L’incidente di Fukushima non ha spento alle ex
repubbliche sovietiche il desiderio di sviluppare l’energia nucleare.
A differenza della Germania, la quale ha deciso di
uscire definitivamente dal club atomico, la Bielorussia ha
iniziato la costruzione della sua prima centrale nucleare e Lukashenko, durante
l’incontro con il capo dell’AIEA, ha dichiarato l’intenzione di Minsk di
costruirne una seconda. Com’era logico aspettarsi, Minsk si è rivolta per il
supporto tecnologico e il finanziamento del progetto al suo grande vicino
russo.
Non è da meno neanche la vicina Ucraina. Il 26 aprile
con due anni di ritardo inizieranno i lavori di montaggio del secondo sarcofago
intorno al reattore scoppiato alla centrale nucleare di Cernobyl, e Kiev già annuncia
l’intenzione di costruire nuovi reattori, nonostante che il 66% degli ucraini,
secondo un sondaggio dell’istituto Goršenin, ritengano che il loro paese debba
rinunciare alla costruzione di nuove centrali.
In Kazachstan, dove ai tempi sovietici sperimentarono
sulla propria pelle le micidiali conseguenze dei test atomici, è nuovamente
comparso l’interesse per l’energia atomica: producendo 20 mila tonnellate di
uranio all’anno, è difficile non cadere in tentazione. Il Kazachstan, detenendo
il 35% del mercato mondiale, già gioca un ruolo da protagonista imprescindibile
nell’industria nucleare. E pur essendo un grosso produttore di petrolio, Astana
sogna di costruire una centrale nucleare per compensare il deficit nazionale di
produzione di energia elettrica, nonché per aumentare l’export di petrolio,
oggi utilizzato come carburante per le centrali elettriche.
A sua volta Mosca lavora senza tregua per
modernizzare le sue tecnologie, convincere i potenziali clienti della loro
sicurezza e vendere le sue centrali nucleari all’estero. A oggi l’unica
conseguenza diretta della catastrofe di Fukushima è stata la fine dell’alleanza
strategica tra “Rosatom” e Siemens su ordine di Berlino, che ha cessato
completamente la sua attività nell’industria nucleare. “Rosatom” cerca di
approfittare di tale svolta degli avvenimenti andando a “caccia” dei territori
abbandonati dalle compagnie tedesche. Due settimane fa la stampa russa e quella
tedesca scrivevano dei piani di “Rosatom” di acquistare una quota nel progetto
britannico Horizon, in precedenza appartenente alle compagnie tedesche RWE e
E.ON. Si tratta di due nuove centrali nucleari per un costo complessivo di 24
miliardi di dollari e una potenza di 6.000 megawatt. La comparsa sul territorio
britannico diventerebbe un vero successo per “Rosatom”, che al momento esporta
le sue centrali nei paesi politicamente più vicini alla Russia come la Cina , l’India, il Vietnam, la Turchia , il Bangladesh e,
ovviamente, gli ex satelliti dell’URSS.
Data: 12.04.2012
Fonte: www.charter97.org
Traduzione: S.F.
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