Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

13/04/11

I “LIQUIDATORI” DI CERNOBYL: 600.000 EROI DIMENTICATI CONTINUANO A MORIRE


Nell’aprile del 1986 loro lottarono con la catastrofe quasi a mani nude, scrive Anna Zafesova nel materiale pubblicato sul giornale «La Stampa».
Al cimitero di Mitino a Mosca è stato posto per tutti loro un monumento: un “fungo” atomico dentro il quale c’è la figura di un uomo che cerca a mani nude di fermare la sciagura. Sotto il monumento, ad alcuni metri di profondità sotto la lastra di cemento, sono sepolte 28 bare piombate. I tecnici e i pompieri furono chiamati alla Centrale nucleare di Cernobyl la notte del 26 aprile per “spegnere un incendio”. Loro sono sepolti qui tutti insieme, in uno spazio isolato: persino i loro corpi erano radioattivi. Morirono nel corso di alcuni giorni, e la loro agonia fu tremenda. L’ospedale dove si trovavano dopo la loro morte venne interamente rifatto. E quando li seppellirono, alla centrale nucleare distrutta di Cernobyl inviarono decine di migliaia di soccorritori da tutta l’Unione Sovietica: militari, operai, piloti, genieri; alcuni vennero mandati là con la forza, ma per la maggior parte si trattava di volontari», – racconta la giornalista.

«In tutto ne furono mandati 600.000, e dopo 25 anni portano il nome di “liquidatore” – con orgoglio e rabbia al tempo stesso. Loro salvarono migliaia di vite, senza pensare al pericolo e senza neanche saperne. Là dove a causa delle radiazioni la tecnica andava fuori uso si facevano avanti gli uomini. I rilevatori Geiger che ciascun liquidatore aveva con sé dopo alcune ore smisero di funzionare, e alcuni venivano appositamente ricalibrati: in teoria i liquidatori, accumulata una dose massima stabilita di radiazioni, avrebbero dovuto essere mandati a casa. Ma c’era ancora così tanto da fare», – scrive Zafesova.

Nessuno aveva coscienza del pericolo, né gli stessi liquidatori, né coloro che li inviavano. Secondo i dati di “Sojuz Cernobyl” (l’organizzazione ufficiale dei liquidatori) 60.000 liquidatori – vale a dire uno su dieci – sono già morti. Le autorità tuttavia riconoscono soltanto 200 casi di morte correlati alla dose di radiazioni ricevuta. La battaglia dei liquidatori per ottenere le cure, la pensione, le medicine è giunta fino al Tribunale europeo di Strasburgo. Ora i “cernobyliani” dovranno scontrarsi anche con l’ONU, nel cui rapporto del 2005 solamente 57 casi di morte vengono collegati direttamente alla catastrofe di Cernobyl, quando invece secondo i dati di Greenpeace a causa dell’irradiamento hanno perso la vita come minimo 200.000 persone. Nel rapporto dell’ONU si dice anche che in Ucraina, Russia e Bielorussia «non ci sono conferme scientifiche dell’aumento della mortalità correlato alle conseguenze delle radiazioni», si dice nell’articolo.

Data: 16.03.2011
Fonte: www.inopressa.ru
Autore: Anna Zafesova
Traduzione: S.F.


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