Federica Manzini - 21 anni
Università Statale di
Milano
(sede di Sesto San
Giovanni)
Mediazione linguistica e
culturale
NOVOKEMP
Premetto
che parlare di un’esperienza come quella che ho vissuto a Novokemp è estremamente
difficile; le parole non possono esprimere in modo esauriente la bellezza e la
complessità di emozioni che comporta un viaggio di questo tipo. Quando decisi
di partecipare al progetto, mi aspettavo di migliorare il mio russo, di fare
nuove amicizie e di divertirmi (aspettative tutte avveratesi). Ma non avevo
messo in conto, non avevo capito a fondo quanto quel viaggio mi avrebbe
cambiata, arricchita e, soprattutto, quanto sarebbe stato difficile tornare a
casa (le ore di pianto al momento della partenza lo possono confermare!). Penso
che Novokemp sia un posto unico di cui è difficile, forse impossibile non innamorarsi.
Il
viaggio di andata è stato abbastanza traumatico, sia per la durata (siamo
partite da Malpensa alle 7.30 del mattino e siamo arrivate a destinazione alle
5.40 del mattino successivo) che per le condizioni di viaggio sul treno che
portava da Mosca a Uneča (abbiamo viaggiato su vagoni letto senza cuccette
private). Comunque all’arrivo siamo state accolte con calore da coloro che
sarebbero diventati la nostra famiglia russa. Dopo averci lasciato riposare
metà giornata nella nostra casetta, Katja, la nostra responsabile, premurosa come
una mamma, ci ha fatto fare il giro di Novokemp, spiegandoci come si sarebbero
svolte le giornate e dove avremmo fatto le diverse attività. I bambini erano
divisi in sette casette (una ventina in ogni casetta), più un ottavo gruppo di
ragazzi che dormiva in tende militari ben organizzate. Questi ragazzi,
nonostante giocassero a fare i militari (cosa che a mio parere è poco
educativa), partecipavano attivamente ai giochi e alle attività proposte, imparando
così, oltre alla disciplina militare, i valori dell’amicizia, della collaborazione,
della generosità, del divertimento, esattamente come tutti gli altri bambini e
ragazzi del campeggio.
Ogni
casetta aveva due responsabili di riferimento; vi erano poi altri ragazzi, come
noi, che si occupavano dell’organizzazione dei laboratori mattutini. Un giorno
sì e uno no, infatti, avevamo il compito di organizzare dei laboratori per i
bambini, che si svolgevano dalle 10.30 alle 12.30. Noi ragazze italiane, essendo
in quattro, avevamo organizzato quattro laboratori, di un’ora ciascuno: corso
di italiano, giochi italiani, yoga e balletti. Quando facevamo i laboratori
avevamo l’occasione di mettere in pratica i nostri interessi per stare con i
bambini e farli divertire (o almeno ci provavamo!). Katja era sempre molto disponibile,
ed era molto presente nell’aiutarci a preparare le attività, così presente che all’inizio
ci restava poco tempo per andare a chiacchierare o giocare con i bambini nei
momenti in teoria liberi. Ma pian piano ci ha lasciato sempre maggior
iniziativa, in modo da poterci gestire in autonomia. Dopo pranzo, ogni giorno,
c’era l’ora del riposino per i bambini, durante la quale spesso si svolgeva una
breve riunione tra gli educatori, in cui decidevamo come dividerci nel gioco
del pomeriggio. Dopo la riunione, nell’ora del riposino dei bambini, qualche
volta è capitato che andassimo al fiume a fare il bagno (è a cinque minuti a
piedi dal campo). Alle 16.30 iniziava, quindi, il gioco pomeridiano a tema (i
pirati, gli indiani, le olimpiadi, il capodanno, ecc.). Dopo cena c’era, a sere
alterne, o uno spettacolo fatto dai bambini o la discoteca nel “club”. Alle 23
i bambini andavano a dormire, mentre noi educatori ci riunivamo per parlare
della giornata trascorsa e per conoscere il programma della giornata seguente. Tutto
era ben organizzato, ma soprattutto tutti erano molto attenti ai bisogni di ogni
bambino.
Il
turno a cui abbiamo partecipato si chiama “turno integrativo”: il tema era
l’integrazione culturale, e non solo. I bambini sono stati stimolati alla conoscenza
di nuovi paesi e nuove culture, con particolare attenzione all’Italia (con il
nostro contributo), alla Francia (grazie all’arrivo di Mathilde, una ragazza
francese) e alla Germania (grazie all’arrivo di Annika e Talisa, due ragazze
tedesche). I bambini provenivano da diverse realtà sociali; tra loro ce n’erano
alcuni che durante l’anno vivevano in orfanotrofio e, tra questi, alcuni avevano
difficoltà d’udito e nell’articolazione delle parole. Questi bambini erano
coinvolti in tutte le attività di gioco, con naturalezza e spontaneità: penso
che Novokemp sia per loro un’opportunità unica e bellissima. I bambini erano meravigliosi,
erano molto incuriositi da noi italiane ed erano davvero affettuosi. Cercavano
di imparare cose nuove da noi, ma in realtà eravamo noi quelle ad imparare di
più: ci hanno arricchite enormemente con i loro sorrisi, con i loro abbracci,
con le loro confidenze, con le loro domande, con la loro spontaneità.
Come
in ogni cosa, ci sono stati degli aspetti positivi (numerosissimi!) e alcuni
negativi, come la totale mancanza di privacy, la necessità di adattarsi ed
adeguarsi al cibo e ai bagni in comune, l’iniziale shock culturale, inevitabile
quando si entra in contatto con persone di una cultura diversa dalla tua. Ma,
in definitiva, è tutto decisamente accettabile quando confrontato alla felicità
e all’arricchimento che è derivato da questo viaggio. Abbiamo avuto, inoltre,
l’opportunità di fare due gite: una a Novozybkov, in cui abbiamo visitato la
sede di Radimici, e un’altra a Lialiči, in cui abbiamo visto una chiesa e una
fonte sacra.
In
conclusione, un ringraziamento enorme va a coloro che mi hanno accolta come una
figlia, che mi hanno fatto innamorare perdutamente della lingua russa e soprattutto
del popolo russo, con le sue tradizioni e con le sue contraddizioni. Grazie Saša,
il direttore di Novokemp nonché nostro confidente, amico, papà russo. Grazie
Katja, per il tuo aiuto e per le tue risate irresistibili. Grazie Irina, vicedirettrice
di Novokemp nonché donna dal cuore gigante. Grazie Pavel, per i cioccolatini e
soprattutto perché senza di te questo progetto non sarebbe esistito. Grazie a
tutti gli educatori che hanno fatto un lavoro splendido e che mi hanno fatto
piangere al momento di ripartire. Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile
un progetto così bello. Potrei scrivere intere paginate parlando di Novokemp,
di tutte le persone che hanno reso speciale quest’esperienza, di tutte le
attività che mi hanno rubato il cuore (come arrostire il pane intorno a un
fuoco nella capanna, mentre si cantano canzoni accompagnati dal suono di una
chitarra), ma tutto ciò non basterebbe per capire che cos’è Novokemp. È
un’esperienza unica e meravigliosa, che si può capire solo vivendola.
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