Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

22/10/14

NOVOKEMP - AGOSTO 2014 - RELAZIONE DI LUDOVICA



Ludovica Andrea Fusé - 21 anni
Università Statale di Milano
(sede di Sesto San Giovanni)
Mediazione linguistica e culturale
Novokemp è stata un’esperienza unica sia per praticare la lingua russa, che era il mio scopo originario, sia per fare una vacanza che fosse costruttiva e divertente. Avevo tutte le informazioni necessarie, sapevo cosa aspettarmi, ma viverlo è stato molto diverso.

Innanzitutto avevo delle aspettative molto basse rispetto a quello che poi è stato: non sono partita per masochismo, ma credevo di aver bisogno di un grossissimo spirito di adattamento. Questo forse è valido per il viaggio in treno: il cosiddetto “treno ubriaco” che dalla stazione Kievskij di Mosca arriva ad Uneča non è stato molto confortevole; faceva molto caldo e sia per il rumore del treno, sia per l’assenza di divisione degli scomparti, è stato difficile dormire. È stato invece ottimo il treno preso al ritorno, quello bielorusso. Molto confortevole, e il personale molto gentile.

L’accoglienza a Novokemp però è stata straordinaria e abbiamo dimenticato in fretta il viaggio in treno. Il direttore Saša ci è venuto a prendere la mattina prestissimo in stazione, al nostro arrivo, ci ha portato al campo e ci ha lasciato la possibilità di dormire, mangiare, bere e riprenderci con tutti i tempi dovuti.

Facendo parte del quarto gruppo, avevamo due stanze con dieci letti a castello a disposizione per noi, qualche volta qualche altro ospite di passaggio occupava un letto, ma non è stato  un problema. Le nostre stanze erano molto carine e accoglienti e per tutta la permanenza non c’è stato alcun problema col cibo, anzi: avevamo sempre a disposizione montagne di biscotti e tè – molto russa come cosa! – e la mensa era molto buona sebbene i piatti fossero semplici e tipicamente russi. Io non posso proprio lamentarmi, credo persino di aver preso peso mangiando là: in generale non sono schizzinosa, ma devo dire di aver sinceramente apprezzato il cibo.

Per quanto riguarda l’“ambientazione", eravamo in mezzo a un bosco... quindi c’era qualche animaletto perfettamente inserito nel suo habitat, quali api, libellule, ricci e bisce (innocue). Le condizioni igieniche erano molto buone, le docce erano comuni – divise per maschi e femmine – così come i bagni: questi venivano puliti ogni giorno. L’aria era molto pulita, io che sono un soggetto allergico non ho avuto alcun problema di allergia, anzi, è stato un toccasana vivere lì per qualche giorno.
Ci veniva sempre chiesto se avessimo vestiti da lavare, e non abbiamo mai avuto l’imbarazzo di dover chiedere di poterli lavare. Le uniche mansioni che ci venivano richieste che non riguardavano l’attività ricreativa coi bambini erano semplicemente di tenere pulita la casetta dove alloggiavamo e buttare regolarmente la spazzatura: ma questo fa parte della routine di qualsiasi persona adulta. Per il resto siamo stati persino viziati, avevamo molte ore libere durante il giorno, siamo stati accompagnati a fare interessanti escursioni o visite nei luoghi vicini al campo, siamo stati al fiume e abbiamo avuto parecchio tempo per rilassarci.

Katja, la nostra responsabile, ci aiutava ad organizzare le nostre attività e ci ha aiutato ad inserirci nel gruppo di volontari ed educatori del campo. È stata una figura fondamentale per noi perché, sebbene parlasse solo russo, è stata in grado di semplificarci le spiegazioni, rispiegarci più volte e darci una mano con le faccende pratiche e quotidiane. Ci ha spronato e ci ha dato molti suggerimenti. Senza questa mediazione sarebbe stato un pelo più difficile integrarsi, ma soltanto per un fattore linguistico. Personalmente non avevo una grande ricchezza lessicale prima di arrivare, ma fortunatamente nel mio gruppo eravamo a vari livelli di lingua e ci aiutavamo l’un l’altro.

Tuttavia la voglia di comunicare nostra e del personale del campo, ma soprattutto dei bambini del campo, era tale che lo sblocco comunicativo è avvenuto in pochi giorni. Non nego di essermi sentita un po’ fuori luogo ogni tanto, soprattutto quando capivo ma non riuscivo a parlare: tuttavia è stato un fattore puramente personale che ho superato con tranquillità, sforzandomi, invogliata dai madrelingua, spronata dai miei compagni di viaggio italiani. Vivere insieme condividendo la maggior parte dei momenti, tutti i giorni, ogni giorno, è stata una grande sfida, ma anche la più grande opportunità che ho avuto sino ad ora per conoscere il popolo russo, capire i loro atteggiamenti, e utilizzare la lingua in svariati campi e con svariati registri (giochi, attività, comunicazione personale, richieste, spiegazioni, espressione di bisogni, chiacchierate nelle ore di svago) che – per ovvi motivi – non possono essere praticati durante le lezioni universitarie.

Ovviamente, essendo tantissimi i collaboratori a Novokemp, non ho stretto amicizie con tutti e con la medesima intensità, e ammetto che questo è dovuto anche alla mia iniziale timidezza legata alla mia limitata capacità di esprimere emozioni, o banalmente alla mia totale incapacità di fare battute “rompighiaccio” in russo, di cui sono invece esperta in italiano. Tuttavia nessuno è mai stato sgarbato con me, erano in generale tutti molto simpatici, i bambini erano molto educati e partecipavano alle attività, gli educatori ci aiutavano, chi con più vigore chi con meno, nessuno ha mai cercato di metterci in imbarazzo o farci sentire soli o a disagio.
 
Molti di loro – inutile dire, i bambini soprattutto – erano sinceramente interessati a noi, e non solo in quanto italiani e stranieri, ma in quanto persone. L’organizzazione del campo era notevole, ho imparato molto su come si organizzano intere giornate per bambini. La fantasia nei responsabili non mancava mai, sebbene molti di loro fossero ragazzi e ragazze appena maggiorenni o poco più. Sono rimasta molto colpita dall’iperattività, dal senso di unione nel campo e dal fatto che ogni giornata fosse scandita in modo preciso: momenti di attività sportiva e ludica di vario genere venivano spezzati dalle pause per i pasti, per la pulizia, per il riposo, per lo svago. Mi è dispiaciuto soltanto non poter collaborare nei piccoli problemi di dinamiche relazionali tra bambini.

Non ci siamo mai accorti di eventuali screzi, se non notando qualche faccia triste.. e invece per me è molto importante poter consolare un bambino, o cercare di capire cosa gli succeda, se si sia fatto male, se si sia offeso, se abbia nostalgia di casa. Non sono mancate queste occasioni, ma sento che la profondità di relazione a cui sono arrivata era molto diversa da quella sperimentata durante altre esperienze di animazione e volontariato in Italia, anche per il tempo relativamente limitato trascorso a Novokemp.
Il rapporto con i bambini che loro definivano “speciali”, ovvero i diversamente abili, è stato invece molto positivo e tranquillo per quanto riguarda noi studenti italiani. La comunicazione verbale con loro passava in secondo piano, perché avevano i loro tempi e le loro modalità di approcciarsi agli altri ed è stato una piacevole sorpresa scoprire che giocavano e condividevano moltissimi momenti con gli altri bambini.

Tornata in Italia mi sento di consigliare questa esperienza non solo a chi ha già avuto esperienza con i bambini, ma a tutti coloro che conoscono la lingua russa e vogliono trascorrere una vacanza diversa. Non rilassante, ma sicuramente piena di emozioni.

Il contatto quotidiano e continuo con le altre persone e lo sforzo di comunicazione mi hanno fatto scoprire tante cose sulle mie capacità e soprattutto ho ampliato molto i miei concetti di “creatività”, “collaborazione”, “solidarietà”, “umanità”. Non che questo tipo di realtà non esistano in Italia, ma sicuramente Radimici lavora in un contesto specifico e atipico, ovvero al limite della zona contaminata da Chernobyl, con tutte le conseguenze sanitarie e socio-economiche ad esso legate. E soprattutto perché Radimici accoglie studenti stranieri in un percorso che è quasi di formazione. Mi sono sentita molto più educanda che volontaria, sebbene abbia speso parecchie energie con la volontà di collaborare. Tuttavia senza il loro braccio teso, questo non sarebbe stato possibile. Entrare in un Paese straniero e non essere semplicemente un turista non è né scontato né facile. Radimici ci ha dato la possibilità di vivere la Russia, di conoscere i russi, di giocare coi russi, di cantare, ballare, recitare, ridere coi russi. Il che significa che ci ha dato la possibilità di vivere bei momenti lontani da casa senza avere mai la nostalgia di casa. Anzi, io ho proprio nostalgia di Novokemp e delle persone che ho incontrato. Spero di tornarci, perché mi hanno dato una grande motivazione per proseguire il mio percorso universitario e perché mi hanno riempito il cuore e la mente di tante belle emozioni e di tanti bei ricordi.

P.S. Piccolissima nota: bisogna ricordare che – essendoci più di 100 bambini nel campo – il problema “pidocchi” è molto frequente, come in tutti gli asili, le colonie estive e le scuole del mondo. Per cui è bene ricordare a responsabili e volontari – italiani compresi – di controllare la testa dei bambini ogni giorno e di fare qualche trattamento preventivo alla cute prima di iniziare ad abbracciarli tutti quanti! È stata l’unica nota stonata della mia esperienza, ma ciò non incide minimamente su ciò che ho scritto sopra.

Ludovica Andrea Fusé

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