Circa un quarto dei 460 reattori nucleari funzionanti nel mondo si
trovano in zone costiere. Molti sono stati costruiti ad appena 10-20 metri sul livello del mare, quando il cambiamento climatico non era considerato un rischio grave come oggi

Gli attuali standard di sicurezza dell’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) sono stati
pubblicati nel 2011, e affermano che gli operatori dovrebbero “prendere
in considerazione” un innalzamento del livello del mare tra i 18 e i 59
centimetri entro il 2100. Sono le stime del 2007 a cura dell’IPCC, che
però da allora ha aggiornato le sue valutazioni nel 2013-14 con un
rapporto che ora prevede l’aumento delle acque tra 26 cm e un metro. La
forbice varia in base a quanto la temperatura globale media continuerà a
salire e alla velocità di fusione delle calotte polari.
Combinando lo scenario peggiore con momenti di alta marea e tempeste più frequenti tipiche del cambiamento climatico, aumenta il rischio che una centrale nucleare costiera venga colpita prima e più duramente di quanto attualmente si preveda. E avendo nella memoria quello che è accaduto a Fukushima nel 2011, sarebbe opportuno aggiornare i piani di adattamento e smantellare gli impianti più a rischio.
Data: 12.08.2018
Fonte: www.lanuovaecologia.it
Nessun commento:
Posta un commento