Camilla Carrara - 19 anni
Università Statale di
Milano
(sede di Sesto San
Giovanni)
Mediazione linguistica e
culturale
NOVOKEMP, AGOSTO 2014
Il
7 agosto 2014 sono atterrata all’aeroporto di Mosca con gli altri amici
italiani. Dopo aver trascorso un giorno nella capitale, ci siamo avventurati
sul tanto temuto treno cosiddetto “ubriaco”, curiosi ma non molto rassicurati
da tale definizione. In realtà ho personalmente vissuto uno dei viaggi più
rilassati della mia vita; ero in cuccetta con due simpatici signori originari
della Kamčatka, che mi hanno mostrato fotografie di orsi scuoiati mentre mangiavo
biscotti e grissini. Ho poi dormito qualche ora, e alle cinque della mattina
sono scesa alla stazione di Uneča. Ci aspettavano sulla banchina due figure
poco visibili nell’oscurità. Notando che prendevano le nostre valigie con
un’inspiegabile sicurezza e le caricavano su di un furgone rosso, li abbiamo
seguiti, mossi da una altrettanto inspiegabile fiducia. Queste due fantastiche
persone erano Saša, direttore di Novokemp, e Maksim, volontario del campo, i
quali ci hanno spiegato poi l’inconfondibile aurea di disorientamento grazie
alla quale identificavano ogni straniero.
Il
9 agosto, circa alle 6 della mattina, sono dunque giunta a Novokemp dopo un
viaggio tra foreste e campi immensi. La prima visione che ricordo e che tuttora
permane nella mente mia è di alberi altissimi, tanto da coprire il cielo, che
si intravedeva azzurro attraverso il fogliame. Odore di buono, di naturale, di
fresco. Ogni mattina era bello respirare a pieni polmoni, riempiendosi di
Russia selvaggia. Entrando nella casetta di legno, la nostra гостиница,
è stato come tornare alle vacanze d’infanzia nella baita di montagna: tavolo e
pareti in legno, letti a castello con caldi piumoni avvolgenti e un senso di
calore. Ed io che pensavo di vivere tre settimane in condizioni piuttosto
squallide. Mi manca molto quella casetta, il nostro regno di disordine e
confidenze, di chiacchierate con tè bollente tra le mani e tante risate.
Il
primo giorno ho poi conosciuto Grigor’evna, la signora addetta alla pulizia dei
bagni! Quanto mi manca Grigor’evna... Aveva modi un po’ bruschi, certo, ma solo
lei mi ha insegnato la suddivisione dei saluti a seconda dell’altezza del sole
nel cielo. Cara, saggia Grigorevna! Inizialmente ricordo che ero piuttosto
bloccata nel parlare, avendo terminato il primo anno di russo sapevo dire
parole senza nessi logici, dunque la nostra prima conversazione è stata
difficoltosa ed imbarazzante. Ho iniziato a rendermi conto dei progressi
linguistici quando le sue frasi, talvolta burbere, talvolta gentili, hanno
iniziato ad acquistare un senso nella mia mente.
Porto
nel cuore molte persone di Novokemp, bambini e volontari. Qualche volta mi trovo
a sorridere, mentre verso il tè, frenando l’istinto di riempire altre tazze per
gli amici. Sorrido anche quando, non capendo un discorso, mi trovo ad urlare “что??”, oppure quando annuisco ripetendo
“да да”. È davvero una reazione automatica,
e questo penso sia bellissimo, significa che un po’ di russo ha messo le radici
in un angolo della mia mente, e non devo impegnarmi per farlo restare. Per
questo devo ringraziare la pazienza di tutti, senza esclusioni, perché nel
campo non ho mai percepito barriere linguistiche, nonostante l’evidente
divario. Mi sono sempre sentita in armonia, accettata, parte del gruppo, come
se fossi in una famiglia un po’ inusuale. I bimbi ripetevano mille volte, e non
sto iperbolizzando, domande, discorsi o semplici parole, e nei loro occhi si
leggeva tanto divertimento ma anche tanta tenerezza. Ho ricevuto biglietti
colmi di tenerezza e ingenuità dalle bambine, che mi abbracciavano e ripetevano
quanto bella simpatica carina super fantastica fossi!
I
volontari russi del campo sono sempre stati disponibili e molto aperti al
dialogo, con alcuni di loro ho instaurato belle amicizie e anche ora ci
sentiamo e scriviamo, nonostante la distanza. Organizzare giochi e laboratori
con loro è stato divertente e molto educativo, avevano un rigore ed una
disciplina a mio parere maggiore rispetto a noi italiani, dunque erano una
sorta di modello. Il punto di riferimento per eccellenza di tutti noi era
Katja, la nostra mamma russa. Per almeno una settimana dopo il mio ritorno in
Italia mi sembrava di sentire la sua voce squillante chiamare: “Ragazze!
Gabri!”. Temevamo quel richiamo, soprattutto nei momenti di ozio più totale, ma
in fondo è diventato parte indispensabile della giornata, era come la panna
sopra il gelato al cioccolato. Katja è stata davvero fantastica con noi, ci ha
accudito come figli e divertito con la sua risata sonora e inconfondibile.
Il
caldo abbraccio dei bimbi, la condivisione delle proprie vite raccontate in
russo italianizzato, la quotidianità scandita dai ritmi del campo, gli spiedini
nella notte attorno al fuoco, i bagni nel fiume, i pranzi più veloci del mondo,
svegliarsi la mattina con uno scopo meraviglioso nella mente, i neologismi improbabili coniati nella disperazione,
umanità amore amicizia altruismo... Insomma, il viaggio di ritorno
sull’elegante treno bielorusso è stato accompagnato da una nuvola di
malinconia. Ho tanti ricordi vividi nella mente, ripensando ora al mese in
Russia mi sembra ancora molto vicino a me, è come se avessi vissuto una vita
parallela che sfiorava il reale odierno. Tutte le parole che si possono
pronunciare in merito al campo, i racconti, le fotografie... Nulla può
veramente rappresentare e spiegare il vissuto. Forse è bello così, cullare i
ricordi personalmente, come fossero bimbi fragili. Non posso reprimere un
sorriso quando tali ricordi emergono, mi pervadono sensazioni positive e il mio
sguardo vaga lontano, oltre le grigie strade di Milano, oltre i libri
universitari, oltre gli alti palazzi. Vedo solo campi, foreste di betulle, manine
sporche di pennarello e la volta stellata oltre i rami. Grazie Novokemp!
Camilla Carrara
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