Per molti dei detentori di potere di quel tempo egli
fu “persona scomoda” in vita. Proprio per questo, probabilmente, dopo la sua
morte ci si dimenticò molto velocemente di lui. I suoi lavori – chilometri di
pellicole cinematografiche e fotografiche – vennero di tutta fretta mandati in
discarica. Oggi quello che si è riuscito a conservare viene utilizzato in
qualità di “illustrazione” della tragedia di Cernobyl nei film di tutti i
registi di una certa importanza. Invece il nome dell’uomo che sacrificò la
propria vita per girare quel materiale non viene ricordato neanche nei titoli.
Michail Nazarenko (1953-1993) pensava che il suo
posto stesse dall’altra parte dell’obiettivo e raramente finiva dentro il
quadro. Le fotografie e i filmati con l’immagine di questo uomo sono in effetti
una grande rarità. Dai ricordi degli amici i suoi tratti distintivi erano, oltre
a una sconfinata modestia, le poche parole, la responsabilità e uno sviluppato
senso della giustizia.
«Era una personalità riservata» – ricorda Ljubov’
Sirota (poetessa, ex direttrice dello studio letterario della Casa della
Cultura “Energetik” di Pripjat’). «Faceva tanto, parlava poco. Penso che fino in fondo non
facesse varcare a nessuno la soglia della sua anima. Era una sorta di filosofo,
chiuso, la maggior parte delle cose la teneva dentro di sé.»
Pigmalione di Pripjat’, come lo chiamarono in uno
spettacolo satirico i suoi colleghi della Casa della Cultura, Michail era
fotografo e cineoperatore ufficiale della città, dirigeva lo studio amatoriale
“Pripjat’ Film”, insegnava ai bambini e agli adulti l’arte cinematografica,
scriveva poesie, partecipava attivamente alle messe in scena teatrali,
organizzava concorsi cittadini di fotografia amatoriale. La sua passione
principale era però il cinema di breve formato. Di tutti i cortometraggi girati
da Nazarenko prima dell’incidente se n’è conservato soltanto uno, il
documentario sugli eroi di Pripjat’ Mi
son cari questi luoghi (Мне дориги эти места).
Nazarenko si misurò anche con il cinema artistico. Gli amici ricordano che
Michail fece in tempo a girare almeno un corto artistico sulla vita di
un’anziana donna di campagna ai tempi dell’occupazione nazista. Purtroppo la pellicola è andata perduta.
Nonostante tutti i suoi impegni, Nazarenko trovava
anche il tempo, così, per suo diletto, di riprendere immagini della sua città.
Allora, prima dell’incidente, nessuno poteva immaginare quanto sarebbero
divenuti preziosi quei quadri di vita quotidiana di Pripjat’.
«Allora non ci facevamo caso. Sì, ecco, un film su
Pripjat’; sì, ecco, un gallo che fa chicchirichì sul balcone, be’, un bel
particolare; ecco, la gente che va al lavoro, alla fermata – ma son cose che
succedono oggi, come anche domani e dopodomani» – racconta Aleksandr Demidov,
ex responsabile della discoteca “Edison-2” di Pripjat’. «Non t’immagini di certo che
domani questa città non ci sarebbe più stata, che i suoi abitanti non ci
sarebbero più stati. E questi filmati sono diventati a loro modo una pietra
miliare di una storia ch’è impossibile ripetere. Come dire, alla fermata ci va
gente ormai di un’altra città, su quel balcone di Pripjat’ i galli non fanno
più chicchirichì… Per questo si può dire che sono filmati eccezionali,
eccezionali forse perché io vengo da Pripjat’, forse perché li guardo in
maniera diversa. Sono come un ricordo dal quale sono state rimosse tutte le
cose negative ed è rimasta soltanto un’immagine ideale di bellezza…».
Di quel che Michail Nazarenko filmò il 26 e il 27
aprile 1986 sono rimasti non più di 10 minuti di materiale. Gli riuscì di
conservare solamente alcune immagini dell’evacuazione della città, tra cui le
più celebri sono quelle dell’infinita catena di pullman lungo le vie Kurčatov e
Lenin. Nazarenko li riprese dalla finestra del suo ufficio. Quasi tutto quello
che aveva filmato fuori dell’edificio venne distrutto o sequestrato. Come in
seguito confessò Michail a Ljubov’ Sirota, per salvare le immagini
dell’evacuazione che aveva girato dovette… occultarle dagli agenti del KGB.
«Lui mi spiegò che quello che aveva girato
direttamente a Pripjat’ venne fatto sovraesporre» – ricorda Demidov. «Allora si
filmava non in digitale, ma con la pellicola, la quale andava poi sviluppata.
Per strada ti si avvicinavano gli agenti del KGB, ti aprivano la cinepresa e
sovraesponevano la pellicola. Per questo ne rimasero pochissime delle sue
immagini. Quelle che rientrarono nel film Porog
(La soglia) sono praticamente tutto
quello che è rimasto di ciò che venne girato il 26 aprile. Nei giorni
successivi all’incidente lui riprese ancora alcuni villaggi, le nostre
iniziative culturali, i lavoratori della centrale al club “Skazočnyj”. Ma i
quadri più preziosi sono certamente quelli di Pripjat’. Penso che se
allora non li avessimo troppo
sbandierati e mostrati in giro forse si sarebbe riusciti a conservare l’intera
pellicola».
Già all’inizio di maggio dell’86 Michail Nazarenko,
assieme al collettivo dell’Edison-2, montò delle diapositive e poi un filmato
su Pripjat’ prima dell’incidente. Il cinestudio di Nazarenko e la discoteca di
Demidov formarono un’apposita squadra che aveva il compito di organizzare il
programma culturale per i liquidatori dell’incidente; in pratica, si faceva
ballare il pubblico. Ma prima dell’inizio della parte ricreativa proiettavano i
film di Michail. La cosa venne approvata anche ai massimi livelli, tanto che
Demidov e Nazarenko ricevettero perfino dei diplomi dal Ministero della Cultura
dell’URSS. Come il tempo poi dimostrò, quel foglio di carta nella cartelletta
rossa con il profilo di Lenin sarebbe rimasto l’unico premio da parte dello
stato per l’irrimediabile perdita della sua salute…
Nell’estate del 1986, il loro collettivo venne
mandato in Crimea, nei campi dei pionieri Artek e Molodaja gvardija, dove
trascorrevano le vacanze i bambini evacuati da Pripjat’. Quel viaggio fu
organizzato dal sindacato della centrale di Cernobyl. Con le immagini riprese
in Crimea Michail completò il suo film Mi
son cari questi luoghi, girato prima dell’incidente.
«Noi portammo là ai ragazzi degli schizzi e dei collage
fotografici di Pripjat’, e dalla Crimea portammo invece indietro un filmato su
come passavano le vacanze i bambini. Cioè ci fu una sorta di scambio» –
continua Demidov. «Ci furono molte lacrime tra i bambini… Scrissero perfino una
canzone, la quale, mi pare, andò a finire nel film di Michail, su come noi,
abitanti di Pripjat’, non avremmo tradito la nostra città e ci saremmo
comportati meglio. E ovviamente, quando portammo il materiale girato coi
bambini a Belye Parochody (nellazona del Poless’e), dove erano alloggiati
allora i lavoratori della centrale, ci furono le lacrime di risposta dei
genitori. Il fatto è che i bambini erano stati evacuati e con i genitori era
già da un po’ di tempo che non si vedevano. E fu così che attraverso la
pellicola i genitori poterono vedere i loro bambini e i bambini i loro
genitori».
Il lavoro di Michail Nazarenko nella Zona non si limitò
ai programmi culturali per il personale della Centrale. Lui s’adoperò per imprimere
sulla pellicola tutto: i lavori per la liquidazione delle conseguenze del
disastro e la Città
ormai vuota, circondata dal fil di ferro. Il sogno di Michail era di riprendere
il reattore distrutto in volo dall’alto. Nazarenko era persino riuscito ad
accordarsi con il comandante dell’equipaggio di uno degli elicotteri che
operavano allora alla centrale. All’ultimo momento però qualcosa mandò all’aria
il piano e per questa fortunata circostanza Nazarenko non andò ad accrescere
l’elenco dei morti di quel nefasto volo del MI-8, la cui elica durante
l’espletamento della missione – il rilascio di una soluzione speciale sulle
fonti d’alta radioattività nel quarto reattore – andò a sbattere contro i cavi
di un’altissima gru. In parte vedendoci la mano della provvidenza che gli salvò
la vita, in parte perché il suo elevato senso di giustizia non lo faceva
rassegnare alle “menzogne di Cernobyl” di cui erano pieni la televisione e i
giornali sovietici, Michail decise di filmare... filmare tutto quello che gli accadeva
intorno, filmare la verità, fregandosene dei divieti del KGB, rischiando tutto
e nonostante tutto.
Per farsi aiutare a organizzare le riprese Michail
Nazarenko si rivolse a Gennadij Belenkov, suo amico e collega, prima
dell’incidente, del cinestudio “Pripjat’ Film”. A quel tempo Belenkov lavorava
come vice del segretario del Comitato del Komsomol della Centrale e aveva la
possibilità di rilasciare i lasciapassare per la Zona con la nota
“dappertutto”. Un’automobile con al volante un funzionario di quel grado
neanche i famigerati agenti del KGB s’arrischiavano a fermarla, né prendevano
misure attive per vietare le riprese. Il materiale filmato in quei giorni andò
a costituire la base del documentario Indimenticabile
(Незабываемое), l’ultimo lavoro di un certo spessore fatto da
Nazarenko insieme a Belenkov nel 1991. Michail aveva in progetto di presentare
quella pellicola al Festival del documentario dell’URSS e si rivolse alla
direzione della Centrale di Cernobyl per il finanziamento del viaggio. La Centrale pose la
condizione di una proiezione preventiva del film per il direttore e gli
operatori della centrale. I censori lo scartarono…
«Nell’87 io lavoravo alla Centrale di Cernobyl nel
reparto di riparazione e costruzione come designer, disegnavo delle carte per
le varie assemblee. Ovviamente le carte erano segrete» – racconta Belenkov. «In
esse v’erano alcuni dati sui livelli di radioattività che noi avevamo
utilizzato in quel film. Le carte non le avevamo filmate, non si vedevano,
semplicemente nel film venivano enunciate le cifre riguardanti sia Slavutič sia
la Zona. Dopo
la proiezione della pellicola, dalla direzione della Centrale di Cernobyl ci
venne detto senza troppe cerimonie: se mostrerete in giro questo film, a Slavutič
non potrete più vivere». Nonostante il divieto, a loro rischio e pericolo, i
ragazzi mandarono lo stesso il film al festival e, per quanto fosse
paradossale, vinsero il gran prix.
Verso la fine di aprile del 1993, Michail Nazarenko
fu invitato a partecipare a un evento dedicato all’anniversario dell’incidente
di Cernobyl.
«Era al cinema “Florencija” di Kiev» – ricorda
Ljubov’ Sirota. «Prima della mia esibizione vennero proiettati i film di Miša:
la nuova variante di Mi son cari questi
luoghi, girato prima dell’incidente, e Indimenticabile.
Mi fecero un’impressione talmente forte che io, al posto di quello che avevo in
programma, mi misi a parlare di Miša e della sua opera. Il fatto è che già
allora le sue immagini venivano utilizzate da tutti, ma l’autore non veniva mai
menzionato. Nel migliore dei casi c’era un rimando al film La soglia, ma anche quello raramente.»
Quell’intervento di Ljubov’ Sirota rimase l’unico
riconoscimento in vita dei meriti di Michail Nazarenko. Il 13 maggio, neanche
tre settimane dopo quell’evento, lui se ne andò. La causa del decesso fu
un’insufficienza cardiaca. Questa diagnosi, tanto “popolare” tra i cernobyliani,
colse Nazarenko a 40 anni. Tutti concordano sul fatto che fosse stato proprio
il lavoro nella Zona la causa della scomparsa di questo uomo in ancor giovane
età. Lui andò consapevolmente incontro al rischio.
«Già quando si portavano le attrezzature fuori da
Pripjat’ in bocca si formava un retrogusto ferroso, e questo significava che ti
stavi prendendo un po’ di roentgen» – spiega Demidov. «Direttamente noi non
ricevemmo elevate dosi di radiazioni, tuttavia lui di piccole dosi se ne prese
non poche. Per effettuare una buona ripresa di quello stesso filo spinato con
Pripjat’ sullo sfondo bisognava andare sull’erba, che non era certo molto
“pulita”, bisognava pur piegarsi, chinarsi da qualche parte, bisognava
camminare fuori dell’asfalto, sul ciglio della strada, fermarsi magari, chi lo
sa, proprio sulle macchie contaminate. Le chance che lui abbia compromesso
buona parte della sua salute durante le riprese, dopo l’incidente, di Pripjat’
e della Centrale di Cernobyl sono molte.»
Misera sorte ebbe pure l’eredità di Michail Nazarenko
– il suo archivio di pellicole cine e fotografiche. Soltanto grazie ai decisi
interventi di Gennadij Belenkov si poterono salvare alcuni dei suoi materiali: «Li
rubai. Sul serio! Dovetti, cos’altro
potevo fare? Perché sebbene dopo la morte di Miša io fossi il direttore dello
studio Pripjat’ Film, l’accesso ai suoi materiali mi era stato interdetto. In
seguito cercai alcune volte di prendermeli. Mi fecero capire che non avrei
preso proprio un bel niente… e allora io… Da un lato non fu certo una bella
cosa, ma d’altro canto… Una parte del materiale comunque sparì, un vero
peccato… Successivamente, dopo tre o quattro anni, venni infine a sapere che le
pellicole furono semplicemente buttate via. Ciarpame, dissero…»
C’è però un altro motivo, più verosimile, per essersi
tanto velocemente e decisamente “liberati” dalla pesantezza di quel peso
storico.
«Su ciascuna pellicola c’era scritto ciò che era
stato filmato» – spiega Belenkov. «Noi eravamo soggetti scomodi per la dirigenza
della Centrale di Cernobyl perché avevamo l’imprudenza di avere una propria
opinione, un proprio sguardo sugli eventi in corso, sul casino che stava
succedendo. Io e Miša filmavamo come venivano costruiti i cimiteri di materiali
radioattivi: al posto di mettere un supporto in cemento o in argilla… Si vedeva
tutto nelle pellicole. E anche come nel boschetto accanto allo spiazzo per gli
elicotteri a Cernobyl stesse lì un imballaggio di elementi termogeni altamente
radioattivi, con il certificato ben in vista, anche questo era stato filmato,
ma quelle pellicole non le trovai più...»
Filmografia di Michail Nazarenko:
Mi son cari
questi luoghi (Мне дороги эти места) - 1986
Indimenticabile
(Незабываемое) - 1986
La soglia (Порог) - 1988
Data: 2011
Fonte: www.pripyat.com
Autore: Darina Pustovaja
Traduzione: S.F
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