La parola “accoglienza” ultimamente suona come una
parolaccia alle orecchie di molti. Le urla rancorose di chi, per
ignoranza e per paura, cade nella trappola della lotta tra poveri sono
legittimate dall’alto, da chi vuole trovare un capro espiatorio da
incolpare di tutti i mali. In realtà, aiutare a casa nostra chi ne ha
bisogno è una soluzione vincente: non è solo una
forma di beneficenza, ma ha risvolti positivi sugli individui
coinvolti, sulla società e sull’immagine dell’Italia nel mondo. Lo ha
dimostrato il caso della solidarietà nei confronti degli abitanti delle
zone colpite dalle radiazioni del disastro nucleare di Chernobyl, alla
fine degli anni Ottanta.
In seguito alla catastrofe del 26 aprile 1986,
infatti, molti Paesi europei si mobilitarono per le popolazioni
dell’area colpita attivando programmi per ospitare bambini ucraini, russi e bielorussi – come il Chernobyl Children’s Project. Questi
permisero loro di vivere, almeno per alcune settimane all’anno, in un
ambiente non contaminato, dove il loro organismo, normalmente esposto
alle radiazioni, potesse disintossicarsi. Particolarmente fortunata per
la sua posizione geografica e
per lo stile di vita e la dieta generalmente sani, l’Italia è stata fin
da subito il Paese più coinvolto da queste “adozioni temporanee”.
Continua a esserlo ancora oggi, nonostante le cifre in calo: le famiglie
hanno accolto circa la metà di tutti i minori coinvolti nel programma, con prevalenza di cittadini bielorussi.
Data: 08.07.2019
Fonte: www.thevision.com
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