Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

27/04/16

PRIPJAT’ (1970 – 27/04/1986)




La vita della città di Pripjat’ è durata 16 anni.



Costruita nel 1970 sulle rive del fiume omonimo per ospitare i lavoratori della centrale nucleare di Černobyl’ (che si trova a pochi km di distanza, dall’altra parte del bacino acquifero), nel 1986 Pripjat’ contava già 50.000 abitanti ed era una delle cittadine più avanzate e con un migliore tenore di vita di tutta l’Urss, popolata per lo più da giovani famiglie istruite: ingegneri, tecnici, insegnanti. Insomma, una piccola città modello del radioso avvenire sovietico.



Il 27 aprile 1986, un giorno dopo l’incidente nucleare, l’intera popolazione di Pripjat’ venne evacuata con una lunga fila di autobus e non vi fece più ritorno. Nell’annuncio radiofonico dato alla cittadinanza, l’evacuazione sarebbe dovuta essere “temporanea”, per cui alle famiglie fu permesso di prendere con sé solamente i documenti e lo stretto necessario.



A distanza di 30 anni, Pripjat’ è la città fantasma più grande del mondo. Palazzi, scuole, alberghi, tutto è rimasto al proprio posto, senza più traccia di vita. Vie e piazze sono ormai invase dalla vegetazione spontanea. Il parco giochi con la grande ruota arrugginita è l’immagine più pregnante della brusca interruzione della vita e delle speranze di Pripjat’: le attrazioni erano nuove fiammanti, avrebbero dovuto essere inaugurate qualche giorno dopo l’incidente, durante le feste di Maggio del 1986.



Oggi Pripjat’ è frequentata solo da spedizioni scientifiche e dal cosiddetto “turismo di Černobyl’”, escursioni strettamente guidate da agenzie di Kiev nelle zone evacuate. Mentre i lavoratori della centrale di Černobyl’ rimasti dopo l’incidente sono stati spostati nella cittadina di Slavutič, a 50 km, fondata appositamente nell’autunno del 1986.



Oltre agli abitanti di Pripjat’, nella primavera e nell’estate del 1986 a causa dell’elevata contaminazione furono evacuate circa altre 70.000 persone dai territori circostanti la centrale nucleare di Černobyl’. Venne infatti istituita la “zona dei 30 km” intorno alla centrale, detta anche “zona d’esclusione” o “zona d’interdizione”, che arriva a includere anche foreste e alcuni villaggi della Bielorussia del Sud.



Negli anni successivi (a volte con colpevole ritardo), vennero inoltre evacuati, abbandonati, e talvolta interrati centinaia di villaggi in Ucraina, Bielorussia e Russia, anche 100-200 km lontano dalla centrale, dovunque il livello di radiazioni fosse superiore ai 40 curie/km²: ricordiamo Svjatsk in Russia, Lelëv in Ucraina, Krjuki in Bielorussia…



Oltre che dalle zone a “trasferimento” obbligatorio, la gente poteva scegliere, almeno in teoria non sempre in pratica, di essere trasferita in zone “pulite” dalle proprie residenze in “zona a trasferimento facoltativo”. La vita dei “černobyliani” trasferiti si è quasi sempre rivelata piena di difficoltà, rimpianti e spaesamento, spesso confinati in un’esistenza anonima e alienante nelle periferie delle grandi città. Per questo alcune persone, soprattutto anziani legati alla loro terra, hanno preferito fare ritorno ai loro villaggi natii, nonostante il divieto e le elevate radiazioni.



In generale, a causa della catastrofe nucleare di Černobyl’ sono state trasferite circa 350.000 persone tra Russia, Bielorussia e Ucraina.

Testo tratto dalla mostra fotografica La vita contaminata del circolo Legambiente Il brutto anatroccolo.


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