AMICI
Elena, Jelena ed io siamo arrivate
da circa una settimana a Novokemp, quando una mattina le porte delle due
stanzette di fianco alla nostra non sono spalancate come d‘abitudine: sono
arrivati i tedeschi.
Ci presentiamo nel pomeriggio. Jakob
e Lea hanno diciassette anni, mentre Annika ventiquattro, come Elena. È la meno
spaesata dei tre e sembra avere una gran confidenza con tutti, capiamo subito
che non è la prima volta che mette piede al campo, come lei stessa ci dice più
tardi. La nostra convivenza procede tranquilla, non senza divertenti equivoci
linguistici: parliamo in inglese e io ne approfitto per sfoggiare un po‘ del
mio tedesco impolverato, con risultati davvero komisch.
Tranne Annika, i ragazzi sanno solo
due o tre parole di russo, dato di fatto che ci lascia perplesse fin da subito,
e così ci improvvisiamo interpreti nelle serate passate a giocare a carte nel
nostro spazio comune, occupato dall’enorme
divano in pelle che ospita battibecchi sulle regole e su presunte irregolarità
nei turni. Nonostante le difficoltà, con i bimbi se la cavano magnificamente.
Sveta, che sa benissimo il tedesco, traduce per loro in ogni occasione ed è una
presenza costante e rassicurante.
Una giornata intera la passiamo a
Novozybkov, per visitare la sede di Radimici.
Andrej fa da conducente per noi sei
e le nostre Katja e Sveta, che chiacchierano amabilmente durante tutto il
tragitto; mentre Elena ed io occupiamo la distanza che ci separa dalla
destinazione guardando avidamente fuori dal finestrino, Jelena ascolta musica e
i ragazzi dormono accoccolati negli ultimi posti. Se c’è qualcosa che colpisce nel paesaggio di
questa parte della Russia, è come la strada, che, immersa in boschi fittissimi,
incontra di tanto in tanto un ruscello oppure un fiume, lasci improvvisamente
posto ad ampie distese di pianeggiante verde che si perde in lontananza e di
cui, proprio come se fosse un mare, ti riempi gli occhi senza capirne la fine.
Una volta arrivati, veniamo accolti
da Anton e dalla moglie, che ci accompagnano all’interno dell’edificio dalle pareti colorate che ospita l’associazione responsabile dell’organizzazione di Novokemp.
Nonostante avessimo ricevuto in
Italia un’infarinatura
riguardo ad attività e progetti e nonostante ci avessero dato ulteriori
informazioni al campo, è in questo momento che realizziamo davvero di cosa
Radimici si occupa, e la sua importanza.
Oltre ad essere un vero e proprio
punto di riferimento per la zona circostante, offre un aiuto concreto ai
residenti, con un’attenzione
particolare ai bambini. Non solo propone corsi e doposcuola istruttivi, ma
promuove anche campagne preventive, ad esempio indicando attraverso opuscoli e
volantini ciò che si può mangiare e cosa è meglio evitare, vivendo in un luogo
in cui le radiazioni sono ancora presenti nel terreno. Dal punto di vista
strettamente medico, l’associazione
svolge visite di routine e controlli (come il check-up della tiroide con un
apposito macchinario) e cura eventuali problemi fisico-motori con un metodo
basato soprattutto su una particolare ginnastica.
Un’infermiera che lavora presso l’associazione dalla fondazione ci spiega le
difficoltà, economiche e non solo, che si incontrano nel percorso volto ad
ottenere una formazione adeguata, ma che comunque non impediscono al personale
di essere competente e capace; conclude la sua testimonianza con la storia
fortunata ed esemplare di un bimbo che è riuscito a superare il suo disturbo
dopo anni di cure presso la sede, e che ora è nell’altra stanza con una collega e sta
praticando a sua volta quella specie di ginnastica che gli ha salvato la vita
ad un piccolo paziente. Nel passare al piano di sopra, incontriamo i suoi
genitori, in attesa fuori. Sono preoccupati, forse è solo la prima volta che
mettono piede a Radimici e non sanno cosa aspettarsi, ma estremamente
fiduciosi.
Quella stessa fiducia che illumina
il viso di Pavel, presidente dell’associazione,
mentre ci viene incontro e ci invita ad accomodarci per un tè tutti insieme.
Attraverso il suo racconto, prende forma e consistenza ciò che sarebbe più
comodo dimenticare, ciò che forse per la nostra generazione non è mai stato
nemmeno pienamente reale: la catastrofe nucleare di Cernobyl.
Pavel, allora maestro di scuola, ricorda
perfettamente come si siano sentiti soli, in quegli anni di “nero
capitalismo”
in cui ciò che importava era “fare esperienza” e Cernobyl
diventò ben presto meta di volenterosi da ogni parte del mondo, che troppo
spesso però perdevano interesse nel giro di pochissimo tempo. Dopo una lunga
serie di esploratori e avventurieri che mettevano piede a Novozybkov per poi
partirsene subito per il Polo Sud o per l’America
Latina, lui e i suoi collaboratori, che si erano prefissati di fare qualcosa di
konkretno (concetto molto amato dai
russi), rimasero sorpresi e stupiti quando arrivò la proposta di un progetto
serio da parte di un gruppo di giovani tedeschi. Che, tra gli altri, scopriamo
essere i genitori di Lea!
Con le lacrime agli occhi, Pavel
ricorda i momenti difficili, che da quel momento in poi sono condivisi, così
come le soddisfazioni. I “giovani tedeschi” hanno
mantenuto l’impegno preso e,
oltre alla presenza concreta, hanno fondato un’associazione in patria, Pro Ost, gemellata
con Radimici, e continuano periodicamente a fornire sostegno materiale e non
solo.
È impossibile non commuoversi, ed
io, che capisco praticamente tutto anche grazie alla simultanea di Sveta,
ribadisco alle ragazze le parti che più mi hanno colpita. Quando Pavel conclude,
incrocio gli sguardi dei miei compagni di avventura, e tutti lo ringraziamo
silenziosamente per averci regalato questa storia, la sua storia e di tanti
altri, che ora è anche un po’ nostra.
Prima di lasciare la sede, passiamo
una buon quarto d’ora a guardare
le foto appese alle pareti, giocando a riconoscere i visi familiari. Ecco Katia
circondata da uno dei gruppi dei suoi bambini, ecco Sveta giovanissima a
Novokemp, ecco Galja, che abbiamo conosciuto al campo e che da anni collabora
con l’associazione.
Dopo aver scattato una foto ricordo
tutti insieme nel giardino, ci avviamo per una breve visita della città,
arricchiti da una consapevolezza più o meno nuova, che ci sono legami che
esistono al di là di qualsiasi barriera.
Giulia Moioli
Nessun commento:
Posta un commento