Il blog "Le Russie di Cernobyl", seguendo una tradizione di cooperazione partecipata dal basso, vuole essere uno spazio in cui: sviluppare progetti di cooperazione e scambio culturale; raccogliere materiali, documenti, articoli, informazioni, news, fotografie, filmati; monitorare l'allarmante situazione di rilancio del nucleare sia in Italia che nei paesi di Cernobyl.

Il blog, e il relativo coordinamento progettuale, è aperto ai circoli Legambiente e a tutti gli altri soggetti che ne condividono il percorso e le finalità.

"Le Russie di Cernobyl" per sostenere, oltre i confini statali, le terre e le popolazioni vittime della stessa sventura nucleare: la Bielorussia (Russia bianca), paese in proporzione più colpito; la Russia, con varie regioni rimaste contaminate da Cernobyl, Brjansk in testa, e altre zone con inquinamento radioattivo sparse sul suo immenso territorio; l'Ucraina, culla storica della Rus' di Kiev (da cui si sono sviluppate tutte le successive formazioni statali slavo-orientali) e della catastrofe stessa.

27/04/10

L’UOMO DI SETTECENTO ANNI

Il 26 aprile 1986 ebbe luogo la più devastante catastrofe nucleare della storia – l’esplosione del quarto reattore della centrale di Cernobyl. Nell’atmosfera fuoriuscirono circa 190 tonnellate di sostanze radioattive. Alla vigilia del 24° anniversario, il nostro corrispondente ha conversato con un uomo che prese parte alla liquidazione delle conseguenze di quella terribile catastrofe, lo scrittore Aleksandr Achanov.

– Aleksandr Ivanovič, come capitaste nella zona dell’incidente?

– Ricevetti una lettera di convocazione, mi presentai al comando militare e dopo sei giorni mi ritrovai non lontano da Cernobyl. Nella zona dell’incidente mandavano i pompieri e gli specialisti della difesa chimica. E insieme ad altri conterranei della regione di Tjumen’ anch’io fui assegnato al 29° reggimento di difesa chimica.

– Che cosa sapevate della catastrofe a Cernobyl?

– L’informazione non arrivava nella sua completezza, sapevamo però che alla centrale di Cernobyl era avvenuto lo scoppio di un reattore. Tuttavia nessuno ci comunicò che ci mandavano a liquidare le conseguenze dell’incidente.

– Ci racconti delle sue prime impressioni dopo essere giunto nella zona dell’incidente.

– Il reggimento si sistemò tra i villaggi di Ordžonikidze e Čeremošnja, a 30 km da Pripjat’. Ci spaventava l’indeterminatezza, in quanto non ci avevano spiegato praticamente niente. Molti soffrivano di ipertensione nervosa. Ci promettevano che avremmo lavorato alcune settimane e poi saremmo tornati a casa. In definitiva, passammo nella zona dell’incidente più di tre mesi.

– Com’era la situazione riguardo al mangiare e all’attrezzatura?

– L’attrezzatura funzionava male. Secondo le regole, durante la liquidazione di incidenti radioattivi è necessario cambiare gli indumenti il più spesso possibile, poiché su di essi si deposita la polvere radioattiva. Nel nostro reggimento non c’era questa possibilità, la prima volta potemmo cambiarci soltanto al trentesimo giorno di permanenza nella zona dell’incidente. Ci davano le tute di difesa chimica, però proteggevano poco dalle radiazioni.

– In cosa consistevano i compiti principali del vostro reggimento?

– Lavavamo gli edifici con una soluzione speciale. Bisognava togliere dai muri delle case la polvere radioattiva. Più di una volta ci toccò di lavorare direttamente nel territorio della centrale stessa.

– Che cosa le è rimasto impresso in particolare?

– Mi è rimasto nella memoria praticamente ogni giorno trascorso nella zona dell’incidente. I primi giorni, da qualche parte dentro di te c’era una costante e fortissima agitazione. La centrale mezza distrutta faceva un’impressione devastante. Per qualche motivo nel territorio dell’accampamento faceva di continuo male la testa, mentre nelle vicinanze del reattore la coscienza si faceva più lucida. E poi mi sono rimasti in mente coloro che presero parte insieme a me alla liquidazione dell’incidente. Ciascuno ricevette una forte dose d’irradiazione. Secondo la legge sulla sicurezza radioattiva, la norma massima ammessa che si può “accumulare” nel corso della vita (in media 70 anni) è di 5 roentgen. Se ci si dovesse basare su questa normativa, io ora dovrei avere circa 700 anni, poiché ricevetti moltissime radiazioni in più.

– I metodi per la liquidazione degli incidenti radioattivi sono cambiati negli ultimi tempi?

– Grazie all’esperienza accumulata negli ultimi decenni i metodi sono diventati più razionali. Anche se in realtà una certa esperienza la si aveva anche prima di Cernobyl, solo che non furono in grado di utilizzarla come si deve.

– Lei è autore di alcuni libri sull’incidente alla centrale nucleare di Cernobyl.

– Di scrivere un libro lo decisi quando mi trovavo ancora a Cernobyl. Cominciai a tenere un diario in cui annotavo le impressioni e i pensieri. Purtroppo nel reggimento, tranne me, nessun’altro ne teneva uno. In tutto ho messo insieme cinque libri sull’incidente a Cernobyl, di cui due sono stati pubblicati.

– Lei non di rado partecipa a degli incontri con gli studenti e gli scolari. Che cosa racconta ai rappresentanti della nuova generazione?

– Mi invitano a condividere i ricordi di Cernobyl. Molti rappresentanti della gioventù non sanno niente della catastrofe avvenuta a Cernobyl. Racconto ai ragazzi di come ci si può difendere dall’effetto delle radiazioni, mostro delle fotografie, li faccio partecipi della mia comprensione di quegli avvenimenti.

– Sull’incidente alla centrale nucleare sono stati girati molti documentari. Che cosa pensa di essi?

– A mio avviso, in questi documentari non si racconta abbastanza delle persone, dell’influenza delle radiazioni. In generale fanno vedere una città deserta, il reattore, raccontano alcune storie terribili. È necessario informare non solo dell’esplosione del reattore e di come hanno costruito il sarcofago. Bisogna raccogliere le opinioni e i ricordi delle persone che parteciparono alla liquidazione delle conseguenze della catastrofe.

– A suo avviso, gli sforzi intrapresi allora per la liquidazione dell’incidente non furono invano?

– Sono convinto che non furono invano. Senza i nostri sforzi il mar Nero sarebbe potuto rimanere contaminato dalle radiazioni, e non si sa come questo avrebbe potuto riflettersi sulla fauna. E tuttavia va rilevato che, nonostante tutta la complessità della situazione, si sarebbe potuto organizzare le iniziative per la liquidazione dell’incidente in modo più razionale.

Data: 24.04.2010
Fonte: www.tumentoday.ru
Autore dell’articolo: Denis Fateev
Traduzione: S.F.

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