Come ricordo quei giorni, mi prende l’angoscia. Davvero all’inizio noi non sapevamo niente e, per le feste di maggio, a Zlynka andavamo alla manifestazione. Ricordo in quei giorni un caldo inconsueto. Dopo la sfilata avevo tutto il viso pieno di macchie rosse, pensavo: sarà la mia pelle sensibile, bianca, che si è scottata per il sole. Ma era Cernobyl. I cordoni dei dosimetristi stavano all’uscita dal bosco vicino al villaggio di Kamen’. Andai da loro a misurare l’accumulo di radiazioni. Mi chiesero da dove venissi. Glielo dissi. Il dosimetrista mi disse: torni a casa, da voi è caduto lo iodio-131, non è così terribile come il cesio e lo stronzio, che il nostro bosco aveva afferrato come una spazzola. Poi si misero a cacciar via le nostre vecchiette dal bosco. Come sempre, andavano là a raccoglier funghi e frutti di bosco… Loro non comprendevano tutto quello che accadeva. E risuonava all’indirizzo dei poveri dosimetristi: «Figli di puttana!». A Kamnja, Ljubino, dopo la tragedia gli abitanti vissero ancora per alcuni anni. Soltanto agli inizi degli anni Novanta vennero trasferiti nelle province di Pogar e Počep. Molti non sono più tra i vivi. […]
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Data: 11.05.2010
Fonte: zlunka.ucoz.net
Traduzione: S.F.
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