Il cesio prodotto dall'incidente della centrale nucleare di Fukushima
nel 2011 è stato trovato nella sabbia di otto spiagge, distanti circa
100 chilometri dall'impianto, e nelle falde acquifere in quantità dieci
volte maggiori. Le dosi non sono però pericolose per l'uomo, come
spiegano sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti
(Pnas) i ricercatori dell'università giapponese di Kanazawa, guidati da
Virginie Sanial.
"Nessuno è stato esposto a quest'acqua o l'ha bevuta, quindi non ci sono rischi per la salute umana", affermano i ricercatori. L'ipotesi degli studiosi è che le forti quantità di cesio-137 liberate dall'incidente del 2011 siano state trasportate lungo la costa dalle correnti oceaniche. Settimane dopo l'incidente, le onde e le maree hanno trasportato il cesio sulla costa, dove è rimasto 'bloccato' sulla superficie dei granelli di sabbia, rimanendo nelle spiagge e nelle falde acquifere, in un miscuglio di acqua dolce e salata.
Secondo le stime dei ricercatori, la quantità di acqua contaminata che fluisce nell'oceano dalle falde acquifere salmastre è pari a quella che arriva dalla centrale stessa e i fiumi, ma comunque a livelli migliaia di volte inferiori rispetto a quelli dei giorni immediatamente successivi all'incidente del 2011.
Il risultato fornisce elementi utili per migliorare la gestione degli impianti nucleari nelle zone costiere. "Ci sono 440 reattori nucleari operativi nel mondo, di cui la metà lungo le coste", ha osservato Ken Buesseler, fra gli autori della ricerca. "Questa scoperta, inaspettata, dovrà essere presa in considerazione - ha rilevato - nella gestione delle aree costiere dove si trovano le centrali nucleari".
"Nessuno è stato esposto a quest'acqua o l'ha bevuta, quindi non ci sono rischi per la salute umana", affermano i ricercatori. L'ipotesi degli studiosi è che le forti quantità di cesio-137 liberate dall'incidente del 2011 siano state trasportate lungo la costa dalle correnti oceaniche. Settimane dopo l'incidente, le onde e le maree hanno trasportato il cesio sulla costa, dove è rimasto 'bloccato' sulla superficie dei granelli di sabbia, rimanendo nelle spiagge e nelle falde acquifere, in un miscuglio di acqua dolce e salata.
Secondo le stime dei ricercatori, la quantità di acqua contaminata che fluisce nell'oceano dalle falde acquifere salmastre è pari a quella che arriva dalla centrale stessa e i fiumi, ma comunque a livelli migliaia di volte inferiori rispetto a quelli dei giorni immediatamente successivi all'incidente del 2011.
Il risultato fornisce elementi utili per migliorare la gestione degli impianti nucleari nelle zone costiere. "Ci sono 440 reattori nucleari operativi nel mondo, di cui la metà lungo le coste", ha osservato Ken Buesseler, fra gli autori della ricerca. "Questa scoperta, inaspettata, dovrà essere presa in considerazione - ha rilevato - nella gestione delle aree costiere dove si trovano le centrali nucleari".
Data: 02.10.2017
Fonte: www.ansa.it
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