A più di vent’anni dalla catastrofe alla centrale nucleare di Cernobyl e dall’evacuazione della zona d’interdizione, gli insetti continuano a soffrire a causa delle radiazioni. Le affermazioni sul ripristino dell’ecosistema sono state premature, come confermano gli studiosi francesi e americani.
L’incidente di Cernobyl dell’aprile del 1986 ha cambiato in modo radicale la vita di centinaia di migliaia di persone e ha alterato, fino a renderla irriconoscibile, l’aspetto della città di Pripjat’ e del suo piuttosto esteso circondario. Secondo i dati dell’ OMS, a causa delle radiazioni di Cernobyl sono già morte quasi 10 mila persone. Tremila chilometri quadrati della zona d’interdizione a tutt’oggi in pratica sono disabitati, mentre le precipitazioni radioattive di pioggia e di polvere sono ricadute su Bielorussia, Ucraina, regioni occidentali della Russia ed Europa orientale.
È stata colpita anche la natura viva nei dintorni della centrale di Cernobyl. Già alcuni mesi dopo lo scoppio, nel raggio di alcuni chilometri intorno al quarto reattore non era rimasto nemmeno un albero vivo. Presto cominciarono a spuntare notizie su una gran quantità di malformazioni congenite nei bambini nati dopo l’incidente, sulla comparsa di strani animali e insolite piante nella zona colpita dalla contaminazione radioattiva. E i funghi e i frutti di bosco raccolti nelle regioni di Brjansk o di Smolensk cominciarono a essere temuti come il fuoco nei mercati di tutta la Russia centrale.
E tuttavia, nel resoconto dell’AIEA pubblicato 6 anni dopo l’incidente, nel 1992, si affermava che
la contaminazione radioattiva non influisce in modo troppo evidente sulla dovizia di animali selvatici nella zona d’interdizione.
Simbolo della “rinascita” della zona sono diventate le fotografie degli alberi cresciuti direttamente sul tetto del sarcofago di cemento sopra il reattore distrutto.
Nel 1995, alla conferenza speciale dedicata alle conseguenze dell’incidente, gli studiosi hanno raccontato della comparsa nelle terre abbandonate dall’uomo di animali mai visti prima in quelle zone: tassi, castori, specie rare di uccelli e di insetti. In seguito l’Ucraina ha fatto della zona d’interdizione una riserva, e oggi vi si possono vedere non soltanto tassi e alci, ma pure lupi, volpi, aquile e perfino bisonti.
Non tutti i biologi, però, sono tanti benevoli.
I critici da lungo tempo denunciano l’assenza di un metodo sistematico nella stima della biodiversità e della dovizia di esseri viventi nella zona d’interdizione in conformità con le norme accettate da biologi ed ecologi.
Alla fine due di questi critici – gli studiosi Andreas Moeller dell’Università sud di Parigi e Timothy Mousseau dell’Università della California del Sud – hanno deciso di verificare sul campo la situazione e sono già tre anni che in estate trascorrono alcune settimane nella zona d’interdizione a contare e catalogare alberi, uccelli, animali, insetti e altri esseri viventi. E tutti questi dati vengono da loro periodicamente pubblicati.
Un anno e mezzo fa Moeller e Mousseau presentarono i primi risultati del loro lavoro riguardanti la dovizia di uccelli nella regione e le anomalie del loro sviluppo e del loro comportamento. Gli studiosi, in particolare, hanno dimostrato che vari tipi di malformazioni si riscontrano nelle rondini cresciute nelle zone altamente contaminate, mentre in quanto a specie di uccelli, il contingente nella zona d’interdizione è fortemente alterato rispetto alla norma. Le dinamiche che gli studiosi hanno osservato intorno a Cernobyl hanno anche permesso di supporre che gli uccelli di colore grigio si difendano molto meglio dalle radiazioni rispetto ai rappresentanti colorati del mondo dei pennuti a causa del fatto che ai primi rimangono più risorse nella lotta contro i danni alle proteine e al DNA.
La pubblicazione del 2007 ha suscitato non poche dispute. Gli oppositori della fazione dei “benevoli” hanno contestato a Moeller e Mousseau di aver gettato nel mucchio i dati di diversi tipi di uccelli delle più diverse zone con i più diversi livelli di contaminazione, suddividendoli soltanto in due gruppi: “fortemente radioattivi” e “debolmente radioattivi”. Gli oppositori non sono rimasti stupiti neanche dal fatto che si sia modificato il contingente per specie di uccelli: infatti con l’abbandono della zona d’interdizione da parte degli uomini le condizioni in essa sono cambiate in modo cardinale – nei campi si è smesso di arare e seminare, nei centri abitati abbandonati non c’è più niente di cui campare, e le case, che potevano dare asilo a quelle stesse rondini, hanno cominciato pian piano ad andare in rovina.
In un articolo pubblicato su Biology Letters, Moeller e Mousseau hanno cercato di sottoporre ad analisi tutte queste critiche. L’articolo è dedicato agli insetti e ai ragni, ma le conclusioni fondamentalmente non si differenziano da quelle sugli uccelli.
Anche più di 20 anni dopo l’incidente le radiazioni di Cernobyl arrecano danni alla natura vivente della zona d’interdizione.
Perché si tratta proprio delle radiazioni: nei luoghi dove il fondo radioattivo è più elevato ci sono meno invertebrati.
Tra il 2006 e il 2008 Andreas Moeller ha effettuato più di mille misurazioni della dovizia di insetti e ragni in alcune zone nelle vicinanze della centrale di Cernobyl e in altre regioni dell’Ucraina. Ha inoltre effettuato alcune decine di cosiddette transezioni, o “tagli”, durante cui vengono registrati tutti gli esseri viventi incontrati, uditi e visti lungo il percorso prescelto dal biologo. Al contempo, ovviamente, viene registrato anche il fondo radioattivo. I ragni lo studioso li ha contati dalla quantità di ragnatele incontrate.
Nel corso dell’elaborazione statistica si sono evidenziate, secondo gli autori, delle dinamiche ben distinte: tanto più è elevato il livello delle radiazioni, tanto meno ci sono invertebrati. E questa deduzione riguarda sia gli insetti erbivori – calabroni, farfalle e cavallette, sia quelli predatori – ragni e libellule. Il rapporto di reciprocità tra la dovizia biologica e il fondo radioattivo si studia nell’intervallo tra l’ultimo di un centinaio di microgray/h e le frazioni centesimali di microroentgen/h.
Vale a dire che anche solo alcuni mcR/h in eccedenza possono essere sufficienti per influire notevolmente a livello statistico sul numero degli insetti e dei ragni nel circondario.
(1 μGy/h per quanto concerne l’irradiamento γ molto sommariamente corrisponde a 100 mcR/h, tuttavia i roentgen non vengono impiegati per la misurazione delle radiazioni α e β, le quali sono anch’esse causa di forti effetti biologici).
Certo, l’effetto non è poi così forte – l’alterazione del livello radioattivo spiega all’incirca il 6% della variazione totale della dovizia degli invertebrati nel corso di misurazioni casuali e il 22% della variazione rilevata nel corso dei “tagli”. Tali risultati non si contraddicono l’un l’altro in quanto i “tagli” erano assai di meno e di breve durata, circa 10 minuti l’uno. Per questo molti altri fattori – il periodo del giorno, il tipo di terreno, la velocità del vento e così via – durante le misurazioni non fanno in tempo a modificarsi significativamente. La variazione più completa nel campionamento è di circa 10 volte.
Oltre tutto, come hanno raccontato gli autori, nelle zone maggiormente contaminate s’incontrano molto più spesso insetti-mostri – di colore insolito, con arti mancanti alle zampe o con ali di diversa lunghezza. Del resto questo lo si può spiegare con la minor quantità di predatori, i quali, da qualche parte lontano da Cernobyl, in breve tempo potrebbero tranquillamente ripulire la popolazione dalle cavallette zoppe e dai biancospini storti.
Vladimir Gramm
Data: 18.03.2009
Fonte: www.gazeta.ru
Traduzione: S.F.