Il monitoraggio procede in tutte le province contaminate delle regioni di Gomel’ e di Mogilëv della Bielorussia: si tratta di più di 100 mila ettari di terre. Se queste terre saranno stimate compatibili con l’agricoltura, esse verranno restituite ai kolchoz e ai sovchoz (le aziende agricole collettive).
«Noi studiamo lo stato del terreno. Analizziamo il territorio con i dosimetri e altri strumenti che indicano la fertilità della terra. Prendiamo dei campioni. Non tocchiamo solo la zona della riserva radioattiva del Poles’e, in quanto si trova nella zona contaminata dei 30 km dalla centrale; queste terre possono essere riutilizzate soltanto con un decreto speciale del presidente» – racconta Viktor Averin, direttore dell’Istituto di radiologia di Gomel’.
Secondo gli specialisti, sulle terre contaminate ripristinate si potranno coltivare erbe, patate, fiori e far pascolare i cavalli. Ma soltanto se si troveranno persone disposte a lavorare nelle province contaminate. «Alcune terre hanno smesso di essere sfruttate non in quanto contaminate, ma per il fatto che non era rimasto nessuno per lavorarle. La gente dopo Cernobyl se ne andò via» – spiega Averin.
OPINIONI
a favore
(Rafael’ Arutjunjan, vicedirettore dell’Istituto per la sicurezza nucleare dell’Accademia delle scienze, fisico, liquidatore di Cernobyl):
Alcuni appezzamenti sono sicuri. «Coloro che sono rimasti a vivere in quelle zone da tempo vi coltivano le patate. Secondo le normative agricole, esse sono sicure. Si possono considerare quelle terre pulite? Va considerato ogni singolo terreno dove si vorrebbe coltivare. Il cesio-137 in quasi 30 anni dall’incidente sulle terre di Cernobyl si è dimezzato. Mentre per il cesio-134 il periodo di decadimento è di 2 anni, per questo non se ne trova più traccia. La maggior parte dei territori che vengono considerati contaminati consentono la produzione agricola.»
contro
(Jurij Voronežcev, fisico, segretario della Commissione del Soviet supremo dell’URSS per l’analisi delle cause dell’incidente alla centrale nucleare di Cernobyl):
È una decisione sconsiderata. «Per coltivare in sicurezza quelle terre, ci vogliono come minimo 50 anni. Le affermazioni sul fatto che è passato abbastanza tempo e che sulla maggior parte delle terre i radionuclidi si siano dimezzati sono fallaci. La terra rimane contaminata e su di essa sono impossibili le produzioni pulite. È lo stesso che affermare che per la vittima di un omicidio è un beneficio la riduzione degli spari in testa da 10 a 5. Che su quelle terre non si potesse coltivare, fu detto chiaramente anche 20 anni fa da celebri specialisti mondiali. Bisognava tirare via i boschi, e allora dopo 100 anni le future generazioni avrebbero potuto ricevere del legname pulito».
Data: 05.08.2011
Fonte: www.vladimir.kp.ru
Traduzione: S.F.
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