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"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

21/06/10

REPORTAGE DA CERNOBYL: COME SALVANO IL SARCOFAGO


La costruzione della “Copertura-2” si è protratta per decenni. Ma alla centrale nucleare di Cernobyl non credono che la vecchia costruzione possa crollare in qualsiasi momento.

Il 3 maggio del 1986 al Ministero del combustibile e dell’energia dell’URSS a Mosca si presentò un ingegnere nucleare per ricevere l’incarico prima di partire per la missione a Cernobyl. Aspettando nella sala d’attesa della dirigenza, l’uomo lesse nella bacheca degli annunci una disposizione dove nero su bianco c’era scritto: i collaboratori della centrale nucleare di Cernobyl sono tenuti a rimuovere i danni e a rimettere in funzione il quarto reattore entro… il 19 maggio 1986!

Questa storia stupefacente non è un’invenzione. La persona che l’ha raccontata vive oggi a Slavutič. Egli assicura che allora al ministero semplicemente non capivano (o non desideravano capire) le autentiche proporzioni della catastrofe! E gli uomini che venivano mandati a liquidare l’incidente non sapevano che sarebbero andati incontro a una morte sicura. Perché il livello delle radiazioni alla centrale di Cernobyl era impazzito. Cionondimeno a loro toccava di lavorarci.

– Inizialmente, per scongiurare il surriscaldamento dei resti del reattore e per diminuire la fuoriuscita delle radiazioni nel cratere del nefasto quarto blocco energetico venne gettata dagli aerei una miscela speciale, – racconta uno dei liquidatori dell’incidente rimasti in vita. – In seguito venne costruito intorno al reattore un sarcofago di cemento, il cosiddetto oggetto “Copertura”. Mentre i frammenti radioattivi sparsi in conseguenza dell’esplosione sul tetto della sala macchine vennero rimossi all’interno del sarcofago.

A costo di uno sforzo indicibile e di vittime umane la costruzione del primo sarcofago fu portata a termine nel novembre del 1986. Tutti però capivano bene che si trattava soltanto di misure temporanee. Per fare della centrale di Cernobyl un oggetto ecologicamente privo di pericoli bisognava come minimo costruire un nuovo sarcofago. Erano tuttavia necessari ingenti risorse finanziarie, che non c’erano. Perciò a metà degli anni Novanta la dirigenza dell’Ucraina prese la decisione di chiedere aiuto alla comunità internazionale. E nel 1997, alla riunione dei paesi del G7, fu sottoscritto il “Piano di realizzazione delle misure sull’oggetto ‘Copertura’ (SIP)”. Secondo questo documento, i 29 paesi donatori s’impegnavano a finanziare i lavori tramite la Banca internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS). Ovviamente al progetto partecipano anche i soldi del budget statale dell’Ucraina.

STABILIZZAZIONE

Alla vigilia del 24° anniversario dell’incidente i corrispondenti di “Segodnja” si sono recati alla centrale di Cernobyl. Al quarto reattore, naturalmente, non fanno avvicinare gli estranei. Là il fondo radioattivo è molto elevato. Perciò ci hanno condotto a una piazzola d’osservazione sottovetro di fronte al gigantesco sarcofago di cemento. Da lì a esso ci saranno 200 metri. Ora è rivestito di impalcature gialle, e osservato da fuori ha l’aspetto del più comune edificio industriale in ristrutturazione.

– Nel 1986 a causa delle radiazioni l’attuale sarcofago venne costruito precipitosamente e a distanza, – racconta il responsabile del reparto informazioni della centrale di Cernobyl Maja Rudenko. – I frammenti della costruzione non venivano nemmeno saldati! Vennero semplicemente appoggiati sui vani di ventilazione e su una delle pareti dell’oggetto due pesantissime travi, poi un piano di tubi, e sopra una copertura leggera. Complessivamente tutta la costruzione pesava 190 tonnellate e si appoggiava sulla parete distrutta dall’esplosione, che in breve s’inclinò di quasi un metro! Se fosse crollata, le radiazioni sarebbero finite ancora una volta nell’atmosfera! Per questo secondo il piano SIP bisognava prima di tutto effettuare la stabilizzazione della “Copertura-1” e soltanto in seguito cominciare la costruzione del nuovo sarcofago, che viene chiamato “Copertura-2”.

I primi passi verso la stabilizzazione nell’ambito degli accordi internazionali furono intrapresi nel 2004. La centrale però aveva cominciato a metterla in atto con le proprie forze molto tempo prima. Come risultato la carcassa gialla (ovvero le costruzioni di stabilizzazione) allestita con gli sforzi comuni ha tolto l’80% del carico dalla parete distrutta. In sostanza la sostiene.

– Era inoltre necessario rifare la copertura dell’oggetto, – prosegue Maja Feliksovna. – Prima del 2008 era putrida e piena di buchi. Certo, non si può dire che il sarcofago ora sia perfettamente ermetico. Ma c’è stato un miglioramento.

Le voci sul fatto che fin da dopo i primi lavori effettuati il vecchio sarcofago sarebbe potuto crollare in qualsiasi momento alla centrale le ritengono assolutamente infondate. Dicono che può reggere 10-15 anni.

IL PROBLEMA DEGLI AMMASSI

Nella fase successiva, bisogna sgomberare dal territorio le cosiddette scorie radioattive. In parole povere, tutto quello che è rimasto dopo l’incidente. Questo è necessario per la costruzione del nuovo sarcofago.

– Nel 1986 tutte le scorie furono semplicemente sotterrate, – racconta Maja Feliksovna. – Venne scavato uno sterro, vi portarono vicino i mezzi con il materiale “inquinato” e li spinsero giù con un rimorchiatore. Di documenti su quello che si trova nei “cimiteri” non ne hanno lasciati! Ecco, tanto per fare un esempio. Nell’agosto del 2008 gli operai scavando scoprirono una gru. Un colosso di 80 tonnellate che giaceva con il braccio in giù ed emanava spietatamente radiazioni. Dapprima la si dovette fare a pezzi, poi impacchettare in degli speciali container ermetici e soltanto in seguito trasportare nel villaggio di Burjakovka, dove si trova il deposito attrezzato di scorie radioattive Vektor-1. Soltanto per il lavoro con la gru se ne andò via un mese! E quante se ne sono verificate di situazioni del genere!

LE TUTE SPECIALI NON PROTEGGONO DALLE RADIAZIONI

Intorno al quarto blocco lavorano uomini com speciali tute bianche e caschi arancioni. Attraverso il vetro della piazzola d’osservazione si vedono bene le loro piccole sagome. Là si trovano di continuo anche i dosimetristi. Nel caso in cui venga rilevata una fonte di forte irradiamento, i lavori vengono immediatamente sospesi. Questo tipo di problemi sono di competenza degli specialisti del reparto per il trattamento delle scorie radioattive solide della centrale di Cernobyl, sempre dopo l’installazione di schermi speciali (nel linguaggio popolare vengono chiamati “barriere”).

– Il fatto è che della costruzione dell’arco, secondo gli accordi internazionali, è incaricato un appaltatore straniero, – spiega Maja Rudenko. – Mentre noi avevamo chiesto un appaltatore (in sostanza un’impresa ucraina) che eseguisse immediatamente l’allestimento dell’area sotto il nuovo sarcofago. È naturale che di lavorare con i materiali “inquinati” i costruttori non sono capaci. E inoltre non possiamo permettere che vengano irradiati. Anche perché nei dintorni del quarto reattore si trovano molti materiali, trovandosi vicino ai quali anche solo per un’ora si può ricevere una dose di radiazioni corrispondente al limite massimo annuale, dopodiché il collaboratore della centrale viene allontanato dalla zona di spopolamento…

È curioso che di indumenti speciali che potrebbero proteggere dall’irradiamento non ce ne siano proprio. Le tute bianche con le quali gli operai lavorano intorno al sarcofago in sostanza assicurano loro solamente l’igiene. Perciò tutto dipende dal tempo che trascorrono vicino al reattore. Secondo Maja Rudenko, la dose massima per una sessione di lavoro è di 30 milliroentgen al giorno.

L’ARCO VERRÀ MONTATO A PEZZI

Oltre allo sgombero dell’area intorno al quarto reattore dalle scorie radioattive, si stanno concludendo i lavori di scavo degli sterri necessari per la costruzione del nuovo sarcofago – l’oggetto “Copertura-2”. Questa enorme costruzione (chiamata “arco” in linguaggio popolare) ricoprirà interamente il nefasto quarto blocco. Le sue misure (257x150 metri, con un’altezza di 109 metri) sono forse paragonabili a quelle di un enorme campo da calcio. Si ritiene che essa sarà in grado di reggere come minimo per 300 anni.

– Al momento stiamo scavando due sterri sotto le fondamenta a partire dai lati sud e nord del quarto reattore, – racconta l’ingegnere capo del gruppo SIP Boris Kulišenko. – Ciascuno con una profondità da 1,5 a 4,5 metri. Si tenga conto che l’altezza delle fondamenta è di circa 18 metri. Dopodiché, nell’area d’assemblaggio preliminare (all’incirca a 150 metri dal perimetro del territorio fortemente contaminato) si comincerà a montare sei frammenti dell’arco (è così grande che altrimenti non c’è modo di spostarlo). Parallelamente verrà costruita ai lati delle fondamenta una grande piattaforma di cemento (270x200 metri) per l’assemblaggio delle parti del sarcofago nelle immediate vicinanze del reattore. Quando tutto sarà pronto, sulle fondamenta verranno posate delle rotaie e si comincerà a trasportare le strutture dell’arco sui rimorchi a ruote. Dopodiché monteremo e sposteremo le prime tre parti. Altrettanto faremo con la seconda metà. E, infine, uniremo insieme queste due metà.

Secondo programma, il nuovo sarcofago dovrebbe essere pronto nel 2013. Ma quando lo sarà per davvero, ce lo dirà il tempo.

«ANDRÀ BENE SE I PROBLEMI SI RISOLVERANNO IN 100 ANNI»

Di raccontarci il perché la costruzione dell’arco si protrae tanto a lungo l’abbiamo chiesto a Valerij Kuchar, direttore dell’Istituto di chimica bioorganica dell’Accademia delle scienze dell’Ucraina e membro del gruppo di consultazione per la centrale di Cernobyl.

– Il progetto SIP fu elaborato nel 1997, quando non sapevamo neanche quanto combustibile ci fosse nel sarcofago e in quali condizioni esso si trovasse, – racconta Valerij Pavlovič. – Gli elevati campi radioattivi non davano la possibilità di studiare l’intero oggetto. Anche oggi d’altronde non consentono di farlo. In alcuni locali l’uomo non vi ha ancora messo piede dal 1986. Per questo ci è voluto del tempo per precisare il quadro e il piano d’azione. Ad esempio, chi allora pensava che per la costruzione dell’arco sarebbe stato necessario smontare il tubo di ventilazione che serve il terzo e quarto reattore? Ed esso era paurosamente radioattivo, letteralmente intasato di combustibile in seguito all’esplosione! Oltretutto era decrepito e sarebbe potuto cadere. Si dovette tagliarlo. Ma nel progetto iniziale tutto questo non era previsto. E cosa si può dire. Di situazioni di questo tipo se ne sono verificate a decine! Si dovette perdere tempo anche per la stabilizzazione. Bisognava capire come rinforzare le strutture instabili senza che ci fosse rischio per la vita degli operai…

– Dopo la stabilizzazione però la costruzione del sarcofago fu di nuovo rimandata…

Sì. Era necessario predisporre un progetto concettuale. E anche fare una gara d’appalto internazionale e trovare degli appaltatori che si assumessero l’onere non soltanto della costruzione dell’arco ma anche dello smantellamento delle strutture instabili. E non fu affatto facile. Se avete visto in televisione le immagini di zone colpite da un forte terremoto, allora potete immaginarvi che cosa avvenga dentro il sarcofago. Tutto quello che è crollato dopo l’esplosione sta come appeso a un filo, le travi distese di traverso. E alcune di esse pesano dalle 60 alle 80 tonnellate…

– E che cosa darà concretamente il nuovo sarcofago?

– In primo luogo, se all’interno del blocco si verificasse una frana, l’arco non lascerebbe fuoriuscire la polvere radioattiva sollevatasi nell’atmosfera. In secondo luogo, esso proteggerà il blocco dalla penetrazione dell’acqua. Ed è questo oggi uno dei maggiori inconvenienti. Con il tempo l’acqua distrugge tutti i materiali. Per il suo effetto, ad esempio, le strutture in cemento cominciano a seccarsi e a sollevare polvere. E questo è pericoloso. Oggi l’acqua viene pompata nel terzo blocco, e da lì finisce nel sistema generale di depurazione dalla radioattività della centrale. Tuttavia essa è contaminata non soltanto dai materiali che si formano durante il normale funzionamento di una centrale nucleare. Ma da cesio, stronzio, plutonio, americio, urano! Ovviamente ci si pone il problema di come depurarla in futuro. Per il momento viene raccolta nei serbatoi e custodita. Ma la cosa non potrà andare avanti all’infinito. Bisogna chiudere il quarto reattore e non consentirvi la penetrazione di acqua in grandi quantità.

– Pare sia sorto un problema con la progettazione del sistema di gru che dovrebbe essere installato all’interno dell’arco…

– È la verità. Il nuovo sarcofago coprirà uno spazio enorme e si dovrà trovare il posto per smontare le strutture instabili e collocarle accuratamente lì vicino fino a un loro successivo utilizzo. Tutto questo lo devono fare le gru. Ma purtroppo per ora con i soldi che abbiamo a diposizione non ci sono appaltatori in grado di installare un tale sistema. Esso dovrebbe essere collocato saldamente sulla superficie del nuovo arco ed essere completamente automatizzato. In parole povere, comandato a distanza.

Il progetto fu redatto nel 1997. Da allora sarà diventato più costoso?

– Sì, la somma è aumentata. All’inizio si era preventivato di spendere circa 760 milioni di dollari, ma ora si parla già di quasi un miliardo e mezzo. L’inflazione galoppa, il dollaro è caduto, rincarano i materiali da costruzione (l’acciaio, il metallo), la forza lavoro e molte altre cose. Come si usa dire, prima costruisci meno spendi. Va ancora bene che i paesi donatori per il momento non vengono meno alle loro promesse. Nonostante che con la crisi economica pure loro abbiano non pochi problemi interni.

– Per la messa in sicurezza ecologica della centrale nucleare di Cernobyl bisognerebbe però anche portare fuori dal sarcofago tutte le scorie radioattive…

– Ritengo che in 30-40 anni si potrà iniziare l’estrazione. Andrà bene, se tutti i problemi saranno risolti nel corso dei prossimi 100 anni. A proposito, inizialmente contavamo che i lavori per l’estrazione del combustibile saremmo riusciti a effettuarli nell’ambito del piano SIP. Ma gli stranieri si sono rifiutati categoricamente. Del tipo, è molto caro e bisogna pur restare in vita…

LA COSTRUZIONE È STATA FRENATA DALLA SITUAZIONE POLITICA

Un esperto di uno dei più alti organi statali, che ha preferito rimanere in incognito, ci ha raccontato la sua versione dei fatti.

– Il processo di messa in atto del SIP va così per le lunghe per due motivi. Il primo è la quantità dei partecipanti al progetto. Da una parte ci sono il ministero delle Emergenze (ente statale responsabile dell’attuazione) e gli altri organi statali (è troppo lungo elencarli tutti) che fanno le perizie dei progetti. E pure la Centrale nucleare di Cernobyl. Dall’altra parte la banca, che ha creato per il controllo dei flussi finanziari una direzione mista (di cui fanno parte tanto i rappresentanti della Centrale di Cernobyl quanto gli esperti consulenti ucraini e di altri paesi). E infine i paesi donatori. E tutte queste parti devono accordarsi! E non sul progetto nel suo complesso. Ma su tutta una serie di piccole questioni tecniche. Come potete capire, è un processo lungo. Il secondo motivo è la situazione politica nel nostro paese. Quando nel corso di due anni il presidente e il primo ministro si fanno di continuo la guerra, tutti i processi s’immobilizzano a livello statale. Perché sono proprio le più alte cariche del paese che dovrebbero supervisionare iniziative di tale livello come la costruzione dell’oggetto “Copertura-2”.

– E come vanno le cose con la corruzione? Ci saranno sicuramente stati casi di lucro con i soldi dei paesi donatori?

– Il BIRS segue questo problema con grande attenzione. Inoltre, secondo informazioni non verificate, alla centrale di Cernobyl ci sono persone che per vie non ufficiali riferiscono alla banca la situazione. Così che se anche questi tentativi ci fossero stati (e io personalmente credo che ci siano stati), di sicuro sono stati stroncati sul nascere. Inoltre si può supporre che anche ai paesi donatori ne siano a conoscenza. Non sono certo cose che favoriscono il miglioramento della comprensione reciproca.

– E quante risorse sono già state spese per il progetto?

– Intorno ai 600 milioni di dollari. Ma corre voce che manchino circa 400 milioni..

Data: 26.04.2010

Fonte: www.segodnya.ua

Autrice dell’articolo: Inna Zolotuchina

Traduzione: S.F.


Link al pdf dell'articolo: Reportage da Cernobyl: come salvano il sarcofago

Link all'articolo originale: Репортаж из Чернобыля: как спасают саркофаг

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