Nucleare: all’ombra di Fukushima, c’è chi lo vuole ancora?
Ventisette milioni di voti al referendum antinucleare basteranno a chiudere la partita? Sì, solo se si tiene viva l’alternativa della riduzione dei consumi e della sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili e se si tiene d’occhio il rapporto inverso tra disarmo atomico
e proliferazione del nucleare civile. Una tentazione quest’ultima che
torna a ispirare le politiche industriali delle potenze mondiali. Non
tanto per ragioni tecnico-scientifico-economiche, quanto per il peso
sempre sottaciuto degli interessi militari delle potenze mondiali.
A tre anni dalla tragedia, Fukushima non sembra determinante quanto lo era stata Chernobyl trent anni fa. Eppure, dopo la fuoriuscita di 300 tonnellate di acqua altamente radioattiva dalla centrale,
il governo giapponese aveva elevato già a metà del 2013 lo stadio di
allerta al Livello 3, corrispondente su scala mondiale a un “incidente radioattivo grave“. Addirittura, in risposta all’allarme ufficiale, sui mercati si era diffuso il panico e alla Borsa di Tokyo i guadagni accumulati sino a quel momento erano evaporati completamente con il tracollo improvviso di 250 punti dell’indice azionario Nikkei 225.
Data: 13.03.2014
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
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