Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

22/09/16

PERCHÉ DOVREMMO TEMERE UNA NUOVA CHERNOBYL

Perché dovremmo temere una nuova Chernobyl

Perché dovremmo temere una nuova Chernobyl

Il rischio di ritrovarci tra le mani una nuova Chernobyl o una nuova Fukushima è molto più alto di quello percepito dall’opinione pubblica o messo in conto dall’industria nucleare. A rivelarlo è un team di scienziati dell’Università del Sussex, in Inghilterra, e dell’ETH di Zurigo, in Svizzera, che hanno analizzato oltre 200 incidenti nucleari del passato, comprese le risposte e la stima delle conseguenza  da parte del comparto. La conclusione a cui sono arrivati, per stessa ammissione degli scienziati, è preoccupante: nonostante gli incidenti nucleari siano sostanzialmente diminuiti in termini di frequenza, le grandi catastrofi nucleari “non sono reliquie del passato”.

E con un tempismo quasi studiato (pochi giorni fa l’ok del governo britannico alla centrale di Hinkley Point C), il gruppo ha pubblicato il più grande database open-source mai realizzato degli eventi nucleari passati, contenente date, località, costo in dollari, e rating di grandezza del disastro.

Secondo gli scienziati le probabilità che si verifichi un grave disastro nucleare in qualche parte del mondo prima del 2050 sono 50:50. ” Vi è una probabilità del 50% di poter assistere ad un evento come quello di Chernobyl (o superiore) nel corso dei prossimi 27 anni”, spiegano i ricercatori, ribadendo in realtà stime presentata già lo scorso anno. Se scendiamo di scala, come nel caso dell’incidente di Three Mile Island, nel 1979, quando ci fu una parziale fusione del nocciolo nella centrale nucleare sull’omonima isola, la probabilità sale a un incidente ogni 10-20 anni. Come spiega il dottor Spencer Wheatley, autore principale dello studio: “Abbiamo scoperto che il livello di rischio per l’energia nucleare è estremamente elevato. Anche se siamo stati in grado di rilevare l’impatto positivo delle risposte del settore per incidenti come Three Mile Island e Chernobyl, questi non rimuovono la possibilità di altri disastri estremi”. Gli studi pubblicati da Wheatley sono stati fortemente criticati, soprattutto dalla lobby dell’atomo, per le conclusioni troppo drastiche, ma bisogna anche ammettere che analisi realmente indipendenti sono rare nel settore.

In parte dipende dal fatto che molti dei dati sugli incidenti sono raccolti dalla stessa l’industria nucleare che spesso e volentieri si  mostra riluttante alla condivisione. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica classifica gli eventi utilizzando un sistema chiamato Internazionale Nuclear Event Scale, che è legato alla quantità di emissioni di radiazioni rilasciate. Tuttavia, non esiste ad oggi un database storico.

Gli scienziati puntano il dito su dati pubblici “viziati e incompleti” forniti dal settore, e su un sistema di classificazione “altamente impreciso, mal definito e spesso incoerente”. Nella loro nuova analisi, il team di ricerca ha stimato un costo (in dollari) per ogni incidente, tenendo conto di fattori come la distruzione degli edifici, gli interventi di emergenza, il risanamento ambientale, l’evacuazione della popolazione,  e i crediti di assicurazione. E per ogni morte, hanno aggiunto un costo di 6 milioni di dollari, che è il dato utilizzato dal governo degli Stati Uniti per calcolare il valore di una vita umana.

Data: 20.09.2016
Fonte: www.rinnovabili.it

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