Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

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"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

16/11/12

L'UOMO CHE RIMASE FUORI CAMPO



Per molti dei detentori di potere di quel tempo egli fu “persona scomoda” in vita. Proprio per questo, probabilmente, dopo la sua morte ci si dimenticò molto velocemente di lui. I suoi lavori – chilometri di pellicole cinematografiche e fotografiche – vennero di tutta fretta mandati in discarica. Oggi quello che si è riuscito a conservare viene utilizzato in qualità di “illustrazione” della tragedia di Cernobyl nei film di tutti i registi di una certa importanza. Invece il nome dell’uomo che sacrificò la propria vita per girare quel materiale non viene ricordato neanche nei titoli.

Michail Nazarenko (1953-1993) pensava che il suo posto stesse dall’altra parte dell’obiettivo e raramente finiva dentro il quadro. Le fotografie e i filmati con l’immagine di questo uomo sono in effetti una grande rarità. Dai ricordi degli amici i suoi tratti distintivi erano, oltre a una sconfinata modestia, le poche parole, la responsabilità e uno sviluppato senso della giustizia.
«Era una personalità riservata» – ricorda Ljubov’ Sirota (poetessa, ex direttrice dello studio letterario della Casa della Cultura “Energetik” di Pripjat’). «Faceva tanto, parlava poco. Penso che fino in fondo non facesse varcare a nessuno la soglia della sua anima. Era una sorta di filosofo, chiuso, la maggior parte delle cose la teneva dentro di sé.»

Pigmalione di Pripjat’, come lo chiamarono in uno spettacolo satirico i suoi colleghi della Casa della Cultura, Michail era fotografo e cineoperatore ufficiale della città, dirigeva lo studio amatoriale “Pripjat’ Film”, insegnava ai bambini e agli adulti l’arte cinematografica, scriveva poesie, partecipava attivamente alle messe in scena teatrali, organizzava concorsi cittadini di fotografia amatoriale. La sua passione principale era però il cinema di breve formato. Di tutti i cortometraggi girati da Nazarenko prima dell’incidente se n’è conservato soltanto uno, il documentario sugli eroi di Pripjat’ Mi son cari questi luoghi (Мне дориги эти места). Nazarenko si misurò anche con il cinema artistico. Gli amici ricordano che Michail fece in tempo a girare almeno un corto artistico sulla vita di un’anziana donna di campagna ai tempi dell’occupazione nazista. Purtroppo la pellicola è andata perduta.
Nonostante tutti i suoi impegni, Nazarenko trovava anche il tempo, così, per suo diletto, di riprendere immagini della sua città. Allora, prima dell’incidente, nessuno poteva immaginare quanto sarebbero divenuti preziosi quei quadri di vita quotidiana di Pripjat’.

«Allora non ci facevamo caso. Sì, ecco, un film su Pripjat’; sì, ecco, un gallo che fa chicchirichì sul balcone, be’, un bel particolare; ecco, la gente che va al lavoro, alla fermata – ma son cose che succedono oggi, come anche domani e dopodomani» – racconta Aleksandr Demidov, ex responsabile della discoteca “Edison-2” di Pripjat’. «Non t’immagini di certo che domani questa città non ci sarebbe più stata, che i suoi abitanti non ci sarebbero più stati. E questi filmati sono diventati a loro modo una pietra miliare di una storia ch’è impossibile ripetere. Come dire, alla fermata ci va gente ormai di un’altra città, su quel balcone di Pripjat’ i galli non fanno più chicchirichì… Per questo si può dire che sono filmati eccezionali, eccezionali forse perché io vengo da Pripjat’, forse perché li guardo in maniera diversa. Sono come un ricordo dal quale sono state rimosse tutte le cose negative ed è rimasta soltanto un’immagine ideale di bellezza…».

Di quel che Michail Nazarenko filmò il 26 e il 27 aprile 1986 sono rimasti non più di 10 minuti di materiale. Gli riuscì di conservare solamente alcune immagini dell’evacuazione della città, tra cui le più celebri sono quelle dell’infinita catena di pullman lungo le vie Kurčatov e Lenin. Nazarenko li riprese dalla finestra del suo ufficio. Quasi tutto quello che aveva filmato fuori dell’edificio venne distrutto o sequestrato. Come in seguito confessò Michail a Ljubov’ Sirota, per salvare le immagini dell’evacuazione che aveva girato dovette… occultarle dagli agenti del KGB.

«Lui mi spiegò che quello che aveva girato direttamente a Pripjat’ venne fatto sovraesporre» – ricorda Demidov. «Allora si filmava non in digitale, ma con la pellicola, la quale andava poi sviluppata. Per strada ti si avvicinavano gli agenti del KGB, ti aprivano la cinepresa e sovraesponevano la pellicola. Per questo ne rimasero pochissime delle sue immagini. Quelle che rientrarono nel film Porog (La soglia) sono praticamente tutto quello che è rimasto di ciò che venne girato il 26 aprile. Nei giorni successivi all’incidente lui riprese ancora alcuni villaggi, le nostre iniziative culturali, i lavoratori della centrale al club “Skazočnyj”. Ma i quadri più preziosi sono certamente quelli di Pripjat’. Penso che se allora   non li avessimo troppo sbandierati e mostrati in giro forse si sarebbe riusciti a conservare l’intera pellicola».

Già all’inizio di maggio dell’86 Michail Nazarenko, assieme al collettivo dell’Edison-2, montò delle diapositive e poi un filmato su Pripjat’ prima dell’incidente. Il cinestudio di Nazarenko e la discoteca di Demidov formarono un’apposita squadra che aveva il compito di organizzare il programma culturale per i liquidatori dell’incidente; in pratica, si faceva ballare il pubblico. Ma prima dell’inizio della parte ricreativa proiettavano i film di Michail. La cosa venne approvata anche ai massimi livelli, tanto che Demidov e Nazarenko ricevettero perfino dei diplomi dal Ministero della Cultura dell’URSS. Come il tempo poi dimostrò, quel foglio di carta nella cartelletta rossa con il profilo di Lenin sarebbe rimasto l’unico premio da parte dello stato per l’irrimediabile perdita della sua salute…

Nell’estate del 1986, il loro collettivo venne mandato in Crimea, nei campi dei pionieri Artek e Molodaja gvardija, dove trascorrevano le vacanze i bambini evacuati da Pripjat’. Quel viaggio fu organizzato dal sindacato della centrale di Cernobyl. Con le immagini riprese in Crimea Michail completò il suo film Mi son cari questi luoghi, girato prima dell’incidente.

«Noi portammo là ai ragazzi degli schizzi e dei collage fotografici di Pripjat’, e dalla Crimea portammo invece indietro un filmato su come passavano le vacanze i bambini. Cioè ci fu una sorta di scambio» – continua Demidov. «Ci furono molte lacrime tra i bambini… Scrissero perfino una canzone, la quale, mi pare, andò a finire nel film di Michail, su come noi, abitanti di Pripjat’, non avremmo tradito la nostra città e ci saremmo comportati meglio. E ovviamente, quando portammo il materiale girato coi bambini a Belye Parochody (nellazona del Poless’e), dove erano alloggiati allora i lavoratori della centrale, ci furono le lacrime di risposta dei genitori. Il fatto è che i bambini erano stati evacuati e con i genitori era già da un po’ di tempo che non si vedevano. E fu così che attraverso la pellicola i genitori poterono vedere i loro bambini e i bambini i loro genitori».

Il lavoro di Michail Nazarenko nella Zona non si limitò ai programmi culturali per il personale della Centrale. Lui s’adoperò per imprimere sulla pellicola tutto: i lavori per la liquidazione delle conseguenze del disastro e la Città ormai vuota, circondata dal fil di ferro. Il sogno di Michail era di riprendere il reattore distrutto in volo dall’alto. Nazarenko era persino riuscito ad accordarsi con il comandante dell’equipaggio di uno degli elicotteri che operavano allora alla centrale. All’ultimo momento però qualcosa mandò all’aria il piano e per questa fortunata circostanza Nazarenko non andò ad accrescere l’elenco dei morti di quel nefasto volo del MI-8, la cui elica durante l’espletamento della missione – il rilascio di una soluzione speciale sulle fonti d’alta radioattività nel quarto reattore – andò a sbattere contro i cavi di un’altissima gru. In parte vedendoci la mano della provvidenza che gli salvò la vita, in parte perché il suo elevato senso di giustizia non lo faceva rassegnare alle “menzogne di Cernobyl” di cui erano pieni la televisione e i giornali sovietici, Michail decise di filmare... filmare tutto quello che gli accadeva intorno, filmare la verità, fregandosene dei divieti del KGB, rischiando tutto e nonostante tutto.

Per farsi aiutare a organizzare le riprese Michail Nazarenko si rivolse a Gennadij Belenkov, suo amico e collega, prima dell’incidente, del cinestudio “Pripjat’ Film”. A quel tempo Belenkov lavorava come vice del segretario del Comitato del Komsomol della Centrale e aveva la possibilità di rilasciare i lasciapassare per la Zona con la nota “dappertutto”. Un’automobile con al volante un funzionario di quel grado neanche i famigerati agenti del KGB s’arrischiavano a fermarla, né prendevano misure attive per vietare le riprese. Il materiale filmato in quei giorni andò a costituire la base del documentario Indimenticabile (Незабываемое), l’ultimo lavoro di un certo spessore fatto da Nazarenko insieme a Belenkov nel 1991. Michail aveva in progetto di presentare quella pellicola al Festival del documentario dell’URSS e si rivolse alla direzione della Centrale di Cernobyl per il finanziamento del viaggio. La Centrale pose la condizione di una proiezione preventiva del film per il direttore e gli operatori della centrale. I censori lo scartarono…

«Nell’87 io lavoravo alla Centrale di Cernobyl nel reparto di riparazione e costruzione come designer, disegnavo delle carte per le varie assemblee. Ovviamente le carte erano segrete» – racconta Belenkov. «In esse v’erano alcuni dati sui livelli di radioattività che noi avevamo utilizzato in quel film. Le carte non le avevamo filmate, non si vedevano, semplicemente nel film venivano enunciate le cifre riguardanti sia Slavutič sia la Zona. Dopo la proiezione della pellicola, dalla direzione della Centrale di Cernobyl ci venne detto senza troppe cerimonie: se mostrerete in giro questo film, a Slavutič non potrete più vivere». Nonostante il divieto, a loro rischio e pericolo, i ragazzi mandarono lo stesso il film al festival e, per quanto fosse paradossale, vinsero il gran prix.

Verso la fine di aprile del 1993, Michail Nazarenko fu invitato a partecipare a un evento dedicato all’anniversario dell’incidente di Cernobyl.

«Era al cinema “Florencija” di Kiev» – ricorda Ljubov’ Sirota. «Prima della mia esibizione vennero proiettati i film di Miša: la nuova variante di Mi son cari questi luoghi, girato prima dell’incidente, e Indimenticabile. Mi fecero un’impressione talmente forte che io, al posto di quello che avevo in programma, mi misi a parlare di Miša e della sua opera. Il fatto è che già allora le sue immagini venivano utilizzate da tutti, ma l’autore non veniva mai menzionato. Nel migliore dei casi c’era un rimando al film La soglia, ma anche quello raramente.»

Quell’intervento di Ljubov’ Sirota rimase l’unico riconoscimento in vita dei meriti di Michail Nazarenko. Il 13 maggio, neanche tre settimane dopo quell’evento, lui se ne andò. La causa del decesso fu un’insufficienza cardiaca. Questa diagnosi, tanto “popolare” tra i cernobyliani, colse Nazarenko a 40 anni. Tutti concordano sul fatto che fosse stato proprio il lavoro nella Zona la causa della scomparsa di questo uomo in ancor giovane età. Lui andò consapevolmente incontro al rischio.

«Già quando si portavano le attrezzature fuori da Pripjat’ in bocca si formava un retrogusto ferroso, e questo significava che ti stavi prendendo un po’ di roentgen» – spiega Demidov. «Direttamente noi non ricevemmo elevate dosi di radiazioni, tuttavia lui di piccole dosi se ne prese non poche. Per effettuare una buona ripresa di quello stesso filo spinato con Pripjat’ sullo sfondo bisognava andare sull’erba, che non era certo molto “pulita”, bisognava pur piegarsi, chinarsi da qualche parte, bisognava camminare fuori dell’asfalto, sul ciglio della strada, fermarsi magari, chi lo sa, proprio sulle macchie contaminate. Le chance che lui abbia compromesso buona parte della sua salute durante le riprese, dopo l’incidente, di Pripjat’ e della Centrale di Cernobyl sono molte.»

Misera sorte ebbe pure l’eredità di Michail Nazarenko – il suo archivio di pellicole cine e fotografiche. Soltanto grazie ai decisi interventi di Gennadij Belenkov si poterono salvare alcuni dei suoi materiali: «Li rubai. Sul serio! Dovetti, cos’altro potevo fare? Perché sebbene dopo la morte di Miša io fossi il direttore dello studio Pripjat’ Film, l’accesso ai suoi materiali mi era stato interdetto. In seguito cercai alcune volte di prendermeli. Mi fecero capire che non avrei preso proprio un bel niente… e allora io… Da un lato non fu certo una bella cosa, ma d’altro canto… Una parte del materiale comunque sparì, un vero peccato… Successivamente, dopo tre o quattro anni, venni infine a sapere che le pellicole furono semplicemente buttate via. Ciarpame, dissero…»

C’è però un altro motivo, più verosimile, per essersi tanto velocemente e decisamente “liberati” dalla pesantezza di quel peso storico.

«Su ciascuna pellicola c’era scritto ciò che era stato filmato» – spiega Belenkov. «Noi eravamo soggetti scomodi per la dirigenza della Centrale di Cernobyl perché avevamo l’imprudenza di avere una propria opinione, un proprio sguardo sugli eventi in corso, sul casino che stava succedendo. Io e Miša filmavamo come venivano costruiti i cimiteri di materiali radioattivi: al posto di mettere un supporto in cemento o in argilla… Si vedeva tutto nelle pellicole. E anche come nel boschetto accanto allo spiazzo per gli elicotteri a Cernobyl stesse lì un imballaggio di elementi termogeni altamente radioattivi, con il certificato ben in vista, anche questo era stato filmato, ma quelle pellicole non le trovai più...»

Filmografia di Michail Nazarenko:

Mi son cari questi luoghi (Мне дороги эти места) - 1986
Indimenticabile (Незабываемое) - 1986
La soglia (Порог) - 1988

Data: 2011
Fonte: www.pripyat.com
Autore: Darina Pustovaja
Traduzione: S.F

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