Autore: Carlo Spera
Tratto da:
“Viaggio al termine della notte.
20 anni dopo l'esplosione della centrale di Cernobyl”
Casa editrice: ViediMezzo
Data: 2006
Автор: Карло Спера
Из:
“Путешествие на край ночи.
20 лет после взрыва на ЧАЭС”
Издательство: ViediMezzo (Италия)
Дата: 2006 г.
IGOR'
Capo di un dipartimento del Comitato Statale della Bielorussia per la gestione delle problematiche di Cernobyl
Io
sono il capo del dipartimento delle cure, della salute, della medicina e
dell’assistenza sociale. Insomma, del dipartimento che si occupa di
tutto quello che riguarda le persone colpite dall’incidente di Cernobyl.
Sono una specie di coordinatore: tutto deve essere gestito dai
ministeri, ad esempio della salute se ne deve occupare il ministero
della sanità, però io ho il compito di controllare che le persone
abbiano realmente un aiuto adeguato.
Le
categorie di persone che hanno diritto a essere aiutate perché vittime
di Cernobyl sono queste: tutti coloro che abitano in territori
contaminati da uno o più curie; gli invalidi che hanno perso la salute a
causa dell’incidente; coloro che hanno partecipato alla liquidazione del disastro e coloro che sono stati evacuati dalle zone dove la contaminazione superava i cinque curie.
Il
sistema che garantisce gli aiuti sociali è molto semplice, e si basa su
questo principio: quelli che sono stati più colpiti vengono aiutati di
più. E questo vale anche per i Liquidatori: più tempo sono stati a
contatto con le radiazioni e più vengono aiutati. Ma i più curati, i
più protetti, sono sicuramente i bambini che vivono in zone contaminate:
gli aiuti, per loro, incominciano prima della nascita. Le donne incinte
hanno diritto a un periodo di riposo più lungo se vivono in zone a
rischio e subito dopo la nascita del bambino usufruiscono di un
contributo economico che è il doppio del normale. Inoltre le mamme di
questi bambini sono esentate dal pagare l’iscrizione all’asilo nido e
anche in seguito il periodo scolastico è completamente gratuito:
gratuiti gli alimenti, l’assistenza medica, ma anche i periodi annuali
di risanamento in strutture specializzate. Inoltre, una volta
terminata la scuola, hanno facilitazioni per entrare nelle università e
spesso riescono a beneficiare di borse di studio che coprono più del
cinquanta percento delle spese universitarie. Tutti i bambini sono
comunque registrati in una banca dati speciale, a seconda del territorio
dove abitano; ed è grazie a questa banca dati che noi riusciamo a
capire quali sono le priorità di intervento e a stabilire una tabella
che indichi cronologicamente le date in cui i bambini devono essere
controllati.
Un
altro gruppo che beneficia di molte cure è quello degli invalidi, di
cui fanno parte le persone che abitano in zone contaminate, i Liquidatori,
quelli che sono stati evacuati e tutti i bambini malati di tumore.
Tutti, senza tener conto del luogo in cui abitano o da dove provengono:
per noi tutti i tumori infantili sono una conseguenza diretta della
catastrofe di Cernobyl. Per queste persone è tutto gratuito: gratis le
cure, i sanatori, le cure odontoiatriche. Quando viene stabilito con una
diagnosi che il soggetto è da considerarsi invalido, a lui viene dato
un contributo economico annuale. Se il soggetto è invalido di prima
categoria il contributo è pari a circa seicento dollari; man mano che la
categoria aumenta prendono meno soldi. Quelli che svolgono attività
lavorative hanno due settimane in più di vacanze pagate all’anno, e per
loro è stata fatta una legge che li esenta dal pagare le tasse. Sono
privilegiati anche per quanto riguarda gli alloggi: possono accaparrarsi
un appartamento dello stato senza fare la fila. Inoltre hanno la
possibilità di contrarre mutui senza dover pagare percentuali alle
banche. Questo se vogliono costruirsi una casa; anzi, nel momento in cui
riescono a saldarne metà, spesso lo stato estingue il resto del debito.
Naturalmente le spese di gestione dell’appartamento, ovvero gas, luce e
acqua vengono divise al cinquanta percento tra lo stato e il padrone di
casa. Gli invalidi usufruiscono di tutti i pullman urbani gratuitamente
e a coloro che hanno necessità di un’automobile lo stato gliene regala una speciale.
Le persone che lavorano nei parchi ecologici all’interno di zone
contaminate usufruiscono invece di altri sostegni: la loro settimana
lavorativa è più corta, il mangiare è gratis e hanno diritto a
trascorrere un mese all’anno in sanatorio. Anche le persone che sono
state evacuate dalle zone contaminate hanno dei privilegi: per prima
cosa hanno diritto immediatamente a un alloggio gratuito, e poi, il
giorno dello spostamento, ricevono un indennizzo che è quattro volte
superiore al normale. Naturalmente le spese di viaggio e quelle per il
trasloco sono a carico dello stato. E poi ogni membro della famiglia
prende un contributo economico e per tre anni nessuno è tenuto a pagare
le tasse.
Posso
affermare che più di così non si può fare per aiutare queste persone,
però sono sicuro che se mai troveremo il modo di far meglio sicuramente
lo faremo.
Fortunatamente
adesso non siamo in una situazione critica, coloro che vivevano nelle
zone più contaminate sono già stati spostati. Oggi nessuno vive o lavora
in zone dove si rischia la vita. Le zone maggiormente a rischio sono
tutte chiuse. In questi anni abbiamo lavorato bene, soprattutto per i
bambini. Posso dichiarare che i risultati sono notevoli, molto più che
in Ucraina e Russia. Vi faccio un esempio: il livello di salute dei
nostri soldati è più alto tra coloro che provengono dalla regione di
Gomel’, e cioè dalla zona più contaminata. E questo perché, sin dalla
nascita, sono stati tenuti sotto controllo.
Il
nostro governo si è comportato bene. Ha aiutato e continua ad aiutare
tutti, senza valutare se uno è ricco o è povero. Questo i paesi esteri e
la banca mondiale non riescono proprio a capirlo. Spesso ci
rimproverano di aiutare ancora i Liquidatori che hanno lavorato
alla centrale venti anni fa: adesso abitano tranquillamente in zone
pulite e non devono essere aiutati, questo ci dicono. Allora io chiedo
loro: se domani accadesse una nuova tragedia dove andremo a trovare
persone disposte a sacrificarsi?
Venti anni fa non tutti sapevano. Cernobyl
è stato il primo disastro nucleare di portata mondiale. Eravamo
ignoranti, non conoscevamo l’argomento né i reali pericoli per la
salute. Inoltre la maggior parte della gente rifiutava di usare
precauzioni perché diceva che un uomo, se non vede il nemico, non crede
di essere realmente in pericolo.
A volte capita di sentire che sono morti il cinquanta percento dei Liquidatori. Non è così, le cifre reali sono altre: su centoquindicimila Liquidatori
ottomila sono invalidi e circa ottomilacinquecento sono morti. Non
voglio che pensiate che Cernobyl abbia migliorato la salute della gente,
però neanche che crediate a quello che si dice, e cioè che siano morti
tutti. Questo perché, ve lo ripeto, lo stato ha lavorato bene. Sono
state spostate centotredicimila persone, circa cinquecento villaggi sono
stati liquidati, duecentotrenta ne sono stati costruiti in zone pulite e
circa seimila famiglie sono state spostate a Minsk e in altre città
della repubblica.
Quando
sono venuto a lavorare qui ero ancora studente di giurisprudenza.
Provengo dalla regione di Gomel’ ma sono venuto qui a Minsk nel 1976 per
studiare. A Gomel’ è rimasta mia madre, mentre mia nonna viveva in una
zona contaminata. Adesso è morta. In quelle zone oggi non è più permesso
abitare, anche se da un po’ di tempo stiamo registrando due diversi
processi in atto. Mi spiego: ci sono quelli che vogliono andar via e
quelli che vogliono tornare. Mi è anche capitato di incontrare persone
che non si sono mai volute spostare, che si sono opposte con
determinazione all’evacuazione.
Una
settimana fa sono stato in quelle zone per un convegno e ho
approfittato per far visita a una famiglia che si è sempre rifiutata di
andar via. Li ho conosciuti cinque anni fa: moglie e marito. Lei
contadina, lui invalido di guerra, senza una gamba. Tre figli. Al tempo
dell’evacuazione lui ha deciso che i figli dovevano andar via ma che lui
sarebbe rimasto lì. La moglie voleva partire ma lui ha deciso che
sarebbero rimasti. E così è stato. Una settimana fa sono andato a vedere
come vivevano, beh, la moglie è morta e lui è rimasto solo. Mi ha detto
di non voler raggiungere i figli ma di voler continuare a vivere lì,
che la patria è sempre la patria.
Anche
quelli che vogliono tornare lo fanno soprattutto perché non sopportano
di dover vivere lontano da dove sono nati. Si tratta perlopiù di gente
anziana che vuole finire la vita lì dove l’ha cominciata. Con l’evacuazione questa gente ha perso la propria identità e, almeno in punto di morte, vuole riconquistarla.
Lei
mi chiede se è vero che il governo bielorusso favorisce l’ingresso
nelle zone contaminate a popolazioni povere straniere; se attira questa
gente con la speranza di un lavoro, di una casa e di alti stipendi. Lei
dice di averlo letto ma che non vuole crederci, che ha dei dubbi
sull’autenticità di questa notizia. Beh, le dico che fa bene ad avere
dei dubbi. Per prima cosa gli stipendi, per chi vive in zone
contaminate, non sono poi così alti. Secondo, in quelle zone non c’è
mancanza di maestri, di medici o di specialisti in generale. Noi abbiamo
un sistema per garantire specialisti e lavoratori alle strutture in
quelle zone: prima di tutto quelli che vogliono prendere una laurea
hanno la possibilità di avere una laurea privilegiata con garanzia di ritorno.
Mi spiego: se io abito in una zona contaminata posso andare via ed
entrare all’università senza dover affrontare esami e senza pagare
tasse. In più per me l’alloggio e la mensa sono gratuiti. Però, in
cambio, garantisco allo stato che dopo la laurea tornerò a lavorare
nella zona contaminata dove sono nato. Certamente nessuno da Minsk va in
quelle zone a lavorare, però coloro che in quelle terre sono nati e
cresciuti si rendono conto di com’è lì la vita e vogliono tornarci per
aiutare. Non nego che se tornano vengono pagati con uno stipendio alto
che cresce di anno in anno, ma le motivazioni sono altre.
Quindi
le ripeto che fa bene ad avere dei dubbi. Quello che si dice è falso,
per la semplice ragione che lo stato bielorusso non ha bisogno di
ripopolare una zona già di sé popolosa. Pensi, per fare un esempio, che
in alcune zone il numero delle infermiere e dei medici è di gran lunga
superiore alle necessità.
Il
giorno dell’incidente ero da mia madre e non ho saputo niente. I primi
giorni non ci hanno informati di niente. È vero che prima della
dichiarazione di Gorbačëv, il tre maggio, erano stati evacuati da alcuni
villaggi i bambini e le donne incinte, però era stato fatto senza dare
spiegazioni. Ricordo che qualche notizia era già volata in aria, però per noi a quell’epoca era importante l’informazione ufficiale dello stato. E la televisione non ha detto niente.
Personalmente
non ho partecipato al processo di evacuazione, ma dai racconti dei miei
parenti ho saputo che le prime tappe sono state molto difficili proprio
perché i militari non davano spiegazioni. Neanche loro forse sapevano,
per questo dicevano che lo spostamento era temporaneo. In sostanza alle
persone che sono state spostate per prime a pochi chilometri di distanza
dicevano che una volta che si fosse stabilizzata la situazione
sarebbero potute tornare alle proprie case. Non fu così, perché la
situazione peggiorò e la gente fu spostata ancora più lontano. Non
rividero mai più le loro case, i loro animali.
Però
le tappe successive al tre giugno sono state organizzate meglio. Non
hanno spostato solo le persone, ma anche le merci, le macchine e gli
animali.
Io
non so cosa abbia provato quella gente. Posso solo dire che è molto
grave il fatto che le autorità dell’epoca non abbiano detto loro la
verità su quello che stava accadendo. Forse, però, non sarebbe cambiato
niente. L’unica cosa che si poteva fare era organizzare l’evacuazione e
distribuire medicinali a base di iodio. Solo questo poteva servire. Ed è
stato fatto, anche se i medicinali non sono stati sufficienti per
tutti. Non bisogna dimenticare che sono stati colpiti tutti i cittadini.
Purtroppo
dopo venti anni si tende a valutare l’operato del nostro governo
basandosi sulle informazioni che abbiamo oggi, dimenticando che Cernobyl
è stata la prima catastrofe nucleare della storia. Oggi sappiamo che
un’esplosione, in un piccolo posto come la stazione nucleare di
Cernobyl, può fare male a tutto il mondo. E il mondo, oggi, ha il dovere
di studiare approfonditamente la nostra esperienza. Purtroppo più il
tempo passa e più le persone dimenticano. Nessuno sa che cosa succederà a
questo nostro popolo tra trenta o cinquanta anni, cosa succederà ai nostri figli che nascono con le radiazioni. E questi sono problemi che riguardano tutto il mondo, non solo la Bielorussia. Noi
non nascondiamo niente a nessuno. Vogliamo che gli altri paesi e gli
altri popoli vengano qui da noi a studiare la situazione. È con lo
studio e dai nostri errori che si può partire affinché Cernobyl non si
ripeta mai più.
Intervista di Carlo Spera
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