Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

17/09/15

RITROVATO L’URANIO DI TITO: 400 CHILI DI SCORIE NUCLEARI


Ritrovato l’uranio di Tito: 400 chili di scorie nucleari

Sono i cospicui resti degli esperimenti atomici tentati dalla Jugoslavia: stoccati in bidoni nel magazzino di un istituto di ricerca scientifica di Zagabria, erano lì, dimenticati, dagli Anni ’50


Il dottor Stranamore negli anni ’50 del secolo scorso lavorava a Zagabria. Probabilmente all’istituto Ruder Boškovi„ della capitale croata nei cui magazzini da almeno 65 anni si trovano stoccati 400 chilogrammi di uranio 238. La scoperta è avvenuta nel luglio scorso, quando una società specializzata, la Ekoteh, è stata chiamata per effettuare operazioni di bonifica. Ebbene, i tecnici sono rimasti a bocca aperta quando hanno trovato i fusti, alcuni in cattivo stato e con fuoriuscite di materiale radioattivo, che contenevano l’uranio di cui nessuno, né all’istituto né al governo, aveva l’evidenza.

Ma che cosa ci faceva l’uranio in quei magazzini, in un edificio collocato nel centro di Zagabria? L’ipotesi più concreta è quella offerta dal professor Franjo Plavši„, chimico e tossicologo il quale sostiene sulle colonne del Ve›ernji list che probabilmente si tratta dei resti di un tentativo di produrre armi atomiche a ridosso del 1950, quindi nell’allora Jugoslavia di Tito. «Il tentativo c’è stato - afferma il chimico - quindi si può pensare che quanto trovato nei magazzini dell’istituto Ruder Boškovi„ costituisca il materiale residuo di quell’esperimento abortito».


Data: 06.09.2015
Fonte: www.ilpiccolo.gelocal.it

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