Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

29/03/16

CONTROVERSIE SULLE CENTRALI NUCLEARI IN iNDIA


Controversie sulle centrali nucleari in India

http://serenoregis.wpengine.netdna-cdn.com/wp-content/uploads/2016/03/koodankulampeople3.jpg 
Il nucleare civile… parliamone ancora!


Da anni seguo con interesse le vicende dell’India, con particolare riguardo per le realtà rurali gandhiane tuttora presenti e attive, e per le testimonianze di resistenza nonviolenta, di matrice gandhiana, verso la sottrazione di terre, coste, foreste a comunità rurali e indigene per fare spazio al ‘progresso’ tecno-industriale (www.indiaincrociodisguardi.it).

Tra le controversie socio-ambientali che da alcuni decenni vedono contrapporsi gruppi sociali e visioni del mondo vi sono due tipologie di grandi opere indirizzate alla produzione di energia: le grandi dighe e le centrali nucleari. Sulle grandi dighe il pubblico occidentale ha avuto – soprattutto fino a una decina di anni fa – un discreto grado di attenzione, soprattutto grazie agli sforzi comunicativi che alcuni movimenti di base (ONG, comunità locali, leaders internazionali) avevano messo in atto. I conflitti sulle dighe nella Narmada Valley, in particolare, furono ripetutamente menzionati anche dai media occidentali: la figura carismatica di Medha Paktar, e il sostegno di scrittici e attiviste come Arundathi Roy e Vandana Shiva riuscirono a tenere desta, sia pure per poco, l’attenzione del pubblico anche al di fuori dei confini indiani.
Sulle centrali nucleari il silenzio dei media è stato maggiore: grazie forse a una maggiore attenzione del governo indiano a zittire il dissenso, e a un forte interesse dei fautori dell’energia nucleare in occidente.

Negli ultimi 20 anni sono emersi in India alcuni aspetti problematici sia sul funzionamento delle centrali in servizio (il problema dell’acqua, per la gestione ordinaria e nel caso di emergenze; i costi crescenti di manutenzione, la mancanza di trasparenza nei processi decisionali, la non accessibilità dei documenti, la mancata compensazione dei danni alle comunità coinvolte), sia nella progettazione di nuove centrali (la dimensione del rischio, il problema dell’approvvigionamento di minerali di uranio, la mancanza di considerazione e di investimenti per scelte alternative…).
Il rischio di incidenti alle centrali nucleari è reso ancora più drammatico, in un Paese ad alta densità di popolazione quale è l’India, dalle difficoltà oggettive di trovare spazi adeguati per ospitare gli sfollati nei casi in cui si dovesse procedere ad evacuare le aree circostanti a un impianto.

L’unico caso di controversia che ha avuto una certa rilevanza a livello internazionale è stato quello sulla centrale di Kulankulam, in Tamilnadu, dove per molti anni le comunità locali si sono opposte, prima al progetto e poi durante le fasi di costruzione. Le proteste, espresse in varie forme ma sempre nonviolente, non sono state ascoltate dal governo centrale né dai responsabili locali. Il progetto è stato approvato nel 1988, e la costruzione avviata nel 2002: la centrale di Kudankulam è stata attivata nel luglio 2013, ed è entrata in servizio commerciale alla fine del 2014. Da allora è stata fermata più volte per interventi di manutenzione e per piccoli incidenti: l’ultimo – nel febbraio 2016 – per una perdita di vapore. Sulla natura e gravità dei guasti non sono state fornite spiegazioni adeguate al pubblico.

SEQUENZE DI INCIDENTI IN INDIA

16 marzo 2016: il giornale The Indian Express riferisce di un ‘intoppo’ manifestatosi nella centrale nucleare di Kakrapar, nel Gujarat: una perdita ‘modesta’ e un accumulo di pressione (http://indianexpress.com/article/india/india-news-india/gujarats-kakrapar-incident-minor-leak-and-a-build-up-in-pressure/). In un lungo e dettagliato articolo l’autore segnala che si tratta del quarto incidente negli ultimi anni, ed è stato preceduto da un ‘intoppo’ all’impianto nucleare di Kudankulam e due alla centrale atomica del Rajasthan.

Era trascorso poco più di un mese dalla pubblicazione (il 4 febbraio 2016) di un lungo e accorato documento firmato dal Dr. A Gopalakrishnan, che fino a pochi anni prima era stato il Direttore dell’Atomic Energy Regulatory Board (AERB) indiano: L’India deve sospendere i suoi piani di espansione nucleare. [India must pause its nuclear expansion plans: http://www.dianuke.org/why-india-must-pause-its-nuclear-expansion-plans-dr-a-gopalakrishnan/]. In questo articolo Gopalakrishnan affermava: “Le decisioni sulle centrali nucleari vengono prese da un gruppo ristretto di persone, interessate soprattutto a trarre profitto dalle loro decisioni, che impongono la segretezza come se fosse necessaria alla sicurezza nazionale. Ma questa posizione è falsa, perché si sta parlando del settore del nucleare civile, che è aperto persino alla IAEA1.

Lo stesso Gopalakrishnan è intervenuto – dopo l’incidente alla Centrale di Kakrapar – per sottolineare la mancanza di trasparenza e per chiedere ai responsabili maggiori informazioni: “E’ possibile che l’incidente sia stato più grave di quanto ammesso. La condizione di ignoranza in cui sono tenuti i cittadini sarebbe almeno in parte rimediabile se fosse permesso in India usare i contatori Geiger: ma qui è vietato, con la giustificazione della sicurezza nazionale, mentre altrove i cittadini possono monitorare le radiazioni a difesa della loro salute” (http://www.dianuke.org/day-5-accident-kakrapar-leak-continues-no-transparency/).


Data: 23.03.2016
Fonte: www.serenoregis.org
Autrice: Elena Camino

 



Nessun commento:

Posta un commento