Emanuela Zuccalà
Giardino atomico
Ritorno a Chernobyl
Infinito Edizioni
2015
E-book
(dal sito della casa editrice)
Chernobyl, 26 aprile 1986. L’esplosione del reattore numero 4 della
centrale nucleare ucraina scatena una potenza radioattiva quattrocento
volte superiore alle bombe sganciate dagli americani su Hiroshima e
Nagasaki. Il disastro viene minimizzato, inizialmente nascosto, dalle
autorità sovietiche dell’epoca e ancora oggi non se ne conosce appieno
l’intera magnitudo.
Tre decenni dopo, quando i lavori di messa in sicurezza della
struttura sono ancora lentamente in corso, Emanuela Zuccalà racconta in
questo libro la sua indagine sul campo, arrivando a toccare il mostro
atomico con mano, a pochi metri dal sarcofago in cemento, il monumento
funebre che imprigiona il reattore nucleare.
Le bugie sulla gravità dell’incidente; la nube radioattiva che ha
toccato Europa e Nord America; i “liquidatori” che hanno perso la vita a
pochi giorni dall’esplosione; donne, uomini e bambini morti o
gravemente malati a causa degli effetti della radioattività, del Cesio
137 e dello Stronzio 90 liberati in natura. I dati pubblici dell’Unscear e il governo ucraino affermano che il pericolo è passato, minimizzando il rischio, ma le indagini indipendenti di Greenpeace e di Legambiente asseriscono
il contrario: chi è tornato o si è trasferito a vivere sui terreni e
nelle case nei dintorni della centrale è costantemente a rischio.
Sul pianeta ci sono 442 centrali nucleari attive e 65 in fase di
realizzazione. Una delle quali nella vicina Bielorussia, ampiamente
colpita dalla nube radioattiva di Chernobyl. Il nucleare è la risposta
giusta alla domanda crescente di energia del mondo intero?
“Pripyat restituisce alla perfezione il significato della parola
annullamento. La sua irreversibile desolazione è un ritratto limpido di
ogni mondo post-atomico, senza contraddizioni né margini
d’interpretazione. In questa sua terribile chiarezza, la città morta è
identica a Kirov, a Dubovy Log, a Khomjenki, il villaggio di Galina
Mokanu che mi ha offerto salame piccante fatto in casa con la carne dei
suoi maiali radioattivi, e io non ho potuto rifiutare di assaggiarlo. In
realtà non ho voluto rifiutare, per una ragione alla quale in
quell’attimo ho ritenuto di dare più importanza che alla paura:
gentilezza verso di lei. Verso una donna malata nel corpo e nell’anima
poiché incolpevolmente ignara. I denti rovinati e il fazzoletto in
testa. Che per potersi permettere il sogno di una vita decente, ha
dovuto andare ad abitare dentro un giardino atomico”. (Emanuela Zuccalà)
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