Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

29/11/17

NOVOKEMP UN ANNO DOPO: COME SE NON ME NE FOSSI MAI ANDATA


La scorsa primavera-estate Elena è andata per la nostra associazione a fare uno stage di due mesi (nelle intenzioni doveva essere più lungo ma per problemi di rilascio del visto russo si è dovuto ridurre) presso l'associazione Radimici di Novozybkov, dopo che l'anno prima era stata a Novokemp come volontaria per un turno. Ecco il suo racconto:




La nostalgia mi ha riportato in Russia anche quest’anno.

Dopo essermi laureata avevo a disposizione qualche mese di tempo che volevo sfruttare nel migliore dei modi; e cosa c’è di meglio se non tornare in un posto che ti ha reso felice l’anno precedente? Ero pronta a ripartire e tornare nella piccola e colorata realtà di Novokemp, ma quest’anno volevo fare di più.

Ero già a conoscenza dei progetti di Legambiente e dell’associazione Radimici, soprattutto quelli relativi alla promozione delle energie alternative, all’educazione al riciclaggio e al dare informazioni riguardanti l’energia nucleare e il disastro di Chernobyl. Dopo innumerevoli problemi di visto, in data 17 maggio sono riuscita a partire, con l’emozione di passare due mesi nel sud sperduto della Russia. Emozionata, ma senza timore, perché sapevo che i miei amici mi stavano aspettando.
Arrivata a Mosca sono stata prelevata da Anton e insieme abbiamo iniziato un viaggio che sarebbe durato circa 9 ore, in macchina, da Mosca diretti a Novokemp.

Appena arrivata al campo ho iniziato subito a partecipare ad un training con i futuri educatori, molto incentrato sul rapporto bambino-educatore, su come ci si deve comportare in alcune situazioni: cosa fare e cose non.  Subito ho notato l’attenzione, l’impegno dei ragazzi e soprattutto degli organizzatori in tutto quello che facevano: dal dipingere i muri delle casette e sistemare i costumi allo studiare nei minimi particolari giochi e attività. Gli incontri sono durati solo un paio di giorni. Eccomi quindi ancora con le valige in mano, direzione Novozybkov, dove si trova la sede di Radimici.

Arrivata nella sperduta città, ho subito ritrovato quelle persone con cui avevo condiviso pensieri, opinioni e fatiche durante l’estate precedente: mamma Katja (e da chi altrimenti) è stata la prima ad accogliermi insieme alla stravagante e dolcissima Eleonora. Non mi sembrava fosse passato un anno: i miei ricordi erano ancora tutti lì, mi sembrava di non essermene mai andata. Dopo un’intera serata passata a raccontarsi le proprie vite, siamo andate a dormire, cariche di emozioni e aspettative (almeno per me) relative al giorno dopo. Mi aspettava la mia prima giornata da collaboratrice di Radimici.

Mi era stato assegnato l’incarico di progettare una mostra relativa alle energie alternative e al loro sviluppo, più o meno intenso, in Russia; i pannelli, una volta finiti, sarebbero stati esposti nella sede di Radimici. Subito i giovani collaboratori mi hanno preso in simpatia vedendomi abbastanza spaesata, a leggere articoli complicati (ovviamente in russo), con il mio piccolo dizionario sempre in mano. Ed ecco come ho conosciuto Artëm, che sarebbe poi venuto in Italia per un campo di volontariato di Legambiente, Artem#2, la mia guida personale di Novozybkov e dintorni, e Jarik, il mio professore provato di grammatica russa, che mi avrebbe affiancato durante tutto il primo mese al campo. Ma i momenti migliori di quelle, purtroppo, solo due settimane sono state le “trasferte”. Capitava che venissero organizzati degli incontri nelle piccole scuole dei villaggi limitrofi (per il progetto “Ecologia e Radioprotezione), così, assieme ai giovani volontari russi, ovviamente a bordo di una vecchia e scassata macchina (molto sovietica, oserei dire), partivamo alla volta di queste piccole realtà dimenticate da tutti, ma non dal nostro gruppetto strampalato.

I progetti consistevano nell’illustrare ai bambini, attraverso giochi e attività, i danni e le conseguenze delle radiazioni nucleari sull’ambiente e sul corpo umano. Perché questi giovani si preoccupano tanto di questo tema? Be’, semplicemente perché la maggior parte dei bambini che abitano in quelle zone conosce a malapena qualcosa del disastro di Cernobyl; ormai è storia vecchia, ormai è passato e nessuno più ne parla alle nuove generazioni. Il compito di Radimici e dei giovani volontari è di raccontare a questi ragazzini, che vivono in quelle zone purtroppo ancora contaminate, che cosa è successo durante quel 26 aprile 1986 e che cosa è cambiato da allora; parlare di questo con dei bambini può risultare difficile, ma non se si trova un metodo alternativo, ossia attraverso video, giochi e disegni.

Durante il mio soggiorno a Novozybkov, non solo ho avuto la possibilità di collaborare nell’insegnare qualcosa ai bambini dei villaggi, ma anche di entrare nelle case delle persone, di parlare con loro. Ho imparato a cucinare piatti russi eccezionali e a lavorare con le piante; ormai ero diventata quasi una figlia per qualcuno di loro.

Poi è arrivato giugno ed è arrivato il momento di iniziare il campo estivo a Novokemp. Eccole lì le casette colorate, la mensa, il campo dei Patrioti, la piscina, la banja... tutto esattamente come lo avevo lasciato. Non sembrava neanche passato un anno.

Ed eccoli lì, i bambini, carichi di valige, cibo, con un grande sorriso sui loro volti. Salutano compagni di scuola, amici incontrati l’anno passato, urlano i nomi dei loro sotrudniki (collaboratori) e vožatye (animatori) preferiti correndo incontro loro per abbracciarli. Incredibile la felicità palpabile in quel luogo.

Come al solito passare il tempo con i bambini è stato magnifico: le canzoni intorno al falò, i disegni fatti insieme, i balli in discoteca, le attività di gruppo...

Dopo le prime due settimane mi sentivo praticamente a casa, ormai ero una del gruppo: mi davano mansioni da svolgere, incarichi da portare a termine e queste sono le cose che ho apprezzato di più, essere trattata come loro, alla pari. A luglio sono arrivati i primi volontari italiani e sono stata nominata la loro guida. Affiancata da Maša, Dima e il piccolo Egor, abbiamo messo in piedi una banda italiana pronta a tutto, a mettersi in gioco e a dare tutto di noi stessi.

Quando sono arrivati, Manuel, Valeria ed Elisa erano distrutti dal lungo viaggio in treno e si addormentano sui divani della nostra casetta, questa è stata la mia loro prima immagine... mi sono subito piaciuti. Erano già in moto il primo giorno di campo. Con loro ne ho passate di ogni: gite al fiume notturne, esperienze nel supermercato di Uneča, bruschette e pasta all’italiana (proviamo a definirla così) cucinata per i nostri amici russi e per festeggiare il compleanno di Vale. Regali, sorrisi ed emozioni.

Come l’anno scorso mi trovo in difficoltà ad esprimere quello che ho provato e soprattutto quello che ho ricevuto, l’unica cosa che voglio sottolineare è come la maggior parte della gente abbia un’idea sbagliata dei russi, come persone fredde, insensibili, ma quando scopri queste realtà così semplici quanto vere ti ritrovi a ridere di coloro che pensano tutto questo... ridi perché sai che cosa si stanno perdendo... non avranno la possibilità di fare il bagno nel fiume, provare la caldissima banja (la sauna russa) per poi gettarsi in piscina sotto le stelle, i pranzi con mille leccornie sulla tavola, i sorrisi dei bambini e soprattutto la disponibilità e l’amore nel fare le cose che caratterizza questo grande popolo...

Ho trovato un angolo di mondo che posso chiamare casa. Questa esperienza mi ha fatto capire cosa voglio dalla vita, ovvero lavorare con un fine più grande, quello di aiutare persone e bambini che, pur non avendo niente, riescono a darti tutto. Seguo le orme di Radimici e di Legambiente sperando che mi portino a realizzare il mio percorso di vita, facendo qualcosa di reale e concreto.

Elena Bisceglie

Nessun commento:

Posta un commento