27 anni fa il mondo sussultò di paura, venendo a sapere dello scoppio alla centrale nucleare di Cernobyl. Per milioni di europei quell’avvenimento divenne comparabile ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.
Novozybkov è una delle città
russe su cui ricaddero chilogrammi di iodio radioattivo, di stronzio, di cesio.
Dall’aprile del 1986 noi viviamo in un territorio colpito dalle conseguenze
dell’“applicazione nella vita” dell’atomo pacifico. Sono passati molti anni e
sempre più spesso si sente la domanda: «Il problema di Cernobyl è ormai acqua
passata?».
Purtroppo no; questa è la mia
risposta univoca.
Oggi, come 27 anni fa, in
maniera sistematica e per sempre molte persone con istruzione superiore
abbandonano la regione colpita da Cernobyl. Se ne sono andati e se ne stanno
ancora andando competenti medici, insegnanti, addetti culturali, lavoratori
qualificati. Il peggio è che sono i giovani ad andarsene. E indietro nelle
regioni di Cernobyl i giovani specialisti ci ritornano assai di rado. Arrivano
per lo più disgraziati d’altre parti. In genere i nuovi arrivati a livello
professionale non sono all’altezza degli specialisti che hanno lasciato la zona
di Cernobyl.
L’economia delle nostre
province, colpite dalle radiazioni, non è in grado di garantire un livello di
vita dignitoso nella contingenza di una feroce concorrenza con le altre regioni
della Russia. Tale circostanza fa sì che nelle città e nei villaggi delle
regioni “cernobyliane” della Russia non ci sono risorse sufficienti per la
manutenzione delle strade, per la costruzione e la manutenzione di scuole e
ospedali, per il risanamento dei bambini in un ambiente ecologicamente pulito.
La nostra organizzazione no profit «Radimici per i bambini di Cernobyl» (sito
web: радимичи.рф) sono 27 anni
che s’impegna a difendere i diritti dei bambini di Cernobyl, per questo mi
soffermerò più dettagliatamente su questo tema.
È ormai risaputo che sempre
più raramente tra i piccoli abitanti delle zone contaminate da radionuclidi si
possono trovare bambini completamente sani: essi s’affaticano più in fretta
rispetto ai loro coetanei residenti fuori dalla “zona”; non sempre sono in
grado di reggere il volume sempre in aumento dei programmi scolastici;
s’ammalano spesso.
Tutti i bambini in età
scolastica residenti nei “territori contaminati” dovrebbero per legge ogni anno
andare a trascorrere un periodo di vacanza-risanamento in zona non contaminata
a spese dello Stato. Ma i posti per i piccoli “cernobyliani” nelle colonie e
nei sanatori non sono mai abbastanza. Ormai andare in vacanza in sanatorio in
estate è un vero lusso (negli ultimi anni soltanto il 10-15% degli scolari
hanno potuto usufruire del diritto a tale forma di risanamento).
In compenso sono aumentati
significativamente i campi di risanamento presso le scuole (una sorta di centri
estivi). Vale a dire che i bambini, vuoi di città vuoi di villaggio (città e
villaggi in zona radioattiva!), si ritrovano insieme durante l’estate per
due-tre settimane e in fila vengono portati a giocare negli stessi posti dove
giocano sempre… In fila al parco, in fila al museo, in fila al campo sportivo,
in fila in mensa. Cos’è questo? È la “rinnovata varietà”, del tutto legale, di
risanamento estivo per i bambini di Cernobyl. È a questo modo che oggi
“smaltiamo i radionuclidi” dai nostri bambini.
Per il resto dell’estate i
bambini della “zona di trasferimento”, come del resto i loro coetanei di tutta la Russia, hanno sempre acceso
e sempre accenderanno falò, cuoceranno patate nella brace, pescheranno il pesce
nel lago, andranno nel bosco per funghi. Con una sola differenza: nella “zona
di trasferimento”, dove passano le vacanze questi bambini, NON SI DEVE
respirare il fumo dell’erba secca e della legna radioattive; non si devono
mangiare le patate cotte nel falò (con la cenere insieme alla patata
abbrustolita ti finisce in bocca un gran quantità di particelle alfa
invisibili).
Qui, nella “zona”, tutti,
anche i bambini, dovrebbero sapere che NON SI DEVE senza un controllo
preventivo mangiare pesce, che NON SI DEVE assumere senza controllo la maggior
parte dei funghi e dei frutti di bosco, che non è consigliabile respirare
apertamente quando c’è un vento polveroso, e che perfino bere il latte della
propria mucca può essere pericoloso. Queste cose la maggioranza di noi
“cernobyliani” le sappiamo quasi per forza, volenti o nolenti.
Ma per nostra disgrazia il
tempo della radiofobia della popolazione è passato e ne è giunto un altro: il
tempo dell’indifferenza. Dell’indifferenza dei funzionari moscoviti per le
periferie del paese, del nefasto comportamento dei genitori verso i propri
figli (e anche verso gli anziani), dell’atteggiamento insensato e superficiale
delle persone nei riguardi del proprio stesso futuro.
Noi, i molti abitanti della
“zona”, non abbiamo nemmeno più paura. Nei nostri occhi, nelle nostre anime,
nella nostra testa c’è una sorta di vacuità.
Non so che cosa dovrebbe
cambiare nella nostra vita per farci tornare se non altro a preoccuparci per il
nostro stato di salute, per lo stato dell’anima, del mondo che ci circonda.
Sempre più spesso, ovviamente, dalle alte tribune e dai grandi schermi ci
dicono che le cose riguardo al tema di Cernobyl vanno splendidamente. Sul sito
di Rosatom (http://www.russianatom.ru/) non c’è
neanche più la zona di Cernobyl. E questo è sintomatico. Facendo propri tutti i
nuovi progetti plurimiliardari, i signori dell’atomo non ritornano certo nei
luoghi che hanno inquinato, loro e il loro colleghi. Per quale motivo poi?
Quando si possono invece costruire centrali nucleari di nuova generazione (ma
più sicure nella realtà?) con i soldi dei contribuenti.
Sull’inopportunità di “rinfocolare” il tema di Cernobyl ne parlano le autorità
regionali. E per quanto sia triste, a parlare della “conclusione” dei problemi
sempre più spesso sono i funzionari locali, persone che vivono loro stesse in
territorio contaminato. Che cosa spinga un funzionario moscovita “col
portafoglio”, o anche uno di Brjansk che borbotta che i problemi della
“Cernobyl russa” si trovano ormai nel passato, lo si può ancora capire. Ma per
quale motivo un nostro conterraneo di Novozybkov (o di Zlynka o di Krasnaja
Gora) si debba unire a questo “coro”, questo risulta difficile da comprendere.
Una volta, nel 2001, scrissi
l’articolo “Cernobyl ritornerà ancora” e lo mandai al sito www.kreml.org.
In esso insistevo sul fatto che il tema di Cernobyl non dovesse essere rimosso,
sminuito, dimenticato. Che anche se qualcuno avesse cercato di metterlo alla
porta, esso dopo un po’ di tempo sarebbe rientrato dalla finestra. E non
soltanto a noi, ormai invecchiati, si sarebbe ripresentato, ma ai nostri figli
e ai nostri nipoti.
È passato del tempo. Cernobyl
ora ha una “celebre sorellina”, Fukushima, che ha portato enormi sciagure al
popolo giapponese (a proposito, molti processi nella nostra “zona” e in quella
di Fukushima sono simili). Sono trascorsi due anni dalla catastrofe alla
centrale nucleare giapponese, e oggi lo si può constatare: di Cernobyl non ne
ritornerà una sola. Pure Fukushima farà di tutto perché la gente non la
dimentichi. Esse si presenteranno alle future generazioni non solo di russi e
giapponesi, ma di tutti gli abitanti del pianeta Terra.
E per fare in modo che una
nuova catastrofe avvenga quanto prima, purtroppo, vi stanno mettendo mano in
molti…
Pavel Vdovičenko
Novozybkov, Russia,
26 aprile 2013
Data: 26.04.2013
Fonte: www.радимичи.рф
Traduzione: Stefano Fronteddu
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