Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

20/10/14

NOVOKEMP - LUGLIO 2014 - RELAZIONE DI GIULIA


















  



È stata dura, ma alla fine siamo arrivate a Novokemp!

Sette ore di viaggio in aereo (compreso il cambio), mezz’ora di metro e dieci di treno sono sembrate un mese. Le prime impressioni sul popolo russo le ho apprese proprio in metro, la gentilezza degli uomini, disponibili nel dare informazioni e nell’aiutarci con le valigie, mi ha stupita.

Salite sul treno che da Mosca porta a Brjansk tutti ci guardavano: eravamo noi quattro, che come immancabili italiane starnazzavamo nel vagone numero 6.
 
L’aria che si respirava era viziata e faceva un caldo soffocante, ma non c’era competizione: eravamo troppo stanche per permetterci di soffermarci su questi particolari e ci siamo addormentate avvolte nel nostro sudore.

In stazione ci aspettava un simpatico signore sui quaranta, che avremmo però rivisto assai poche volte. Ammiravamo il paesaggio dal finestrino: i boschi di betulle e le rade casette di legno ci si riproponevano all’infinito, tanto che ci chiedevamo dove fossimo finite.

Arrivate a destinazione ci siamo fiondate nelle docce e, subito dopo, a cibarci come predatrici selvagge, per poi finire a letto e riprenderci da quelle lunghe ore di viaggio.

Katja, era lei la signora che ci avrebbe accudite per tutto il nostro soggiorno, ha iniziato a parlarci delle origini di Novokemp: il sanatorio dove vengono ospitati i bambini che vivono in zone contaminate dalle radiazioni della centrale nucleare esplosa a Chernobyl negli anni ’80. «Ci sono anche bambini jnfnwqeyhvn... (così io percepivo il messaggio), invalidi smakngisdjlopovrvic... noi questo mese ospitiamo dei sordo-muti babushka kot svetlana... il mese prossimo arriveranno dei vostri amici, il loro turno sarà quello informatico, i bambini impareranno ad usare il computer! Cruiza kalashnikov tavarish… il vostro tema è invece quello culturale e voi, in quanto italiane, siete una grande risorsa, dovete portare la vostra cultura e far conoscere un po’ d’Italia a questi bambini che, per la maggior parte, non si sono mai mossi dalla Russia». Prestavo molta attenzione alle parole di Katja, le captavo e ricostruivo il discorso. Dopo un anno di studio di questa magnifica lingua non mi era possibile comprendere tutto, per questo spesso mi affidavo all’interpretazione. Le mie compagne italiane, però, dicevano che forse più che interpretazione a volte lavoravo di fantasia, per questo mi giudicavano una persona molto creativa.

Loro studiano assieme a me all’Università di Mediazione Linguistica e Culturale di Milano. Francesca era la nostra responsabile, lei sapeva il russo molto bene, era al primo anno della specialistica e aveva vissuto a Mosca per quattro mesi. Jennifer e Federica invece erano al secondo anno.

Il secondo giorno sono arrivati i nostri bambini. Ci guardavano incuriositi, si avvicinavano timidamente per conoscerci e, una volta rotto il ghiaccio, ci tempestavano di domande. Pochi giorni dopo già si erano affezionati a noi e ci riempivano di abbracci e... ancora domande, che si facevano sempre più complesse, soprattutto quelle dei bambini più grandi.

Per quanto riguarda il clima è stata una sorpresa, prima di partire mi sono ripetutamente chiesta “perché devo abbandonare la calda estate italiana, tanto attesa durante l’anno, per sfidare il gelo sovietico?”, avevo riempito la valigia di felpe e jeans, ma è stato bello scoprire che questi jeans non mi sarebbero serviti affatto! Le temperature erano sui 30°-35°C e a volte arrivavano ai 40°. E in Italia? È stata un’estate piovosa e fredda, niente da invidiare dalla “fredda” nazione.

Grazie a questo clima abbiamo potuto fare tante attività all’aperto, si decidevano ogni sera, durante la poco attesa “planërka”. Questo era un soporifero momento in cui, ad uno ad uno, i rappresentanti delle semejke e noi animatori degli atelier raccontavamo della propria giornata, dei problemi e delle cose che ci sono piaciute. Era molto bello dare spazio e voce ad ognuno, era un modo per coinvolgere tutti e pure noi stranieri, tal volta esclusi per limiti linguistici.

I primi giorni eravamo tutti molto carichi, ma presto, quasi per tutti, le cose da dire erano sempre le stesse. Era però quasi comico recitare ogni giorno la famosa frase: «Сегодня день прошел хорошо, дети понравится игp, спасибо всем» (Oggi la giornata è trascorsa bene, ai bambini sono piaciuti i giochi, grazie a tutti). Questa frase la ripetevamo tra di noi anche in altri momenti della giornata per farci due risate.

Cercavo ogni giorno di formulare frasi più complicate, ma mi dimenticavo di prepararmele prima della riunione, quindi improvvisavo e spesso il mio intervento terminava con una risata. Ho imparato così che attività non si dice aktivnusti, così come fuochi d’artificio non viene tradotto alla lettera e altre parole molto interessanti che, ahimè, ho dimenticato. Una volta stabiliti i piani per il giorno dopo eravamo pronti per una nuova giornata.

Io e Federica ci occupavamo di danze e giochi italiani, mentre Francesca e Jennifer tenevano lezione d’italiano, durante la quale spesso insegnavano delle canzoni, e un corso di yoga.

Queste erano le attività della mattina. Durante il pomeriggio c’erano sempre dei giochi diversi, dove i bambini correvano da una base all’altra per guadagnare punti. Proprio in queste “basi” ci trovavamo noi animatori, divisi a due a due. Questo è stato un momento molto utile per conoscere meglio i nostri colleghi russi e un’ottima occasione per parlare.

Il programma serale prevedeva o la discoteca oppure uno spettacolino con dei balletti preparato durante il giorno da bambini e animatori. In entrambi i casi ci si divertiva molto! Era buffo quando, durante i lenti in discoteca, i bambini ci invitavano a ballare porgendoci la mano da veri gentiluomini.

I giorni si ripetevano, le attività si somigliavano, eppure è sorprendente come non ci fosse mai monotonia nelle nostre giornate russe.

Dopo che i bambini andavano a letto, spesso crollavamo anche noi dalla stanchezza, ma a volte festeggiavamo con una deliziosa grigliata qualche evento. C’era sempre qualcosa per cui far festa: un compleanno, l’arrivo di un nuovo ospite o l’ultima serata di qualcuno.

Giulia Fortunato

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