Tra il 1946 e il 1962 l’esercito americano condusse 105 test nucleari atmosferici sul “Pacific Proving Grounds”, un eufemismo per chiamare le Isole Marshall e altri atolli del Sud Pacifico.
Alla fine degli anni Settanta nel tentativo di ripulire i detriti radioattivi lasciati da quelle esplosioni, il Governo americano asportò 111.000 metri cubi di terreno dagli atolli Bikini e Rongelap e li depositò sull’isola di Runit. Su quest’isola infatti, vi era un cratere largo circa 115 metri che era stato prodotto da un precedente test nucleare da 18 chilotoni chiamato “Cactus”.
Ricoprire quella fossa radioattiva gigante costò al Governo quasi 250 miliardi di dollari e ci vollero 3 anni per completare il lavoro. Il
risultato fu un’enorme cupola di circa 9.000 metri quadrati costituita
da 358 giganteschi pannelli di cemento che hanno uno spessore di 45
centimetri. La cupola che è stata descritta da Antonio Guterres, attuale Segretario delle Nazioni Uniti, come una “specie di bara per le popolazioni locali”. Negli ultimi anni infatti, ha dato segni di cedimento e dalle crepe che si sono formate alcuni elementi radioattivi stanno penetrando nella porosa roccia corallina dell’isola e finiscono nell’Oceano Pacifico.
Data: 30.05.2019
Fonte: www.it.businessinsider.com
Nessun commento:
Posta un commento