Il nostro viaggio non è stato, almeno inizialmente, semplicissimo (tralasciando
le difficoltà legate all’acquisto dei biglietti per i treni russi… se non
avessimo avuto, casualmente, un’amica russa a Mosca, disposta a comprarli di
persona, non so come avremmo fatto!). Dopo due aerei e dodici ore passate a
Kiev, l’attesa della comparsa del nostro binario sui tabelloni della stazione
della capitale ucraina pareva interminabile. A rendere il tutto più
spiacevole, il rendersi conto che
eravamo straniere è stato per alcuni mendicanti più o meno ubriachi un motivo
per venire da noi e chiederci soldi, cosa che non ci avrebbe turbato più di
tanto, se non lo avessero fatto con una certa insistenza e mettendoci un po’ di
timore (abbastanza sicure che comunque non ci sarebbe successo molto, data la
presenza di molte persone intorno a noi)
Dal momento della comparsa del numero del binario sul tabellone, il nostro
percorso è andato tutto in discesa. Dopo una notte sul treno diretto a
Brijansk, abbiamo preso il “trenino” per Unecha. Questo ultimo tratto è stato
molto divertente. Stremata dal sonno, notavo comunque la curiosità dei
viaggiatori, nel sentirci parlare la nostra lingua. Dopo qualche ora abbiamo raggiunto
la nostra destinazione. Olga , colei che sarebbe diventata la nostra “giovane
mamma russa” e Aleksandr, il direttore del centro estivo, sono venuti a
prenderci in stazione, accogliendoci con abbracci e sorrisi, ai quali abbiamo
potuto rispondere solo qualche parola stentata in russo, tenendo oramai un occhio
aperto e uno chiuso. In particolare, la
presenza di Olga Budaeva è stata veramente importante per noi. Ci ha seguito e
aiutato durante la nostra permanenza e più di ogni altra persona ci ha fatte
sentire a casa. Arrivati al centro, dopo una bella dormita che ci ha fatto
recuperare le forze, abbiamo fatto il tour del campo e ci siamo presentate ai
nostri nuovi amici.
Da quel momento le giornate si sono articolate più o meno sempre secondo la
stessa tabella di marcia. Ogni mattina Alina, Claudia, Silvia ed io tenevamo
lezioni di Italiano. Tutte noi eravamo entusiaste all’idea di insegnare la
nostra lingua a bambini e ragazzini, così abbiamo deciso di tenere il “corso”
insieme, suddividendoci ogni tanto fra lezione vera e propria e giochi per
memorizzare qualche parola. I bambini hanno appreso ad una velocità notevole.
Nell’insieme non è stato sempre facile da organizzare, poiché, come era
prevedibile, non c’è stata molta continuità nel seguire il corso da parte dei
bambini (sono pur sempre bambini…in vacanza…in piena estate!!!), quindi spesso
dovevamo ripetere parole che qualcuno già sapeva, e altri, che magari si
presentavano in classe per la prima volta, ancora non conoscevano, ma che erano
ansiosi di apprendere. Abbiamo insegnato loro qualche numero, i nomi dei colori
e qualche frase base per parlare di se stessi, oltre alla canzone “Felicità”
che abbiamo cantato insieme durante il concerto per i genitori. In una
situazione in cui nemmeno gli adulti parlano inglese, credo che per questi bambini
sia stato molto importante entrare in contatto con la lingua italiana perché si
rendessero conto della forza del mezzo linguistico come strumento per
socializzare e aprire la propria mente al mondo al di fuori della loro realtà. Nel
mio piccolo, l’aver visto un bambino che, al di fuori della lezione, si
sforzava di tenere a mente il punteggio di una partita di ping pong in
italiano, è stata per me già una grande emozione.
Fra i collaboratori del centro, vi erano alcuni ragazzi che tenevano altri
laboratori (fotografia, braccialetti, cartapesta). Dopo i laboratori, le
giornate proseguivano con il pranzo, unico vero tasto dolente della nostra
esperienza. E il fatto di non gradire il cibo non era dovuto all’essere
italiane, abituate a mangiare bene: non c’era persona che non si lamentasse
della mensa del centro (elogiando invece i cuochi degli anni passati). Di
sicuro, comunque, non abbiamo “sofferto la fame”. Siamo infatti entrate a
contatto con la piacevole abitudine russa di grigliare fuori pasto e spizzicare
a qualsiasi ora.
Nel pomeriggio i bambini erano impegnati in giochi suddivisi in stazioni. Ogni
giorno noi, separatamente, affiancavamo,
i ragazzi russi in una di queste stazioni. Dopo la cena generalmente veniva
organizzata la discoteca o qualche spettacolino a cui tutti (noi comprese)
prendevano parte attivamente cimentandosi in canzoni o piccole scenette
recitate. La tabella di marcia veniva leggermente stravolta in alcuni giorni
particolari, ad esempio il giorno dei pirati o degli indiani. Durante queste
giornate speciali, tutta la mattina veniva dedicata alla preparazione di
costumi, addobbi e balletti a tema, mentre il pomeriggio e la sera
trascorrevano tra giochi e spettacolini. Dopo le attività serali, tutti noi
collaboratori ci trovavamo per una breve riunione nella quale venivano espresse
le opinioni sulla giornata trascorsa e assegnati i ruoli per il giorno
seguente. Le nostre impressioni sulla giornata erano sempre ascoltate con
attenzione e prese in considerazione.
I bambini mi hanno colpito particolarmente non solo per la loro educazione
e curiosità, ma anche per la loro disponibilità ad aiutarsi l’un l’altro e,
soprattutto, per la loro voglia di farsi capire dai bambini non udenti che
soggiornavano nel campo e venivano sempre coinvolti nella attività. I rapporti
con i collaboratori sono stati buoni, ottimi con alcune persone con cui abbiamo
legato particolarmente. In generale sono stati tutti molto disponibili con noi
e molto riconoscenti per la nostra partecipazione (tanto da farmi sentire
qualche volta a disagio, dato che le ospiti molto “coccolate” eravamo proprio noi).
Per quanto riguarda l’alloggio, abbiamo avuto una sistemazione più che
dignitosa. Da parte mia, non ci sono rilevanti aspetti negativi da segnalare.
L’esperienza di Novokemp mi ha insegnato molto sia a livello umano sia di
competenze personali. Non solo, infatti, ho avuto modo di praticare la lingua
come mai prima, ma ho anche imparato molto collaborando con persone molto motivate
e dalla gran voglia di mettere le loro energie a disposizione dei bambini,
ottenendo ottimi risultati grazie alla loro fantasia, pur lavorando spesso con
mezzi limitati. Nel complesso, non solo questa opportunità mi ha fatto rendere
conto di quanta soddisfazione possa dare lavorare coi bambini, ma mi ha anche
lasciato diversi nuovi amici coi quali sto mantenendo i contatti grazie ad
internet. Se ci fosse la possibilità, tornerei subito a Novokemp.
Giorgia Cima
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