Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

03/11/17

UN MONDO TUTTO DA SCOPRIRE

Novokemp, luglio 2017


Ho cancellato tantissime volte l'inizio di questo resoconto, ogni volta con un pensiero fisso in mente: “non so nemmeno da dove iniziare!”. Come posso riassumere in poche righe tutte le emozioni che ho vissuto in 3 settimane? Mi sembra impossibile ma ci proverò.

Siamo partite in 5, a metà luglio, dopo mesi di discussioni e programmazione del viaggio, e quando siamo arrivate in aeroporto ancora non ci credevamo: la nostra prima tappa sarebbe stata Mosca! Due giorni dopo aver visitato la città, abbiamo preso il treno notturno per Novokemp. È stato proprio questo treno a farmi gustare un assaggio della vera atmosfera russa che a Mosca, con tanti altri turisti, ho fatto fatica a percepire. Siamo arrivate a destinazione al mattino presto, un bel po’ disorientate. Ci hanno portate al campo e abbiamo fatto le prime conoscenze: la nostra mamma russa sarebbe stata Lena e già eravamo contente di avere una prima figura di riferimento. Ci hanno offerto subito un caffè e spiegato qualcosa riguardo al campo. Quel primo caffè che ho preso è stato il peggiore della mia vita, ricordo che non sapeva neanche lontanamente di caffeina, ma se potessi tornare lo riprenderei mille volte e altre mille volte rifarei quel viaggio in treno, seppur non comodissimo. Perché Novokemp era ancora tutto da scoprire e ancora non sapevo che me ne sarei innamorata.
 
Durante il primo giorno ci hanno fatto visitare il campo e spiegato cosa avremmo fatto in quei 20 giorni. Il giorno seguente sono arrivati i bambini e il giorno dopo ancora abbiamo iniziato a tenere da sole i laboratori. Da questo momento in poi tutti i giorni e gli eventi si sono susseguiti con una rapidità che non pensavo possibile, molte volte non sapevo nemmeno che data fosse o da quanto tempo ci trovavamo lì, mi sembrava di essere arrivata il giorno prima e invece erano già passate una o due settimane.

Le giornate si susseguivano più o meno nello stesso modo a parte alcune eccezioni. I laboratori iniziavano alle 10.30 del mattino e ognuno di noi aveva preparato qualcosa: lezioni di italiano, arabo, giapponese e un laboratorio artistico. Al pomeriggio invece c'era sempre un gioco organizzato, curato nei minimi dettagli: costumi, trucco, scenario. Ogni volta c’era qualcosa di nuovo da scoprire e da fare/organizzare, le attività di Novokemp non smettevano mai di stupirmi! Ci sono state anche alcune giornate a tema come la giornata degli indiani oppure la giornata a tema “Il Signore degli Anelli”, in entrambi i casi sono rimasta colpita dalla continua creatività con cui venivano organizzati i giochi.

Anche le attività serali erano super organizzate, a volte c’era la discoteca, a volte concerti/spettacoli in cui ogni gruppo di bambini e animatori inclusi avrebbero fatto un siparietto. Una volta c’è stata la sfilata di moda e addirittura, nella giornata del Signore degli Anelli, come conclusione della giornata, abbiamo acceso un falò per “distruggere” l’anello!

Non ero pronta psicologicamente a preparare degli spettacoli, spesso provavamo un balletto con gli altri animatori il pomeriggio stesso dello spettacolo e mi sembrava un’impresa impossibile, ad esempio, imparare un intero ballo qualche ora prima dello spettacolo e facendo solo 2-3 prove. Ma alla fine ho scoperto che non era impossibile. Forse è anche questo che mi è piaciuto del campo, ho avuto la possibilità di provare a fare cose che non credevo fossero possibili e che probabilmente da sola non avrei mai fatto. Come ad esempio quella serata durante la quale io e le altre ragazze italiane abbiamo cantato “La Canzone del Sole” di Battisti, da sole, davanti a tutto il campo e, successivamente, abbiamo replicato davanti ai genitori dei bambini durante la giornata dei genitori. Se prima di partire mi avessero detto che avrei cantato a uno spettacolo davanti a 200 e più persone probabilmente non ci avrei creduto!

Un’altra cosa che sicuramente mi ha colpita di questa esperienza è la semplicità con la quale avveniva il tutto, non era necessario avere chissà quali competenze particolari perché non era richiesto nulla a nessuno ma ognuno poteva partecipare e rendersi utile nel modo e nella misura che preferiva. L’organizzazione della giornata veniva decisa durante la “planërka” ovvero la riunione che si teneva tutte le sere e a volte anche dopo pranzo, prima dei giochi.

Il momento dei pasti era anch’esso un momento in cui poter gustare una cultura diversa dalla nostra: non era visto come un momento di relax e di ritrovo come avviene da noi, ma avevamo quasi sempre solo 15-20 minuti per mangiare e i primi giorni, mentre ce la prendevamo con comodo, tutti gli altri finivano molto prima di noi! Siamo riuscite comunque ad abituarci ai loro ritmi, anche se spesso ci siamo ritrovate alla riunione post pranzo con ancora il cibo sullo stomaco. Ricorderò sempre il boršč (minestra a base di barbabietole) che preparavano a pranzo e ricorderò, meno felicemente, i tantissimi piatti a base di patate. Tutto sommato comunque la cucina per me non è stato un ostacolo, ci si deve però adattare a un menù semplice e ripetitivo, dato che gli stessi piatti sono stati proposti per tutte e 3 le settimane, ma non è nulla di impossibile. Alcune notti ci siamo divertite anche a cucinare alcuni piatti italiani per gli altri animatori, abbiamo cucinato la pizza, la pasta al sugo e il risotto. Oltre che esserci divertite noi, è stato comunque un gesto apprezzato dato che anche loro spesso cucinavano per noi piatti tipici russi (tutto dopo che i bambini erano andati a letto). Non dimenticherò mai quelle serate intorno al fuoco a base di šašlyki (spiedini russi).

Sono molto soddisfatta, in generale, di questa esperienza. Penso che oltre ad essere molto utile per il miglioramento del russo, sia stata anche molto utile per una crescita personale ed è sicuro che le esperienze vissute a Mosca e al campo non avrei potuto viverle in nessun altro luogo.

Anna Verani - 21 anni
Università Statale di Milano
Mediazione linguistica e culturale

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