
Patria, allora ci andrei.
Come hanno influito le radiazioni sulla sua vita? Sulla sua salute?
Sulla sua famiglia?
Quando venni smobilitato, nel 1958,
pensavo che non avrei avuto figli, che la mia salute fosse minata. Tuttavia non
mi disperai, al contrario cominciai a occuparmi della mia salute. Mi sposai, e
vennero tre figli. Ma nondimeno le radiazioni fecero il loro corso, comparvero
le malattie. Ma io non potevo dire ai medici che ero stato all’impianto
“Majak”. Perché allora tutte le informazioni riguardanti quella faccenda erano
segretate. E io avevo sottoscritto l’obbligo di non diffusione di un segreto di
stato. Di conseguenza i medici non potevano stabilire a causa di che cosa io
fossi malato. E il mio primo bambino morì di leucemia quando aveva sei mesi.
Anche il secondo figlio morì di leucemia. Io ero sicuro che fosse per colpa
mia, per il fatto che ero stato irradiato. Ma di questo non potevo parlarne con
nessuno.
A suo parere, quali dosi di radiazioni hanno maggiori effetti sulla
salute delle persone, quelle piccole (da 1 a 40 cu/km²) o quelle grandi (dai 45
cu/km² in su)?
Io ritengo che indipendentemente dal
tipo di dosi, piccole o grandi che siano, l’irradiazione è ugualmente dannosa.
La differenza è solo nel tempo: se le dosi sono più forti, comportano subito
scompensi, se sono piccole agiscono gradualmente, ma in ogni modo le persone
col tempo cominciano ad ammalarsi.
Lei ritiene che a Novozybkov il fondo radioattivo sia pericoloso per la
vita? Quanto pericoloso?
Io penso che a Novozybkov il fondo
radioattivo sia comunque pericoloso. Non è mica per niente che il territorio
della nostra città sia stato incluso nella “zona di trasferimento”. In linea di
principio tutto dipende dall’organismo individuale. L’importante è mantenere
un’alimentazione equilibrata, uno stile sano di vita, bere e fumare di meno.
Lei ritiene che il governo al tempo prese provvedimenti adeguati o non
adeguati per liquidare le conseguenze dell’incidente al “Majak”?
Io ritengo che allora il governo
dell’URSS prese provvedimenti adeguati per la liquidazione delle conseguenze
del “Majak”. Se non l’avessimo fatto noi, chi altro l’avrebbe fatto?
La sua opinione: è giusto che la gente si ricordi di avvenimenti tragici
come l’incidente al “Majak”, i test atomici a Semipalatinsk, la catastrofe nucleare
di Cernobyl? Quant’è importante che le future generazioni ne siano informate?
Io penso che per la generazione futura
sia imprescindibile ricordarsi delle catastrofi globali, allo stesso modo della
Grande guerra patriottica, per sapere chi siano gli eroi, i salvatori della
Patria. Anche solo affinché negli ospedali per i pazienti di questa categoria
siano creati degli schedari come per i gruppi a rischio. Perché questi bambini
vanno curati fin dalla nascita e non quando si sono già ammalati. Vale a dire,
fare prevenzione.
Data: 28.04.2008
Luogo: Novozybkov
Fonte: «Infocentro Cernobyl» di Radimici
Intervista di: Ekaterina Bykova
Traduzione: Stefano Fronteddu
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