Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

17/05/19

LA MORTE DELL’ENERGIA NUCLEARE? È PIÙ VICINA (E PROBABILE) DI QUANTO CREDIAMO

Nonostante le apparenze il nucleare NON è il futuro. Finanziariamente non si tiene. È, oggettivamente, pericoloso. E soggetto ad attacchi terroristici. Gli scenari per il mondo venturo lo danno in declino

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Nel 2052 solo due paesi, Francia e Cina, staranno ancora producendo elettricità dall’energia nucleare – ed entrambi avranno comunque deciso di abbandonare del tutto il nucleare entro il 2065. Sospetto che oggi in pochi si dichiarerebbero d’accordo con questa affermazione. Nonostante il disastro di Fukushima nella primavera del 2011, nell’autunno successivo l’umore prevalente nella maggior parte dei paesi era rimasto ampiamente a favore di un qualche tipo di rinascita del nucleare. In ogni modo, anche prima di Fukushima, questa rinascita non è stata esattamente ciò che sarebbe dovuto essere. Come sottolinea l’esperto di energia Amory Lovins, “ci sono oggi 61 centrali nucleari ‘ufficialmente’ in costruzione. Tuttavia, di queste 61 unità, 12 sono ‘in costruzione’ da oltre 20 anni; per 43 non c’è nessuna data di avvio dei lavori ufficiale; la metà sono in ritardo, 45 si trovano in quattro sistemi energetici progettati centralmente e poco trasparenti, e per nessuna si può parlare di autentica transazione di libero mercato”. Il fatto che di tale rinascita si sia parlato molte volte dopo il disastro di Chernobyl del 1986, ma che non si sia mai concretizzata, è del tutto irrilevante.

Le speranze nucleari non svaniscono mai del tutto, e il timore di un’accelerazione del cambiamento climatico ha contribuito alla diffusione di queste speranze – persino tra alcuni degli ambientalisti più in vista negli Stati Uniti e in Europa, che un tempo sarebbero inorriditi davanti alla possibilità che un futuro a basso contenuto di carbonio potesse essere costruito sull’energia nucleare. Gran parte del fronte pro-nucleare del XXI secolo adotta un tono da “male necessario”: non c’è nessun entusiasmo per la tecnologia in sé, tanto meno per l’industria nucleare. Per l’ambientalista britannico George Monbiot non c’è alcuna contraddizione tra “l’innamorarsi del nucleare” e il descrivere quelli che lavorano per l’industria nucleare come “un branco di canaglie disoneste”. 


Data: 17.05.2019
Fonte: www.linkiesta.it

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