Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

22/07/10

JURIJ ŠEVČUK: «NON C’È DEMOCRAZIA NÉ IN BIELORUSSIA, NÉ IN RUSSIA»


Dopo il concerto a Mogilëv, il leader del popolare gruppo rock DDT ha condiviso le sue impressioni sulla Bielorussia.

– Ha nostalgia dell’Unione Sovietica?

– No. E allora ara difficile, e adesso. È sempre difficile rimanere se stessi, mantenere dei principi.

– Che cosa bisogna fare per questo?

– Non bisogna proprio fare niente. Non bisogna dibattersi. Semplicemente fai le tue cose, e forse riuscirai a rimanere te stesso. […] Ci sono cose la cui soglia non si deve oltrepassare… Senza essere allo stesso tempo dei muli testardi. Noi, per esempio, non cantiamo alle feste corporative, non cantiamo davanti ai politici, ai congressi. Sono tante le cose che non facciamo. Ed è più semplice vivere. Questo l’ho detto tante volte, il fatto è che per me la musica rock è libertà, è libertà interiore. E per mantenerla, bisogna dibattersi, affannarsi di meno. Abbi timore dell’ira dello zar ma anche della sua benevolenza… L’artista deve essere libero. Se un artista non è libero, vuol dire che mente, si adegua alla politica o a un magnate. Diventa un cameriere dell’arte, non un artista. Negli anni Ottanta noi fummo trascinati nella musica rock dalla sete di libertà, dalla sete di dire quello che pensavamo, dalla libertà di vivere.

– Come si atteggiano i politici ai vostri testi?

– Noi siamo lieti di tutti ai nostri concerti. Ma sono loro che devono venire da noi, e non noi da loro. Alle elezioni, sulla Piazza rossa io non andrò mai a suonare, né a Mosca né a Minsk.

– Quale ordinamento politico preferirebbe?

– La democrazia, la società civile. Ma non c’è né in Russia, né in Bielorussia. Giustizia indipendente, potere esecutivo indipendente, potere legislativo indipendente – ecco tutto, le tre balene.

– Come vede l’“unione” tra Russia e Bielorussia?

– Io sono contrario. Voi dovete vivere per conto vostro. Gli oligarchi moscoviti vi divoreranno in una settimana. E perderete non soltanto la libertà, che non avete, ma proprio tutto. Noi dobbiamo semplicemente restare amici, come paesi fratelli.

– Oltre ai DDT, c’è il desiderio di occuparsi di qualcosa di principalmente nuovo?

– No, ci sono due strade. Una è quella di cambiare continuamente i vagoni, ma io non sono un ferroviere. I miei ragazzi mi piacciono molto. Siamo un collettivo molto unito. Senza arbitrarietà, autoritarismi. Siamo in ottima forma e abbiamo sulle spalle diversi obiettivi musicali e ci lavoreremo. Non siamo ancora svaporati, no.

– Voi siete un gruppo popolare da ormai 25 anni. Può dirci la formula del successo?

– Essere geniali. Non serve nient’altro. E non mi riferisco a me. Ad esempio, da me vengono molti giovani gruppi e dicono: «Jura, ci servono soldi». E io dico loro: «Tirate fuori follemente il vostro talento nel 21° secolo». C’è bisogna di nuova musica, nuove parole e nuove combinazioni di parole. Bisogna sviluppare la lingua, inventare nuove parole che esprimano nitidamente le nuove relazioni, come a suo tempo fecero Dostoevskij, Karamzin, Blok, Majakovskij. Dare alle lingue bielorussa e russa espressioni fresche e armonia. Ecco quello che mi aspetto dai giovani.

– Come si pone rispetto al fatto che molti musicisti moderni promuovono la loro musica attraverso Internet?

– Benissimo. Noi avevamo la cultura del magnetofono. Io davo una bobina e dopo una settimana la si trovava in Estremo Oriente. Per ora Internet non l’hanno soffocato, grazie a Dio. Io bazzico di continuo nei siti di poesia, leggo, ascolto… Be’, e chi guarda oggi la televisione?

– Lei aiuta i giovani?

– È importante capire che la mia opinione non è obiettiva. È soltanto il mio punto di vista e basta. Io posso ascoltare, dare un consiglio.

– Oggi lei ha parlato molto di ambiente…

– Nel nuovo album su cui stiamo lavorando ci sono molte riflessioni sulle questioni più attuali. La canzone è cosa di rabbiosa attualità. E noi non sfuggiamo a questo. Io non tendo a scrivere canzoni eterne, del secolo. Io voglio scrivere di quello che mi scuote.

– Cosa legge?

– Ultimamente mi diletto di filosofia greca ortodossa. Leggo Jung, la sua filosofia del dolore, dell’odio. Io sono contro la globalizzazione, perché è un’ulteriore forma di violenza sull’uomo. I mass media, le corporation fanno dell’uomo uno schiavo. Essi opprimono l’uomo, ma questo non si fa opprimere, comincia a reagire. E la via più breve è lo sviluppo del fascismo, del comunismo nazionalista. Ce n’è molto in giro. L’umanità può caderci anche domani. Viviamo in un’epoca dura. Per questo io dico sempre – amore, amore, amore. Non è meno attuale che negli anni Sessanta, quando ne cantavano i Beatles. Allora c’era la Guerra del Vietnam, la Guerra fredda… oggi c’è la minaccia del terrorismo. Nel Caucaso può scoppiare una nuova guerra. Ho molta paura della guerra, non c’è niente di più devastante e terribile. Grazie a Dio che in Bielorussia non conoscete le guerre moderne. Ve ne basterebbe una sola.


Link alle canzoni dei DDT su Il viburno rosso

Data: 10.07.2010
Fonte: charter97.org
Traduzione: S.F.

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