ALLA RICERCA DEI GIOCHI
PERDUTI
Le
burocrazie per ottenere il visto per la Russia sono alquanto complicate:
compilazione del modulo online, due appuntamenti presso il Centro visti di
Milano, e appuntamenti in questura (in caso di passaporto scaduto, o in
mancanza di esso).
Finalmente
arriva il fatidico giorno della partenza, sveglia alle 5 del mattino, arriviamo
all’aeroporto di San Pietroburgo alle 13, dopo aver fatto scalo a Francoforte.
Abbiamo sfruttato i tre giorni prima e i tre giorni dopo il visto, per visitare
le due più importanti città dell’immensa Russia. Lasciamo la città di Pietro
con un treno locale che ci porta fino alla stazione di Brjansk, dove faremo
cambio con un altro treno fino ad Uneča. Questo interminabile viaggio di ben 19
ore ci ha portato in un’altra dimensione spazio-temporale, dove il panorama è
costituito di soli boschi e dove l’unico servizio fornito a bordo è quello del
tè caldo.
Ad
accoglierci alla stazione di Uneča ci sono Katja (la nostra “mamma”) e Saša (il
direttore del campo). Ci aiutano con i bagagli e ci accompagnano con un furgone
fino al campo.
È
domenica, il giorno di accoglienza, quando i genitori portano i figli e li
lasceranno al campo per i prossimi 20 giorni.
La
nostra giornata tipo si articola così: sveglia alle 09.00, colazione, e
preparazione dei laboratori organizzati e scelti interamente da noi, che
iniziano alle 10.30 e finiscono alle 12.30, dopodiché pausa e alle 13.45
pranzo. Mai dimenticheremo le zuppe e gli immancabili “ogurcy” (cetrioli) della
mensa del campo!
Ora
del silenzio 14.30-16.30, durante la quale i bambini riposano e noi preparavamo
qualche attività, canzone o balletto per la sera o sorseggiavamo il tè con
qualche dolcettino, in compagnia dei collaboratori del campo. Nel pomeriggio
affiancavamo gli altri “vožatye” (educatori) nei loro giochi, ogni giorno
diversi e divertenti.
Cena
alle 19.30. Ore 20.00 inizia la discoteca con i dj Nikita e Maksim, che non
suonano esattamente “baby dance” ma alternano musica techno a romantici lisci,
durante i quali i ragazzini invitano le ragazze a ballare o viceversa. Intorno
alle 22 pausa e seconda cena per i bambini, e verso le 23 tutti a nanna.
Ogni
sera veniva organizzata una riunione tra i capi delle varie “famigliole” e i
più “alti dirigenti” per parlare della giornata trascorsa e per organizzare
quella del giorno dopo. Durante questa planërka (riunione organizzativa) anche
noi venivamo interpellati e avevamo l’occasione di esprimere il nostro parere.
Il
primo impatto con la lingua è stato un po’ traumatico (soprattutto di primo
mattino), ma dopo i primi giorni non riuscivamo a non utilizzare vocaboli russi
nei nostri dialoghi italiani!! Sebbene molte parole, o meglio frasi, non le
comprendessimo, gli sguardi, gli abbracci e l’affetto dei bambini compensavano
ogni incomprensione.
Durante
questa esperienza ho imparato non solo ad entrare in contatto con un popolo diverso
dal nostro, spesso incompreso, ma anche ad apprezzarne la cultura e la cucina;
ma soprattutto ho scoperto quel lato umano che a primo impatto sottovalutiamo o
addirittura disprezziamo perché diverso dalle nostre consuetudini.
Questa
la nostra magica avventura che resterà per sempre nel nostro cuore.
Consiglio
vivamente ad ogni studente/ssa di intraprendere questo viaggio, ricco di emozioni
ed indimenticabili ricordi.
Vorrei
ringraziare di cuore Radimici, Legambiente e Stefano, Katja e tutti i
collaboratori del campo, e ovviamente tutti i dolcissimi bambini, che un giorno
spero di rivedere.
Francesca Cont - 21 anni
Università Statale di
Milano
(sede di Sesto San
Giovanni)
Mediazione linguistica e
culturale
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